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Categoria News

Il parto in diretta grazie a Twitter: siete d’accordo?

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Valentina Colmi

Claire Diaz-Ortiz è diventata mamma lo scorso 5 aprile di Lucia. Sapete perché ne siamo a conoscenza? Perché la donna ha raccontato live l’esperienza del suo parto, dalla rottura delle acque fino alla foto della nuova nata. Claire non è una qualsiasi: lavora – così come il marito – nella sede venezuelana di Twitter e diciamo che è stata letteralmente fedele alla sua azienda.

Esattamente come la blogger dell’Huffington Post Ruth Iorio che qualche mese fa postò anch’essa sul social le foto del suo travaglio, anche Claire è un nuovo caso dell’utilizzo estremo dei mezzi tecnologici che abbiamo a disposizione.

La cronaca del travaglio, iniziata con il tweet: “Sto digitando su google: le mie acque si sono rotte?” per poi proseguire con il fatto che  la macchina l’ha lasciata a piedi e che Claire ha raggiunto l’ospedale in taxi, dove ha scoperto di aver dimenticato non solo la borsa del bebé a casa, ma anche il cioccolato, è stata molto serrata e dettagliata.

La futura mamma è riuscita pure a farsi fotografare mentre aveva contrazioni ogni 5 minuti. Alla fine di tutto questo circo è venuta appunto al mondo Lucia, che nonostante abbia solo 4 giorni ha già un account twitter: @lucia.

Ora: a me francamente questa deriva così prepotente presa dai social network non piace neanche un po’. Da utente, lo ammetto, è come essere spettatori di una storia che si sta scrivendo davanti ai tuoi occhi. Pensi in qualche modo di partecipare anche tu ad un evento che per una perfetta sconosciuta è di portata storica. Magari ti senti anche un po’ di influenzarla se la incoraggi con i tuoi tweet. Però mi sembra che la scusa della condivisione (tra l’altro il parto di Claire è stato seguito da più di 300mila followers) sia striminzita.

Forse oggi l’immagine pubblica, quella che gli altri percepiscono di te sui social, è più importante di quella privata. E allora è bene far sapere che un travaglio può non aver più quell’aurea di mistero che aveva una volta, quando i padri aspettavano fuori dalla porta e ciò che succedeva rimaneva tra le quattro mura della camera da letto o di una stanza di ospedale. Oggi tutti i confini sono fluidi, c’è voglia di mostrarsi sempre e comunque, di far della propria vita un reality.

Ma sarà bello così? Voi unimamme cosa ne pensate?

 

Valentina Colmi

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