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I bambini profughi lanciano un appello: “vogliamo solo un futuro ed essere umani”

Published by
Maria Sole Bosaia

 

Mentre le cronache ci bombardano quotidianamente sui continui sbarchi di migranti sulle nostre coste, tendiamo sempre di più a dimenticare che ciascuno ha una drammatica storia alle spalle e che tra i profughi ci sono numerosissimi bambini spinti alla fuga dal loro Paese a causa di persecuzioni e povertà.

Solo qualche mese fa un rapporto del Ministero delle Politiche Sociali lanciava l’allarme sui 3 mila minori migranti svaniti nel nulla in 9 mesi, da gennaio invece più di 26 mila ragazzi sono partiti dalle coste africane alla volta dell’Italia, sfidando una delle traversate più pericolose del mondo a bordo di precari gommoni e “carrette del mare”, alla ricerca di un futuro migliore.

Su invito delle autorità italiane, Save the Children si adopera per aiutare questi ragazzini al fianco di UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e Croce Rossa. Save the Children infatti lavora nel centro di prima accoglienza di Lampedusa per far fronte alle necessità dei minori, far conoscere loro i propri diritti e capire di che tipo di aiuto abbiano bisogno (fisico o psicologico o entrambi).

Mentre nei servizi dei telegiornali prevale un clima di intolleranza, a Lampedusa la popolazione locale è molto generosa e spesso dona cibo e vestiti a questi bambini che non hanno niente e arrivano soli in un paese straniero, dopo aver assistito a indicibili orrori.

Yusuf, per esempio, è un ragazzo fuggito da Gaza insieme al suo migliore amico e con lui ha attraversato Libano, Sudan e Libia per sbarcare poi a Lampedusa. Prima di giungere qui lui e il suo amico sono stati tenuti prigionieri e picchiati, addirittura un video del pestaggio è stato inviato alla famiglia del giovane affinché pagassero un riscatto di 4 mila dollari.

Dopo questa terribile odissea, tutto quello che Yusuf vuole si riassume in questa frase: voglio un futuro. Voglio essere umano“.

In tanti sono a parlare di abusi fisici e verbali durante il lungo viaggio, a volte anche di natura sessuale.

Il team di Save the Children è piccolo, ma molto funzionale. Di esso fa parte Aman, proveniente dall’Eritrea, esperto di psicologia infantile e capace di fornire traduzioni in 5 lingue per i ragazzini. Aman, anch’egli rifugiato, sa molto bene cosa voglia dire arrivare qui senza soldi, senza documenti. Insieme a lui poi vi è Lisa, un avvocato che si assicura che i bambini ricevano l’assistenza basilare per poi avviare il processo di ricongiungimento con i parenti in Europa.

Per i bambini le pratiche sono diverse che per gli adulti e bisogna spiegar loro che presto saranno accolti in una struttura più attrezzata, poi in un centro per minori. Non potranno essere espulsi, andare a scuola e vivere al sicuro senza venire perseguitati.

Per i ragazzi tra i 13 e i 18 anni spesso non è facile comprendere la propria situazione, a volte è anche difficile far capire loro che hanno dei diritti e che l’istruzione è l’arma del riscatto. Moltissimi infatti sono stati privati dell’infanzia nelle loro terre di origine, ma Save the Children si adopera perché ognuno venga contattato e possa porre domande.

Un altro caso è quello dei giovane Ismail di appena 16 anni fuggito dalla Somalia davanti alla prospettiva di essere arruolato contro la sua volontà nelle milizie. Anche per lui il viaggio ha voluto dire grandi rischi, privazioni e tanta paura, come quando è stato rapito, picchiato ed è stato costretto ad assistere allo stupro di una donna incinta.

Ad un certo punto arriva il momento in cui questi ragazzi salgono sui traghetti per la Sicilia, pieni di speranza perché vorrebbero trovare un lavoro e ricongiungersi con le loro famiglie.

Questo però non sarà possibile.

Con l’avvicinarsi dell’estate gli sbarchi aumenteranno ancora, senza tralasciare la precaria situazione dell’Africa subsahariana e occidentale e quella della Siria che alimentano i flussi migratori.

Ormai è sempre più palese che l’Italia, da sola, pur armata di buona volontà, non è in grado di sobbarcarsi tutta l’accoglienza e l’organizzazione.

Save the Children fa il possibile per essere accanto a questi bambini nel tempo a venire tramite il progetto Praesidium project, finanziato dal Ministero dell’Interno e altri paesi europei.

Il loro scopo è quello di rispondere ai bisogni dei minori accompagnati e non accompagnati per affidarli a servizi organizzativi specializzati e monitorando il trasferimento e la qualità delle strutture a cui vengono affidati cercando di restituire loro un po’ dell’infanzia perduta.

Un lavoro davvero encomiabile non pensate Unimamme?

Voi cosa ne pensate del problema dell’immigrazione considerando soprattutto il punto di vista dei bambini che devono comunque essere tutelati da chi vorrebbe approfittarsi di loro?

Dite la vostra se vi va.

 

 

 

 

 

 

(Fonte: Huffington Post.it)

Maria Sole Bosaia

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