Autismo: già a 6 mesi i primi segnali di disturbo

mamma e neonato

Torniamo a parlare su Universomamma di autismo, oggetto di innumerevoli ricerche, pezzi di un puzzle che dovrebbe aiutare i ricercatori, i medici e i famigliari di bambini affetti a meglio comprendere questa malattia.

L’autismo, le cui cause scatenanti non sono ancora state chiarite, è diventato recentemente oggetto di studi della Yale University che ha usato la tecnologie dell’eye tracking per approfondire le conoscenze su di esso.

Tramite le loro analisi i ricercatori hanno scoperto che i piccoli autistici tendevano a evitare il contatto visivo coi volti altrui, già nel primo semestre di vita.

Ecco come si sono svolti i test:

  • a piccoli di pochi mesi sono stati mostrati volti di persone intente a parlare
  • alcuni dei neonati però evitavano il contatto visivo, soprattutto di elementi specifici come occhi e bocca
  • a sei mesi il test è stato riproposto tramite volti sorridenti e parlanti e le loro reazioni sono state monitorate
  • all’età di tre anni sono stati suddivisi in gruppi: alcuni avevano sviluppato l’autismo, altri avevano invece stavano crescendo in modo regolare.

Questa ricerca, come sottolinea anche uno dei ricercatori ,il dottor Frederick Shic è importante perché sottolinea la presenza di un problema nell’analisi dei volti da parte di bimbi a cui successivamente è stato diagnosticato il disturbo autistico.

Si tratta del primo studio che ha evidenziato una risposta atipica riguardante il linguaggio nel primo semestre di vita dei bimbi autistici

Ricordiamo infatti che, mentre alcuni fanno risalire addirittura lo sviluppo di questa malattia al grembo materno, finora l’autismo non si può diagnosticare almeno fino ai 2 anni.

Su questo punto interviene il dottor John Krystal, editore di Biological Psychyatry, nonché autore della ricerca. Secondo lui infatti i dati dimostrano che i disturbi dell’autismo legati alle relazioni sociali sono presenti ben prima dei 2 anni.

Dopo queste prime avvisaglie i piccoli sviluppano significative alterazioni nelle modalità di relazione sociale.

Si spera che quest’ultimo studio contribuisca a promuovere una maggior attenzione agli eventuali segnali di disturbo dei piccoli per poter offrire un maggior supporto a questi bimbi e alle loro famiglie.

 

 

Impostazioni privacy