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E’ colpa delle strutture sanitarie se le mamme rinunciano ad allattare già al 3°mese?

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Maria Sole Bosaia

Nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità inviti le mamme a protrarre l‘allattamento al seno almeno fino al sesto mese una mamma su due, in Italia rinuncia già al terzo, quando inizia a introdurre (o meno) latte artificiale nella dieta del suo bambino.

Purtroppo non si può imputare questa decisione a problemi riguardanti la montata lattea o alla pressione delle aziende per vendere il latte in polvere. Esistono infatti diversi fattori, ben più radicati e complessi che inducono una mamma a interrompere lallattamento al seno in modo così repentino.

Il protocollo dell’Unicef infatti raccomanda espressamente il contatto pelle a pelle con la mamma subito dopo la nascita e per almeno un’ora, solo che a fronte di questa importantissima necessità, in Italia, solo 28 strutture italiane definite Amiche dei bambini la applicano.

Nella tabella qui sotto si vedono gli interventi di promozione di allattamento al seno a livello di Regione e Province autonome.

Oltre al contatto immediato conta molto è l’incoraggiamento alle madri e l’assistenza per far loro capire quando il neonato è pronto per la poppata.

Tra i suggerimenti contenuti nel protocollo Unicef si invita anche a:

  1. mostrare alle mamme come si allatta
  2. non somministrare liquidi o alimenti diversi dal latte materno se non su prescrizione medica
  3. non fornire tettarelle artificiali o succhiotti ai neonati
  4. sistemare il bambino nella stessa stanza (il c.d. rooming-in)

Tutte le agenzie sanitarie ci tengono a rimarcare che il latte materno non è un vezzo, né tanto meno solo un alimento, ma è soprattutto un fondamentale sistema biologico dai molteplici effetti:

  1. produce la corretta formazione del microbioma
  2. è alla base dello sviluppo cerebrale
  3. fornisce la giusta dose di macromolecole essenziali
  4. previene: obesità, allergie, asma, diabete, arteriosclerosi da adulti

Importantissimo quindi, l’allattamento al seno per i primi 6 mesi:

  1. riduce del 36% il rischio della Sindrome da morte improvvisa del lattante
  2. riduce del 52% il rischio di contrarre la celiachia.

Questa indagine del ministero, stilata da esperti come il neonatologo triestino Riccardo D’Avanzo sottolinea anche la superficialità delle strutture sanitarie su questo tema causata da:

  1. scarse risorse
  2. poco tempo degli operatori
  3. assenza di un database sul tema

A volte gli ospedali ignorano, al momento delle dimissioni, se la mamma stia allattando il bambino con latte materno o altro come si evince dalla tabella qui sotto.

Alcune regioni non sono riuscite nemmeno a fornire dati riguardanti il tipo di nutrimento che la mamma stava somministrando al figlio, se latte materno o altro e queste sono:

  1. Liguria
  2. Abruzzo
  3. Molise
  4. Calabria
  5. Basilicata
  6. Umbria
  7. Sicilia
  8. Sardegna

Qui, più del 20% degli ospedali non è stato in grado di fornire dati al Ministero.

Questa, per esempio è la tabella riferita all’allattamento a seduta vaccinale.

Anche qui tante regioni mancano all’appello, mentre la migliore è indubbiamente l‘Emilia Romagna.

Infine come si nota da quest’ultima tabella si possono osservare gli ospedali e le università italiane in rapporto alla promozione dell’allattamento al seno secondo le indicazioni UNICEF.


 

Si può notare come Lombardia e Veneto appaiano le più virtuose insieme alla Toscana, mentre Campania, Calabria e Val D’Aosta piuttosto scarse.

 

Unimamme e voi cosa ne pensate di questi risultati? Rispecchiano la vostra personale esperienza con l’assistenza sanitaria durante il parto e dopo? Vi hanno assistite adeguatamente per aiutarvi con l’allattamento?

Dite la vostra se vi va.

 

 

Fonte: Unicef.it/ Salute.gov.it/ Vanity Fair.it

 

Fonte vanity fair.it

Maria Sole Bosaia

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