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“2×10”: la strategia per migliorare il comportamento degli alunni “difficili”

Published by
Maria Sole Bosaia

Unimamme, oggi vogliamo parlarvi di un nuovo metodo educativo che potrebbe aiutare a migliorare la relazione tra insegnanti e alunni.

Il comportamento degli alunni migliora se cambia l’approccio insegnante alunno

Un’esperta, Grace Dearborn, spiega una strategia che si chiama “due per dieci“. Questa strategia consiste nel trascorrere due minuti per 10 giorni consecutivi con un alunno che disturba in classe: approfondire la conoscenza aiuta a stabilire una proficua relazione.

Il ricercatore Raymond Wlodkowski l’ha definita una strategia non solo per rompere il ghiaccio, ma anche per ottenere un miglior comportamento durante le ore di lezione.

Primo obiettivo di questo metodo è quello di stabilire una connessione positiva con un adulto.

La sicurezza è un bisogno fondamentale umano, se i ragazzi non la sentono la cercheranno, stranamente il modo in cui la cercano è quello di comportarsi male”.

Mentre sembra che i ragazzi vogliano sabotare le lezioni, quello che chiedono, in realtà, è di stabilire un legame con loro.

Wlodkowski ha scoperto che con l’utilizzo di questa strategia si ha un miglioramento del comportamento dell’alunno “difficile” dell’85% e come conseguenza il miglioramento di tutta la classe migliora, come riportato da una ricerca della Northwest Missouri State University.

Lisa Kitzmann, insegnante in una scuola elementare, ha usato questo metodo con 4 suoi alunni “difficili”, raccogliendo dati insieme ad alcuni colleghi sul comportamento dei ragazzi, tipico di chi disturba:

  • parlare con i compagni
  • interrompere l’insegnante
  • non seguire gli ordini

Applicando questa nuova strategia l’insegnante ha scoperto che i ragazzi:

  • interrompevano di meno
  • cambiavano comportamento
  • diventavano più motivati ad eccellere a scuola

Alcuni alunni erano più ricettivi di altri, ma la maggior parte si entusiasmava al secondo giorno di conversazione.

Per realizzare questa strategia bisogna:

  • puntare su una conversazione i cui temi siano adatti all’età del ragazzo
  • bisogna concentrarsi sugli interessi personali degli studenti (e non sulle lezioni)

L’insegnante può focalizzarsi su ciò che i ragazzi stanno raccontando ai loro amici, le scarpe che indossano, lo zaino, qualunque cosa.

Bisogna andare oltre il classico: “come va?” “che bello vederti”.

Lo scopo deve sempre rimanere quello di conoscere l’alunno al di fuori della scuola, quindi conoscere il suo cibo preferito, il suo hobby principale, come vanno i suoi allenamenti sportivi, ecc…

“Se il vostro approccio è autentico, il ragazzo lo capirà”.

Se un ragazzo è particolarmente chiuso bisogna cercare di coinvolgere in una conversazione con altri alunni.

Kitzmann, per esempio, avvicina gli alunni fuori dalle lezioni, mentre c’è l’intervallo, mentre li accompagna a musica o li controlla durante il pranzo, ecc…

Prendendo nota delle lezioni dei ragazzi gli insegnanti possono organizzarsi per incontrarli “per caso” tra una lezione e l’altra.

Per essere efficace questo metodo deve essere praticato giornalmente in modo che i “muri” dei ragazzi possano sciogliersi.

“Mezzo minuto al giorno per 10 giorni è meglio di 20 minuti di conversazione perché consente alla relazione in corso di rilassarsi”.

Portando avanti queste conversazioni si comincia a vedere il ragazzo sotto una luce diversa. “In ogni esperienza sono rimasta colpita da ciò che lo studente ha condiviso con me, dal modo in cui mi ha ispirato o ciò che mi ha insegnato”.

Kitzmann aggiunge che fare il primo passo porta dei risultati, poi dopo 10 giorni la tendenza è quella di portare avanti queste piccole conversazioni.

Unimamme voi cosa ne pensate di questo metodo presentato su ASCD? Pensate che possa essere d’aiuto nelle classi dei vostri figli?

Noi vi lasciamo con un altro metodo d’insegnamento: la classe capovolta.

Maria Sole Bosaia

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