Il papà di Carolina Picchio: “mia figlia è morta per 2600 like”

cyberbullismoIn seguito al suicidio di Tiziana Cantone a causa della pubblicazione di video hard si torna a parlare di cyberbullismo e di come cercare di frenare una valanga che travolge giovani e adulti.

La morte di Carolina Picchio e la commovente lettera del papà

Nel gennaio del 2013 la giovanissima Carolina Picchio, di soli 14 anni, si è tolta la vita lanciandosi da un balcone dopo che alcuni ragazzi, poco più grandi di lei, hanno diffuso in rete in cui la molestavano sessualmente mentre era incosciente.

Da allora Paolo Picchio, il padre di questa ragazzina, non ha pace e ha deciso di dedicare la sua vita a combattere il cyberbullismo.

Su Corriere.it si può leggere una commovente lettera che il padre di Carolina ha voluto scrivere per sensibilizzare su questa tematica.

Sono il papà di Carolina, quella ragazzina meravigliosa che manca a me e al mondo da una notte di gennaio del 2013.

Mia figlia aveva 14 anni, si è uccisa perché dei giovanotti poco più grandi di lei, dopo averla molestata sessualmente e aver filmato ogni scena, hanno messo tutto su Internet.

Me la ricordo bene la notte in cui tornò da quella festa, andai a prenderla io stesso e la mattina dopo mi disse: papà non ricordo niente di quello che ho fatto ieri sera.

Non sapeva nulla, povera stella. L’ha saputo giorni dopo, quando ha trovato il coraggio di buttarsi dal balcone dopo aver letto i 2.600 like, insulti e volgarità vomitati dal mondo anonimo della rete.

Ma parliamo dei responsabili. Le hanno fatto perdere coscienza e si sono divertiti un po’. Chissà, a loro sarà sembrato normale… Ancora oggi, dopo le loro ammissioni, mi chiedo: hanno capito davvero il disvalore di quello che hanno fatto? La consapevolezza dichiarata non sempre corrisponde a quella vissuta ed è per questo che insisto ormai da mesi: devono dimostrare fino in fondo che sono pentiti, come hanno detto in tribunale.

Hanno ottenuto la messa alla prova invece del procedimento penale? Bene. Se hanno elaborato le loro colpe sarà un bene condividerle con gli adolescenti nelle scuole. Questo sarà il loro percorso alternativo al carcere, quando li sentirò parlare sinceramente del male che hanno fatto saprò che hanno capito davvero. Se hai perduto tua figlia in modo così tragico hai bisogno di un motivo per alzarti ogni mattina.

Io ho passato tre mesi senza avere nemmeno la voglia di aprire gli occhi. Poi mi sono detto che Carolina non poteva essere una riga in cronaca che si legge e si dimentica. Così oggi vivo per le Caroline che non conosco e che purtroppo, lo so, sono da qualche parte nella rete anche adesso mentre scrivo. 

Vivo per creare anticorpi, per una società migliore. Per esempio attraverso la proposta di legge per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo che ha firmato per prima l’ex insegnante di musica di Carolina, la senatrice Elena Ferrara. Il nostro disegno di legge riguarda soltanto i minori e abbiamo avuto la disponibilità di Twitter, Facebook, Google, dei garanti e di tanti altri per agevolare la rimozione dei contenuti che danneggiano, appunto, i minorenni. Ma qualcuno vuole modificare il nostro testo originario ed estendere la legge ai maggiorenni, e temo che la disponibilità dei social e degli altri in questo caso andrà a ramengo.

Abbiamo previsto anche un protocollo per trattare casi di cyberbullismo e un centro di prevenzione, ideato dal professor Luca Bernardo, che coinvolga le scuole: è già tutto pronto ma non decolla nulla perché mancano fondi. E allora io chiedo a chi può aiutarmi una cosa molto semplice: ascoltate il cuore e valutate l’impegno di un padre che agisce nel nome di una figlia che non c’è più.

Lo faccio per la mia Carolina, perché quello che è successo almeno serva a qualcosa in futuro. Non c’è giorno che io non pensi a lei e di notte la sogno quasi sempre. La rivedo anche adesso, qui, accanto a me. Ogni tanto sfoglio le sue fotografie, guardo un video che le feci durante un allenamento sportivo, la vedo sorridere. La immagino davanti all’altro video, quello mortale, e penso a lei che scrive la lettera d’addio. Se n’è andata ma c’è più di sempre. È lei che mi fa alzare ogni mattina”.

Il progetto di legge sul cyberbullismo previsto per tutelare i giovani è stato esteso anche agli adulti, con grande delusione del padre di Carolina.  “Nuovi reati e punizioni più severe non servono. Il caso di mia figlia lo dimostra. I colpevoli sono stati puniti, eppure i giovani sono sempre più impreparati di fronte al cyberbullismo“.
Secondo lui dal momento in cui ricevono il cellulare, età che si abbassa sempre di più, i bambini e i ragazzi diventano delle mine vaganti.

La noncuranza dei genitori è impressionante. Qualcuno deve indirizzare questi bambini perché non facciano del male agli altri e a loro stessi” dichiara l’uomo su Repubblica.

 Unimamme voi avete già dato in mano uno smartphone ai vostri piccoli? A quale età? Li avete resi consapevoli dei pericoli?

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