Bonus bebè: come funziona e i motivi del fallimento

Mamma bacia il bimbo

Il sogno di tutte le donne è riuscire ad avere un bambino. Quando, però, il piccolo viene alla luce, spesso si è costrette a fare i conti con numerose difficoltà economiche e, nonostante un’entrata finanziaria in più faccia sempre comodo, il numero delle mamme che decide di abbandonare il lavoro aumenta.

In Italia, solo il 46% delle donne torna a lavorare dopo il periodo di maternità, contro il 58% della media europea. I costi troppo alti di baby sitter e asili nido, infatti, spingono sempre più spesso le donne a restare a casa con i propri bambini. E così, per aiutare la famiglia nella gestione economica del bambino, da gennaio 2013 è entrato in vigore il bonus baby sitter e asilo nido voluto dall’allora ministro del Welfare Elsa Fornero.

Il bonus prevede un contributo di 300 euro mensili per un massimo di sei mesi che potrà essere utilizzato dalle mamme nel corso del primo anno di vita del bambino. Il bonus bebè, però, potrà essere usato solo per pagare la retta dell’asilo nido o, in alternativa, la baby sitter. Sono escluse, infatti, tutte le spese accessorie che le famiglie devono affrontare durante tutta la crescita del bambino.

Nonostante l’ottimismo con il quale il governo ha varato il bonus bebè, la realtà dei fatti ha evidenziato un fallimento dello stesso e non solo perché ci sono tempi strettissimi per poterlo richiedere, ma soprattutto a causa della somma davvero irrisoria che lo Stato ha stanziato per aiutare l’economia domestica. Senza dimenticare che per poter usufruire del bonus bebè bisogna rinunciare al congedo parentale di cui, la mamma potrebbe aver bisogno per stare vicino al bambino in caso di malattia.

Ma vediamo nel dettaglio i motivi che hanno causato la scarsa riuscita del bonus bebè:

  • i tempi ristretti per presentare la domanda,
  • la poca pubblicizzazione,
  • l’importo: solo 300 euro mensili a fronte dei circa 1600 euro richiesti per pagare un mese di stipendio alla baby sitter, se la mamma lavora a tempo pieno,
  • la rinuncia al congedo parentale senza avere la possibilità di poterlo richiedere in caso di malattia del bambino,
  • l’impossibilità di utilizzare il bonus per altre necessità del piccolo.

Insomma, il bonus bebè, creato per cercare di agevolare il rientro delle mamme a lavoro, si sta dimostrando un vero flop. Sulla carta, lo strumento studiato dal governo per incentivare l’occupazione femminile ha i suoi pro, ma nella pratica si è scontrato con le esigenze reali delle mamme-lavoratrici. Senza dimenticare che la Fornero è la stessa che ci ha tolto anche le nonne, costrette a lavorare ancora più a lungo!

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