Neonato morto per latte in vena: la sentenza

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Neonato morto per latte in vena: la sentenza Universomamma.it

Assolta l’infermiera coinvolta nel caso relativo alla morte del piccolo Markus De Vega, il bimbo morto presso l’ospedale San Giovanni nel 2012.

Nel 2012 Markus De Vega, un bimbo nato prematuro presso l’ospedale San Giovanni, a Roma, è morto perché qualcuno, per sbaglio, gli ha iniettato in vena, del latte al posto della soluzione fisiologica.

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Dopo 7 lunghi anni è finalmente giunto al termine il processo nei confronti dell’infermiera Roberta Stanig, accusata di aver commesso il terribile errore che ha portato alla morte il piccolino. L’errore sanitario sarebbe stato commesso nel turno successivo a quello in cui era presente l’infermiera incriminata. Lo scambio tra il sondino dell’alimentazione e quello del sangue sarebbe avvenuto non prima delle 17, mentre la Stanig era già fuori servizo da tre ore, dal momento che il suo turno era finito alle 14. Dopo 40 minuti dalla somministrazione il latte ha iniziato a creare complicazioni all’organismo del piccino facendogli diventare la pelle blu. I segnali hanno cominciato ad apparire alle 18.45, mentre  la sospensione dell’alimentazione è arrivata alle 19.45. Il giudice ha quindi assolto la donna perché il fatto non sussiste.

L’infermiera si era sempre detta innocente e, anzi, aveva segnalato una serie di incongruenze nei diari clinici, con l’inserimento di fogli a posteriori. Il suo avvocato, Nicola Chinappi, ha commentato così questo risultato: “quanto emerso dalla perizia disposta in dibattimento corrisponde esattamente a quanto evidenziato dalla Stanig sin dal primo interrogatorio avvenuto a distanza di un mese dal fatto, prima fra tutte, e non solo, la circostanza delle correzioni di orario  sul diario infermieristico. Qualora si fosse proceduto sin dall’inizio  delle indagini ad una più attenta verifica dell’attendibilità  di certe dichiarazioni, forse  si sarebbero evitati sette anni di processo  nei confronti della persona sbagliata“.

Nel corso di questo lungo processo è stato condannato il direttore sanitario Gerardo Corea, per lui la pena è di 10 mesi di reclusione per omissione di referto. Precedentemente erano stati condannati in appello altri 2 infermieri che non avrebbero informato la mamma dello scambio di sondini “impendendo alla stessa di richiedere l’accertamento autoptico”. Poi ci sarebbe un’altra grave mancanza l’omissione di riferire quanto avvenuto all’autorità giudiziaria prima dell’apertura del procedimento colposo. Gli infermieri avrebbero cercato di ingannare l’autorità giudiziaria avviando il cadavere del bimbo prematuro al “normale circuito di seppellimento come se si fosse trattato di morte naturale”.

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Pare evidente che all’interno dei ranghi sanitari ci sia stato un tentativo di insabbiare tutta la vicenda. Ad oggi la mamma del piccolo non ha ancora ricevuto un indennizzo. Unimamme, cosa ne pensate di questa vicenda di cui si parla su Repubblica?

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