“Un dono di nome Maria”: la bellissima dichiarazione d’amore di una zia

Sindrome di DownA Firenze sta prendendo il via la prima edizione dei Trisome Games, le Olimpiadi per gli atleti con la Sindrome di Down che si svolgeranno fino a venerdì 22 luglio e vedranno concorrere sportivi di 36 nazioni.

Questi competeranno in 9 discipline per guadagnarsi un’agognata medaglia. L’evento, che coinvolge un migliaio di persone, verrà poi ripetuto ogni 4 anni.

Trisome Games: le commoventi parole di Agnese Renzi

«Un momento importante per il nostro Paese e per la sua cultura sportiva” dichiara Luca Pancalli, Presidente del Cip (Comitato italiano Paralimpico) “Per la prima volta nella storia si svolge un evento multidisciplinare dedicato esclusivamente ad atleti con sindrome di Down e si terrà in Italia. Questo è un motivo di vanto, ed è per questo che mi sento di ringraziare chi ha permesso di ospitare questo straordinario evento e chi materialmente sta lavorando per garantire il migliore successo organizzativo”.

La nazionale italiana, con 86 atleti, è quella più rappresentata, tra di loro c’è anche Nicole Orlando, atleta che ha fatto incetta di medaglie ai campionati di atletica per gli atleti con la Sindrome di Down “a Firenze voglio fare molto bene e dimostrare che non mollo mai perché noi atleti con sindrome di Down abbiamo veramente una marcia in più”.

A sostenere questa manifestazione troviamo anche Matilde Renzi, madrina della manifestazione che ha adottato una bambina con la Sindrome di Down: la piccola Maria.

Proprio di questa bambina parla Agnese Renzi, moglie del nostro Premier Matteo Renzi, in un’intervista a Vanity Fair.

E così, con un solo gesto, Matilde e Andrea hanno consegnato alle loro figlie l’insegnamento di tutta una vita: l’unica cosa che conta è amare. Da quando c’è Maria, ho imparato tante cose. Innanzitutto che le parole non sono tutte uguali, e contano. Da quando c’è Maria non dico più «una Down», ma «una persona con la sindrome di Down» o, ancora meglio, «una persona che ha anche la sindrome di Down». Perché Maria è prima di tutto una persona, non una malata. Bello, no?

Poi ho imparato a sorridere alle persone che incontro per strada, o a scuola, o al cinema, specialmente se hanno una disabilità. Prima, quando notavo un bimbo speciale, avevo una sorta di timore: sentivo il desiderio di avvicinarmi, ma temevo che il mio gesto fosse frainteso. Una mamma che sente su suo figlio disabile gli sguardi indagatori e compassionevoli dei passanti soffre.

Perché la disabilità mentale, purtroppo, fa ancora troppa paura. Un amico, papà di Matteo, un bimbo di 13 anni simpaticissimo, con autismo, mi ha raccontato recentemente un episodio, solo l’ultimo di una lunga e spiacevole serie. Entrano in ascensore, lui e Matteo. Ci sono una mamma e il suo bimbo, «sano». Lei vede Matteo e istintivamente tira a sé il figlio. E lui, da buon livornese: «Signora, l’autismo non è mica il raffreddore, non si attacca!». Ma, dietro la battuta, il dolore resta. Maria, con la sua carica di gioia di vivere, ha rotto ogni argine tenuto su dalle stanche consuetudini degli uomini, e mi ha restituito l’ingenuità del cuore”.

Unimamme e voi siete rimaste toccate da queste splendide parole?

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