Nomi, significati e onomastici: oggi si festeggia Vincenzo

SAN VINCENZO

Il 27 settembre si festeggia il nome Vincenzo.

Il nome deriva dal latino vincens (participio presente del verbo vincere) e significa letteralmente “vincente” o “destinato a vincere“. Un chiaro e apprezzato augurio!

Alcune varianti sono:

  • Vicenzo
  • Vincenzino
  • Vicenzino
  • Vincenza, al femminile ma meno diffuso.

I simboli associati sono:

  • Numero fortunato: 6
  • Colore: Rosso
  • Pietra: Rubino
  • Metallo: Oro

Santo del giorno: San Vincenzo de’ Paoli

Vincenzo de’ Paoli (Vincent de Paul)  è stato un sacerdote francese, fondatore e ispiratore di numerose congregazioni religiose, ed è considerato il più importante riformatore della carità della Chiesa cattolica.

Ma veniamo alla sua storia. Nato nel 1581 da un’umile famiglia contadina a Pouy, un borgo contadino presso Dax,  Vincenzo trascorre i primi anni come pastore e guardiano dei porci, supportando la famiglia numerosa, fino a quindici anni fece il guardiano di porci per poter pagarsi gli studi. Il padre a 15 anni lo segna alla Ecole des Cordelier, collegio gestito dai francescani, dove si farà riconoscere per l’abnegazione con cui studia, e divenendo molto presto tutore dei figli di un amico di famiglia.

A 19 diventa sacerdote e nel 1605, mentre viaggia su una nave da Marsiglia a Narbona, viene catturato dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi. Viene liberato due anni dopo dal padrone che, nel frattempo, si è convertito al Cristianesimo. Da questa esperienza nasce in lui il desiderio di recare sollievo materiale e spirituale ai galeotti.

Nel 1612 diventa parroco nei pressi di Parigi e alla sua scuola si formano sacerdoti, religiosi e laici, animatori della Chiesa di Francia, e la sua voce diventa così interprete dei diritti degli umili presso i potenti, promuovendo una forma semplice e popolare di evangelizzazione.

Molto presto abbandona le preoccupazioni materiali e di carriera e si dedica intensamente all’insegnamento del catechismo e soprattutto all’aiuto degli infermi e dei poveri; fondamentale per la sua maturazione spirituale è l’incontro con il grande Francesco di Sales.

Per lui la regina di Francia inventa il Ministero della Carità, e da insolito «ministro» organizza gli aiuti ai poveri su scala nazionale.

Nel 1625 forma un gruppo di chierici specializzati nell’apostolato rurale: il primo nucleo della Congregazione della Missione, i quali membri vennero poi detti Lazzaristi. Il primo Lazzarista sarà inviato nel Madagascar a partire dal 1648.

Nel 1633 fonda la Città dei Poveri, dove ha origine la congregazione delle Figlie della Carità sotto la responsabilità di Luisa di Marillac insieme a Marguerite Naseau. Le Figlie, note anche come “Suore di San Vincenzo de ‘Paoli,” si dedicano al servizio dei malati e al servizio materiale e spirituale dei poveri. Questa istituzione è attualmente responsabile per l’Ospedale degli Innocenti in Parigi.

Muore il 27 settembre 1660, viene proclamato beato il 13 agosto 1729 da Papa Benedetto XIII e canonizzato da Clemente XII il 16 giugno 1737.

Le principali innovazioni da lui apportate sono:

  • Umanesimo Cristocentrico:  «riprodurre per quanto più possibile, in sé e negli altri, l’umanità di Gesù Cristo quale principio dinamico dell’azione missionaria» , desiderando di ripercorrere le Sue parole e le Sue intenzioni.
  • Il “piccolo metodo“: consiste nel suddividere l’esposizione orale in tre fasi in maniera chiara ed adatta a qualsiasi uditorio. Come spesso ripeteva san Vincenzo, questo era il metodo usato da Gesù Cristo stesso.
    • Trattando il soggetto, in primis, si espone il “movimento” di una certa virtù e della sua natura escatologica oppure si espongono i rischi derivanti da qualche vizio.
    • Si passa, poi, ad illustrare i “motivi” che precedono quell’acquisto virtuoso o quel allontanamento vizioso.
    • Si suggeriscono infine  i “mezzi” per riuscirvi.
  • Assistenza sociale vincenziana:  la missione apostolica non è un semplice corso di prediche, ma un’azione pastorale destinata a risolvere i problemi spirituali e materiali delle popolazioni depresse. La metodologia procedeva secondo le seguenti fasi:
    • un missionario interveniva in un villaggio povero, dove era istituita, “in loco”, un’equipe chiamata la “Carità”, formata per lo più da madri di famiglia o vedove,
    • in seguito erano “ordinati” dei sacerdoti affinché nascesse una nuova parrocchia.
    • Ogni missione si caratterizzava per:
      • flessibilità nel senso di adattare le proprie capacità di soccorso ai bisogni nuovi con personale permanente, ad es., nel fornire medicinali in famiglia o nel garantire un’istruzione ai figli
      • mobilità nel senso di non rimanere legati al proprio territorio, ma conoscere e scoprire sacche di povertà altrove. In questo senso la missione procedeva attraverso un ciclo dinamico.
    • la distribuzione delle provvidenze era resa più abbondante mediante la pubblicazione e la diffusione ovunque di un bollettino mensile, le Relations, che descriveva i bisogni degli assistiti e forniva una relazione particolareggiata di quanto svolto.
  • Le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli rappresentano la più originale e caratteristica innovazione di San Vincenzo, che aprì una nuova strada alle donne consacrate: non più chiuse in un convento, ma sparse nelle vie del mondo a servizio dei bisognosi dovunque si trovassero: case private, ospedali, ospizi, carceri, asili, scuole.Attualmente vi sono nel mondo circa 37.000 figlie  in 3.600 case. In Italia le figlie sono circa 5.000.  Oltre ai tradizionali voti di povertà, castità ed obbedienza introdusse il voto di stabilità ovvero la perseveranza nel servizio ai poveri. San Vincenzo, in tal senso, era preoccupato che i missionari si adagiassero a rimanere in un posto anziché partire per una nuova missione. Tale precarietà residenziale era, comunque, fonte di diversi disagi e un profondo senso di stress per i membri della compagnia. A volte li supplicava di restare o di tornare: «Quando passiamo per un altro paese, vediamo soltanto quello che ha di piacevole; ma quando ci viviamo, sperimentiamo ciò che ha di penoso e di contrario alla natura».

 

Secondo Bruno Bortoli, sociologo ed assistente sociale, Vincenzo ebbe un fondamentale ruolo nell’introdurre nuovi metodi di assistenza, primo fra tutti la visita domiciliare: «Il principio assistenziale di San Vincenzo si reggeva sulla divisione dei poveri in tre categorie:

  • i fanciulli, i vecchi, gli storpi e gli infermi;
  • coloro che col lavoro si guadagnavano solo la metà del necessario;
  • coloro che potevano guadagnare solo il quarto del necessario.

Le sue umili origini sociali influenzavano le sue proposte per trovare i mezzi proporzionati all’entità della povertà da sovvenire, mentre faceva in modo che l’assistenza non limitasse il dovere di lavorare che spettava a chiunque secondo le sue possibilità. Fu così il primo a sostituire al tradizionale sistema dell’elemosina indiscriminata, saltuaria e spesso socialmente dannosa, quella del “soccorso ordinato”, selezionato e rispondente alla natura e all’entità del bisogno. Inoltre, anziché un funzionario ligio al regolamento ma indifferente alle condizioni di indigenza, era una persona sensibilizzata ai bisogni del singolo individuo».

Un’ulteriore iniziativa da lui intrapresa fu tesa a migliorare le condizioni di vita dei condannati alle galere e, grazie alla sua posizione, riuscì effettivamente a ottenere un notevole miglioramento dei detenuti, soprattutto per gli inabili al lavoro.

Per tutto ciò che è stata la sua vita è patrono:

  • del Madagascar,
  • dei bambini abbandonati,
  • degli orfani,
  • degli infermieri,
  • degli schiavi,
  • dei forzati,
  • dei prigionieri
  • delle Associazioni cattoliche di carità

In San Pietro in Vaticano, una gigantesca statua, opera dello scultore Pietro Bracci, è collocata nella basilica dal 1754, rappresentante il “padre dei poveri”.

Per gli amanti del cinema: nel 1947 Maurice Cloche ha girato un film sulla figura di questo apostolo della Carità : Monsieur Vincent. Il film ha vinto il Academy Award per il Miglior Film Straniero nel 1948, e l’Oscar l’anno successivo.

Insomma, una bella storia per un nome unimamme, non trovate?

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