“Mio figlio autistico non è strano ma speciale”: scrive una mamma

mamma di un bambino autisticoCari genitori su Universomamma vi abbiamo spesso parlato di bambini speciali e della forza dei loro genitori.

Oggi vogliamo pubblicare la bellissima lettera di una mamma che ha deciso di raccontare la storia di suo figlio, dalla nascita alla scoperta del disturbo di cui soffre il figlio, alle difficoltà incontrate, ai progressi raggiunti, all’importanza del confronto e del mutuo supporto.

La lettera di una mamma di un bambino autistico

Eccola qui:

Un bambino speciale

Leonardo è nato il 20 gennaio. Alla nascita pesava 3.860 kg ed era un bambino paffuto e pieno di capelli.

Il travaglio fu molto lungo e difficile, perché la sua testa – piuttosto grande – non riusciva a saltare uno “scalino” nel canale del parto; per questo motivo andò un po’ in sofferenza tanto che, appena nato, fu messo in incubatrice per circa un’ora.

L’ho allattato esclusivamente al seno per otto mesi: quando ne aveva cinque ho ripreso il lavoro; la sera mi tiravo il latte e mia suocera, che lo accudiva, glielo dava il giorno seguente.

Cresceva sano e bello; era attento a tutto ciò che lo circondava, dispensando sorrisi e magnifiche risate a chi lo avvicinava.

Verso i 20 mesi abbiamo assistito ad un cambiamento radicale nell’interazione sociale e nei comportamenti: il bambino si era come incupito.

Le foto dell’epoca lo testimoniano: il suo visino sempre sorridente si era fatto improvvisamente triste. Cacciava via urlando chiunque gli si avvicinasse; era diventato silenzioso e quando parlava ripeteva fino all’ossessione pezzi di cartoni animati. Al parco si disinteressava completamente dei giochi, preferendo correre avanti e indietro lungo la staccionata guardando i pali di recinzione e esaminando ossessivamente il fronte e il retro dei cartelli.

Attribuimmo il fatto all’arrivo del fratellino, che lui non degnava nemmeno di uno sguardo, ed al trasloco in una nuova casa.

Ma a distanza di mesi, i problemi perduravano ed anzi si aggravavano: cominciò a svegliarsi la notte urlando in preda a chissà quali angosce; da buona forchetta che era divenne schizzinoso nel mangiare e rifiutava piatti che prima gradiva moltissimo.

Non socializzava con i bambini della sua età e sempre più spesso ignorava chiunque gli stesse intorno, fatta eccezione per me e per suo padre. Roteava le manine, se le guardava; si rotolava per terra e mormorava come in un rosario brevi frasi ripetitive e completamente fuori contesto.

Ci dicevamo fra noi che era solo un bambino dal carattere particolare, che era semplicemente pigro o più indietro della media dei bimbi della sua età.

Io soprattutto rifiutavo categoricamente l’idea che mio figlio fosse diverso dagli altri; e solo oggi mi rendo conto che lo facevo perché già sapevo. Ma non volevo ammetterlo.

Fino a che, compiuti i 3 anni, la pediatra dell’asilo, durante uno degli incontri di routine, lo visitò e mi fece trovare dentro l’armadietto un referto che ancora ricordo a memoria: “Si segnalano comportamenti stereotipati – si raccomanda consulto con il curante”, lasciandomi a margine del foglio il suo numero di cellulare.

La chiamai subito e fu lei a squarciare, con molto garbo, tanta umanità ed altrettanta competenza, il velo delle mie false convinzioni: mi disse quel che già sapevo, e cioè che Leo doveva essere valutato da un neuropsichiatra infantile per capire da cosa dipendessero quegli strani comportamenti.

Tornai a casa piangendo; perché un conto è avere il dubbio che tuo figlio abbia un problema… un altro è esserne quasi certi perché un medico coscienzioso ed attento ti ha messo in guardia.

Non finirò mai di ringraziare la dott.ssa Marzano per il suo occhio clinico, che ci ha permesso di intervenire per Leo in modo tempestivo.

Da qui comincia l’odissea: il giorno seguente mi metto subito in contatto col Prof. Bruni, responsabile della Neuropsichiatria Infantile del Sant’Andrea di Roma, dove lavoro, che gli fissa un elettroencefalogramma in sonno, il quale risulta negativo; il Prof. mi avverte però che in ospedale non si effettuano valutazioni comportamentali e mi indirizza quindi immediatamente verso il centro di Tutela Salute Mentale e Riabilitazione dell’Età Evolutiva (TSMREE) dell’ASL di appartenenza (RM/E): chiamo sia il TSMREE di Via Cassia che quello del Santa Maria della Pietà esponendo il problema: a darmi l’appuntamento più vicino nel tempo è il primo, che tra l’altro è anche più comodo, e – dopo un primo colloquio con la Neuropsichiatra Infantile, Dott.ssa Castellano, persona gentilissima, preparata e piena di umanità – a fine giugno di quest’anno iniziamo le terapie due volte a settimana con il Dr. Mochi (Terapista della Neuro-psicomotricità dell’età evolutiva) e i colloqui mensili con la Dr.ssa Pappalardo (Psicologa).

Il TSMREE di Via Cassia è una realtà bellissima: il personale, disponibile e sorridente, ci ha accolto subito con competenza e umanità; Leonardo si è sentito subito a casa ed ha instaurato immediatamente un rapporto bellissimo con il suo terapista, che nomina in continuazione quando è a casa e che, quando incontra, riempie di dolci abbracci.

A luglio di quest’anno arriva la diagnosi tanto temuta: “Disturbo generalizzato dello sviluppo dello spettro autistico”; è una mazzata, ma meno forte del previsto, un po’ perché suo padre ed io lo sapevamo da tempo sebbene mancasse l’ufficialità, un po’ perché abbiamo entrambi la certezza che il bambino è seguito in modo impeccabile.

Da qui inizia tutta la trottola della burocrazia, che è peggio del problema in sé: a fine agosto, con la certificazione del TSMREE, mi reco dal medico certificatore INPS e mi faccio redigere il certificato telematico; con copia del certificato, il giorno seguente, mi reco al Patronato per effettuare la richiesta di visita per il riconoscimento dell’handicap grave e dell’invalidità civile, due visite distinte che mi vengono fissate entrambe per fine settembre.

Nel frattempo, a metà settembre, arriva la chiamata di Leo alla materna comunale, e dall’oggi al domani dobbiamo affrontare il distacco dall’asilo frequentato per due anni e l’inserimento nella nuova struttura; il problema è meno grave di quanto sembri a prima vista perché il bambino, che in pochi mesi ha fatto grandi progressi (anche a detta dei professionisti del TSMREE), si ambienta benissimo nella Scuola Materna Arcobaleno di Labaro (la “scuola dei bimbi grandi”) e fin da subito ci si reca molto volentieri, anche grazie alla tenerezza e all’impegno delle maestre Regina, Marisa e Venere, che si fanno in quattro per sopperire alla mancanza dell’insegnante di sostegno e dell’AEC (una figura che lo aiuterà nello sviluppo delle competenze), che dovrebbero arrivare entrambe a breve.

Oggi Leonardo ha acquisito maggiori competenze nel linguaggio e in alcune autonomie: se vuole qualcosa lo chiede; non ha ancora tolto il pannolino ma mangia col cucchiaio e beve da solo (fino ad aprile usava il biberon e mangiava con le mani); è sempre ripetitivo e si fissa soprattutto con i numeri, ma appare interessato in molte più attività rispetto a prima; ama saltare, correre, fare lo scivolo e farsi fare il solletico; adora il mare e non ha paura dell’acqua; interagisce sempre di più col fratellino, che è ormai diventato il suo piccolo terapista; ama le coccole ed è di una dolcezza infinita.

In poche parole, Leonardo è un bambino speciale.

E’ da qui che bisogna partire: considerare questi bambini non “particolari”, “strani”, “diversamente abili” o “problematici” ma SPECIALI, ribalta completamente il punto di vista e di conseguenza l’approccio ad un problema con cui è necessario saper convivere.

C’è molto ancora da fare e siamo coscienti che Leo crescerà col suo problema perché quando si parla di autismo si registra qualche miglioramento ma mai una completa guarigione; però siamo fiduciosi nel grande lavoro che stanno portando avanti su di lui sia i professionisti del TSMREE che le maestre della Scuola Arcobaleno e speriamo di poter dire lo stesso anche per tutti coloro che, a vario titolo, lo assisteranno in futuro.

Ai genitori che si trovano nella mia stessa situazione mi sento di dire: non perdetevi d’animo, ma informatevi e studiate il problema per non farvi trovare impreparati, perché i primi terapisti, i primi insegnanti di vostro figlio siete voi.

Cercate il confronto con altri genitori col vostro stesso problema: su Facebook c’è una gran quantità di gruppi formati da genitori di bimbi autistici o nello spettro autistico, nei quali ci si scambiano informazioni e consigli, sostenendosi a vicenda.

Visitate il sito dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di Soggetti Autistici); diventate soci, oppure partecipate ai loro convegni e ai gruppi di auto-mutuo aiuto; ci sono sedi in tutta Italia.

Noi genitori di bambini e ragazzi autistici siamo stati lasciati soli… ma non siamo soli!

Coraggio!

Chiara

Care Unimamme, e cari unigenitori, questa lettera secondo noi contiene un messaggio importante e forte per tutti quei genitori che vivono accanto a bambini speciali, e che spesso si sentono soli, non compresi e non supportati.

Una voce alla quale dare eco e con la quale concordiamo nel dire: “l’unione fa la forza, e dà la forza!”. 

E voi unimamme, avete vissuto qualcosa di simile?

 

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