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“Il lavoro di mio marito stava rovinando la mia famiglia”: denuncia una mamma

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Valentina Colmi

Recentemente vicino a dove abito io, una donna ha chiamato l’ambulanza dicendo di aver trovato una bambina abbandonata avvolta in una coperta. I medici hanno subito notato che la piccola, nata da poche ore, era ben vestita e al caldo e allora hanno cominciato a farsi delle domande. Al resto ci ha pensato la donna, che, dopo essere stata portata dai Carabinieri, ha confessato quasi subito che quella piccola era sua figlia. La mamma, che ha già un bambino di 2 anni, ha partorito con anticipo mentre il marito si trovava al lavoro. Ha fatto tutto da sola.

Quando le donne restano sole dopo che il papà torna al lavoro

Questa donna ha trovato il coraggio di chiedere aiuto, pur nella non lucidità, ma il punto è sempre uno e uno solo: le donne sono lasciate da sole. Si dice che i figli sono della coppia, eppure al fatto pratico poi sono più spesso delle madri. Perché i papà, almeno in Italia, hanno tre giorni di congedo obbligatorio  e poi devono tornare al lavoro. Siamo lontani anni luce dai Paesi del Nord dove i mesi sono addirittura 9.

Olivia Hinebaugh è una mamma statunitense che ha raccontato in un post su Romper come il lavoro di suo marito stesse distruggendo la sua famiglia, dopo che è nato il loro primo figlio.

Il papà è stato a casa per una settimana e voleva essere coinvolto in ogni attività riguardante il bambino. “Prima che il bambino nascesse ero abituata a considerarlo il mio partner. Per tutto. Se leggevo un libro lui lo leggeva dopo di me” e poi all’improvviso è cambiato tutto.

Olivia probabilmente è stanca di fare tutto da sola: “Ero nella nebbia di un’ansia post partum non diagnosticata (e non ho ricevuto alcun trattamento per mesi). Non potevo stare a sentire mio figlio che piangeva. E se mio marito faceva qualcosa che pensavo fosse la causa del malessere di mio figlio, lo interrompevo e prendevo mio figlio. Non riuscivo a smettere di dirgli di fare ogni minima cosa”.

Improvvisamente non ci sentivamo più come partners. Io ero stanca di fare tutto, e il mio compagno era escluso dal legame con il figlio. E ancora peggio, ero io quella che non gli permetteva di legarsi“.

Questa mamma racconta che oggi, a distanza di 5 anni, ha realizzato che il marito non stava sbagliando, semplicemente non faceva le cose nel modo in cui lei aveva imparato a farle, ma che non poteva fermarsi. E conclude dicendo che se avessero avuto più tempo insieme, lei avrebbe sicuramente trovato il modo di affidarsi di più al marito per essere aiutato, senza pensare che lei sapesse meglio di lui come fare. Avrebbero litigato di meno, e avrebbero apprezzato di più i momenti preziosi dei primi anni. E aggiunge: “Il mio compagno impazzisce quando riceve attenzione dai nostri figli, quando loro ridono e giocano con lui. Ma ci sono voluti anni perché lui legasse con mio figlio. E non è stato per mancanza di volontà o di tentativi, è stato dovuto alla mancanza di opportunità“.

Purtroppo si sottovalutano i primi mesi dopo il parto: sono tra i più faticosi per la vita di una donna. E non avere il proprio marito accanto, non avere un aiuto è uno dei principali fattori scatenanti per la depressione post partum.

Il congedo parentale opzionale in Italia è ancora troppo poco usato, come poter cambiare le cose?

Una volta ho visto in un programma tv un neo papà che diceva alla compagna neo mamma: “Io continuo ad andare in palestra un giorno sì e un giorno no, anche se è nata la bambina non è cambiato nulla“. Ecco, molti uomini pensano che tutto sia come prima, solo con un figlio: eh, no, non è così semplice. Tutto cambia, tutto. E prima dei papà dovrebbero saperlo anche i datori di lavoro, favorendo il ritorno delle donne e permettendo invece ai papà, che vogliono essere più presenti, di stare a casa senza penalizzazioni.

A quando questa rivoluzione unimamme?

Intanto vi lasciamo con il post che parla di 7 sintomi per accorgersi se soffri di depressione post partum. 

Valentina Colmi

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