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Quando si ha un figlio si deve rinunciare al lavoro: i sacrifici delle mamme

Published by
Valentina Colmi

Purtroppo sempre più donne rimandano la decisione di avere un figlio e questo non per propria volontà, ma per il fatto che se decidono di diventare madri questo si ripercuoterà sul lavoro. A dirlo il rapporto annuale Istat che parla di una situazione piuttosto tragica per le donne: dopo la maternità si perde il 35% dello stipendio. Una diminuzione secca, che purtroppo rende l’Italia uno degli ultimi Paesi che aiutano la famiglia.

O figli o lavoro: la dura scelta delle donne

Secondo l’Istat infatti una donna su 4 lascia il lavoro a due anni di distanza dalla maternità. Si tratta di un fenomeno in aumento negli ultimi anni, con una perdita del 35% del reddito da lavoro.

Perché una donna sceglie di dimettersi? Semplice, perché non ha aiuti: in mancanza dei nonni, riuscire a conciliare famiglia e lavoro, magari affidando i figli al nido che ha dei costi proibitivi, le donne sono costrette a rinunciare alle prospettive di carriera.

Anche scegliere di non rientrare subito al lavoro non sembrerebbe una buona idea dal punto di vista economico:a l’Inps stima infatti una perdita del 10% sul salario pre maternità.

Sorprendente poi è il fatto che chi diventa madre si ritrovi poi in una posizione di svantaggio pur partendo in realtà avvantaggiate. Chi infatti riesce a compiere la scelta di famiglia è chi ha un contratto di lavoro pressoché sicuro, mentre è più raro che chi abbia un contratto a tempo determinato o precario rimandi la scelta. Una volta però diventate madri ed esaurito il congedo obbligatorio di maternità, si perde tutto il vantaggio, almeno in termini di stipendio.

Chi infatti può usufruire ad esempio del bonus da 600 euro per una baby sitter o il nido rientra al lavoro prima, ma anche terminata questa possibilità, alla madri pare non ci sia altra scelta che rimanere a casa, visto i servizi costosi e una scarsa collaborazione da parte dei padri.

I papà infatti non riescono ad usufruire del congedo parentale, se non in percentuali molto basse. Addirittura non riescono ad usufruire del congedo parentale obbligatorio di due giorni, per scelta o per obbligo del datore di lavoro. L’Inps infatti documenta che su 230mila nascite nel 2015 solo 72mila papà dipendenti del settore private abbia usufruito del congedo.

Insomma, l’Italia non è un Paese per madri.

E voi unimamme cosa ne pensate?

Intanto vi lasciamo con il post che parla di quanto siano equilibriste le mamme italiane tra famiglia e lavoro. 

Valentina Colmi

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