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“I compiti a casa fanno male”: parola di esperto

Published by
Valentina Colmi

Man mano che i figli crescono ci sono anche responsabilità sempre maggiori. Una di queste è ovviamente la scuola e quando si parla di scuola si parla di compiti. Il problema è che negli anni il numero di esercizi, temi, disegni e pagine da studiare sono cresciute in maniera esponenziale e questo può portare a dei gravi stress in famiglia.

Fare i compiti fa male quindi? Ecco quello che pensa Maurizio Parodi, pedagogista e dirigente scolastico – autore di libri come “Basta compiti! Non è così che s’impara” – sulla questione.

I compiti a casa fanno male: ecco perché

Maurizio Parodi e l’associazione Liberamente si sono ritrovati qualche giorno fa a Trento in una conferenza dal titolo “Basta compiti! Riflessioni sulla scuola che vorrei” in cui l’associazione di orientamento montessoriano ha voluto parlare appunto del ruolo dei compiti all’interno della routine scolastica.

Secondo Parodi infatti fare i compiti a casa non serve a nulla, come dichiarava già qualche tempo fa sul magazine Vita: “Stiamo parlando di un problema grave che ci coinvolge tutti: docenti, studenti, genitori. Lo studio domestico è inutile, perché le nozioni che sono memorizzate per l’interrogazione del giorno successivo, dopo un breve periodo di tempo vengono dimenticate, perché si attiva solo la memoria a breve termine: non c’è apprendimento; si tratta di un sapere usa e getta“.

Questo perché – secondo anche degli studi  dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità – aumentare i compiti non significa aumentare il sapere, basti pensare che la Finlandia ha la metà delle ore scolastiche italiane e i bambini non hanno praticamente compiti a casa se non in rara occasioni, eppure gli studenti finlandesi sono tra i primi in Europa.

Il dato paradossale riguarda, appunto, i compiti: a fronte di una mole doppia, tripla e in certi casi quadrupla di compiti assegnati, rispetto ai coetanei non solo europei, il tasso di analfabetismo funzionale rimane uno dei più alti d’Europa. Si tratta dell’incapacità di usare in modo efficiente abilità elementari di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni di vita quotidiana”.

Non sono pochi i casi di depressione infantile dovuti al ritardo o allo stress nella gestione dei compiti, con ricaduta sulla famiglie. Se i week end sono liberi per tutti, insegnanti comprese, perché non lo possono essere anche quelli dei bambini (e dei loro genitori) che si vedono fagocitato il poco tempo che hanno a disposizione libero dai banchi di scuola?

Parodi però ci tiene a precisare: “I compiti sono necessari, ma non bisogna darne troppi”. Nessuno ha mai dimostrato che i compiti siano necessari, infatti ci sono insegnanti che non ne assegnano, gli studenti dei quali hanno percorsi scolastici assolutamente “regolari”, e, come detto, prosperano scuole di eccellenza che li hanno eliminati. Il punto è proprio questo: se sono utili, necessari, si diano; se sono inutili, addirittura dannosi si evitino: primum non nocere”.

Non devono nuocere. Forse siamo allora ancora lontani.

E voi unimamme che ne pensate?

Valentina Colmi

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