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Per gli insegnanti “violenti” non basta l’interdizione dai pubblichi uffici

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Valentina Colmi

Gli insegnanti che usano metodi violenti contro i propri alunni anche se a fine educativo, sono punibili per la legge di maltrattamenti. Questo è quello che è stato stabilito dalla Corte di Cassazione; l’uso della violenza infatti non può rientrare secondo questa sentenza nell’abuso dei mezzi di correzione, ma si tratta di maltrattamenti, perché “non si può perseguire un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di convivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice”, come si legge nelle motivazioni.

Se si usano metodi violenti a scuola si tratta di maltrattamenti

La Corte di Cassazione è intervenuta nella vicenda di due insegnanti di scuola materna colpevoli di aver adottato dei comportamenti certamente molto pesanti e contro la personalità e l’incolumità dei bambini.

Questo perché nel procedimento penale si era proposto di sostituire gli arresti domiciliari con l’interdizione dai pubblici uffici per un anno.

La Cassazione ha invece rigettato la proposta perché dati i fatti non erano stati presi in considerazione:

  • clima di tensione emotiva instaurato all’interno delle classi
  • urla, reazioni esagerate aventi ad oggetto la punizione degli alunni,
  • episodi di compressione fisica di varia intensità (quali tirate di capelli), trasformati in episodi di violenza

Tutti questi fatti hanno ricondotto al capo d’accusa di maltrattamenti e non di metodi correttiviriguardo ai bambini il termine “correzione” va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo. 

E che in ogni caso non può ritenersi tale l’uso della violenza finalizzato a scopi educativi: ciò sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di convivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice” dice la Cassazione.

Inoltre, l’organo giudicante ha deciso che la sola sospensione dai pubblici uffici non può essere sufficiente per escludere il pericolo di reiterazione della “condotta criminosa“. Il ricorso in Cassazione è quindi stato considerato infondato.

E voi unimamme cosa ne pensate?

Intanto vi lasciamo con il post che parla di una maestra arrestata per maltrattamenti e la richiesta di telecamere nelle scuole. 

Valentina Colmi

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