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Autismo: una terapia precoce potrebbe eliminarne i sintomi

Published by
Valentina Colmi

Autismo: una malattia di cui non si conoscono ancora bene le cause, complessa da diagnosticare  e che spesso per una mamma e un papà è un duro colpo. Ci si sente impotenti e soli, soprattutto per il fatto che un bambino autistico comunica in maniera differente e spesso per cercare di capire il suo “linguaggio” occorre molto tempo.

Una ricerca preliminare  pubblicata dal Journal of Autism and Developmental Disorders coordinata da Sally Rogers dell’università della California Davis ha scoperto che se i bambini con sintomi di autismo seguono già a 6 mesi una terapia basata su alcuni “esercizi” e tecniche psicologiche, a 3 anni non mostrano più tracce della malattia e possono condurre una vita normale.

Cura per l’Autismo: il metodo Early Start

Recentemente vi abbiamo parlato di altre 2 ricerche che sostengono che dall’autismo si possa guarire, anche questo studio preliminare sostiene che potrebbe esserci una cura.

Il metodo Early Start è nato dalla partecipazione di 7 bambini alla ricerca: questi bimbi – compresi tra i 6 e i 15 mesi –  avevano già sviluppato i primi sintomi dell’autismo che, ricordiamolo sono:

  • fissazione visiva anomala
  • gesti ripetuti più del normale
  • mancanza dello sviluppo del primo linguaggio (non c’è la lallazione)
  • mancanza di comunicazione facciale per esprimere le emozioni
  • diminuzione dell’interesse nell’interazione

Questi bimbi e i loro genitori hanno pertanto preso parte a questa terapia che è basata sul Early Start Denver Model (ESDM), sviluppato dalla Rogers e dalla sua collega Geraldine Dawson della Duke University. L’Early Start si focalizza sull’attenzione giornaliera dei bambini durante le attività con i genitori, in particolare su:

  • facce e voci dei genitori
  • interazione tra bambini e genitori durante le imitazioni della voce e delle azioni
  • l’uso di giocattoli per l’interazione sociale

Ad esempio, se un bambino sta attuando un movimento ripetitivo con la mano, il genitore potrebbe riprodurre quel movimento con un giocattolo, in modo da sviare l’attenzione del figlio e dargli un nuovo modo di interagire con il mondo. Oppure, ogni piccolo movimento facciale o di voce del bambino potrebbe essere riconosciuto come positivo e incoraggiato dai genitori. Il metodo infatti mira ad aiutare il bimbo a interagire maggiormente con i genitori attraverso il linguaggio, i giocattoli e la capacità di esprimersi.

Il trattamento consiste in sessioni di 12 ore giornaliere di terapia con il bambino e i suoi genitori; a ciò è poi seguito un incontro bisettimanale per 6 settimane e un successivo accertamento tra i 24 e i 36 mesi. Alla fine dei 9  mesi di terapia, i bambini nel gruppo dell’Early Start – comparati con un gruppo di controllo – avevano più sintomi, ma tra la fine dei 18 e i 36 mesi, i bambini nel gruppo terapico avevano ridotto significativamente  questi sintomi, tanto da aver diminuito in modo drastico la possibilità di diagnosi dello spetto autistico. In sostanza, a tre anni possono condurre una vita normale. 

Lo studio è stato condotto su un numero troppo ristretto di bambini per sapere se l’intervento può avere successo anche su numeri maggiori, ma è sicuramente una base di partenza. La dottoressa Rogers ha ricordato l‘importanza dei genitori per il successo del metodo: “Sono stati i genitori a farlo, non i terapisti. I genitori sono ogni giorno con i loro figli. I piccoli momenti del cambio di pannolino, dell’accudimento, del gioco sul pavimento, di una passeggiata, di una nuotata, sono i momenti più critici per l’apprendimento di questi bambini. Ma questi momenti sono quelli che i genitori possono sfruttare al massimo in un modo in cui nessuno può veramente fare“.

 

E voi unimamme cosa ne pensate?

 

(Fonte: Forbes.com)

 

Valentina Colmi

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