Giovani e rapporto con il denaro: come insegnare a gestire i soldi fin da piccoli

gestione denaro bambini

Qual è il rapporto tra giovani e risparmio? Come devono comportarsi i genitori nell’insegnare ai figli la gestione del denaro? A questi interessanti temi hanno risposto degli esperti.

Sono cresciuta con mia nonna, la quale a propria volta ha vissuto la Guerra per cui sa bene cosa significa essere molto poveri. Quando ha incominciato a lavorare e ad avere i primi stipendi li metteva in famiglia (lei era la maggiore di 4 sorelle), anche se un po’ se li teneva per sé, senza dirlo a nessuno.

Negli anni sono cresciuta con il mito della “cassettina”: risparmiare per un’obbiettivo. Anche mia madre ha ereditato la capacità di mettere da parte il denaro: in questo modo ha potuto regalarsi ciò che desiderava per la casa. Ci ha messo tempo e pazienza, ma alla fine ha ottenuto quello che voleva.

C’è da dire che mia madre – pur avendo un bancomat – dice di non essere capace di fare un prelievo allo sportello, per cui “viaggia” ancora con il caro e vecchio contante. Per esempio va in banca una volta al mese e prende la somma che le serve per gestire le 4 settimane.

Io invece sono l’opposto: non ho mai soldi contanti con me e anche per la più piccola spesa pago con il bancomat. Spesso faccio acquisti on line – cosa che invece i miei genitori non fanno se non tramite me – e devo dire che non sono una particolare risparmiatrice.

Per questo adesso che sono genitore dovrei insegnare alle bambine ad avere un rapporto sano con il denaro. Credo che non si debba sperperare, ma neanche vivere una vita piena di rinunce per la paura di spendere (ovviamente quando non si hanno problemi economici).

Devo dire di essere stata sempre particolarmente fortunata – e così lo sono le mie figlie – perché sempre mia nonna  e mia zia ci hanno viziato negli anni con alcuni regali in denaro in occasione dei compleanni o delle festività. Personalmente nessuno mi ha mai detto che se fossi andata bene a scuola o se mi fossi comportata in un certo modo avrei avuto una ricompensa.

Oggi pare invece che il denaro venga utilizzato come “merce di scambio”: se vai bene a scuola, allora ti dò un premio. Si perde in questo modo il valore di ciò che si sta facendo. Un ragazzo non deve avere un buon profitto perché così avrà dei soldi.

Giovani e rapporto con il denaro: il rapporto Doxakids 

Paolo Venturi, direttore di AICOON, esperto di economia –  in occasione della sua intervista durante il convegno “I giovani e il rapporto con il denaro: dati, riflessioni e visioni per una nuova educazione finanziaria” organizzato da Feduf e DoxaKids con il contributo di American Espress e PaypPall – dice nella sua intervista: “A un ragazzo direi: vai a scuola perché la scuola è un modo per essere parte attiva della nostra società, perché è un luogo per crescere e per essere felici. Poi, se questo si traduce in impegno, buoni risultati allora do un premio. Premio che, poi, è una forma di dono”.

Ragazzi egoisti che chiedono più di dare? Probabilmente perché i ragazzi non hanno idea di che cosa voglia dire guadagnare a seguito di una fatica. Per esempio – come riporta Il Sole 24 ore – metà degli adolescenti intervistati non ha mai ricevuto denaro per un lavoretto fatto. Sembra quasi che i soldi non abbiano né passato né futuro, ma che provengano dai genitori, all’occorrenza usati come bancomat.

Dice Marcello Esposito, economista, sempre in occasione del convegno: “Se volessimo ricostruire la catena associativa impegno-fatica-denaro-acquisto-oggetto acquistato, allora dovremmo anche aiutare i bambini a trattare bene ciò che hanno e che ricevono in dono”. Inevitabile pensare a tutte le volte che i bimbi scartano i regali durante il compleanno o a Natale e passano svogliati da un gioco all’altro. “Sarebbe più edificante – dice Pierangelo Dacrema, anche lui economista – “che i genitori educassero i figli ad amministrare bene ciò che possiedono, a trattare bene le cose di loro proprietà, a cercare di acquisire beni utili: in altre parole, a essere buoni proprietari di cose diverse dal denaro”.

Eppure abbiamo idea di chi siano i giovani che fanno parte della generazione Z, conosciuta anche come iGen, ovvero i ragazzi e bambini nati tra il 1995 e il 2010? Si tratta innanzitutto di una generazione che ha visto più trasformazioni per quanto riguarda il denaro: non più solo cartaceo, ma anche digitale, attraverso app e strumenti on line che permettono di fare acquisti liquidi, in pochi minuti.

Secondo però  la ricerca DoxaKids su un campione di oltre 500 ragazzi tra i 12 e i 18 anni, dice un’altra cosa: la generazione è sì super tecnologica, ma ancora molto legata alle vecchie banconote.

I giovani sono dei bravi risparmiatori? Anche quello, ma risulta pure che:

  • in Italia solo il 35% dei ragazzi è titolare di un conto bancario o postale, mentre la media europea è del  56% 
  • 87% dei ragazzi ha del denaro a disposizione proveniente da regali in occasioni del compleanno o delle festività (74%), in cambio di buoni risultati scolastici (51%) oppure, se si comportano bene (33%).
  • il 47% ha la  paghetta fissa
  • solo al 50% il denaro viene dato come ricompensa per un lavoro

Verrebbe poi naturale pensare che le giovani generazioni facciano acquisti on line come prima scelta: invece no, visto che secondo la ricerca solo un ragazzo su 3 li preferisce ai negozi fisici. Questo anche per un generale pregiudizio nei confronti del commercio on line e delle carte di credito, pregiudizio che spesso proviene dai genitori, come dice Cristina Liverani, Research Manager di Doxa.

Per quanto riguarda invece l’educazione finanziaria dei più giovani, bisogna essere realisti: non esiste un’educazione al denaro, se non all’occorrenza, ovvero riguardo ad un particolare acquisto (68%). Invece temi come:

  •  il risparmio viene affrontato dal 31%
  •  l’educazione agli acquisti online (30%)
  • la comprensione delle carte di credito (20%), 
  • secondo i genitori sono l’esempio e il comportamento che dovrebbero portare a creare appunto un’educazione finanziaria.

In realtà, lasciare questo aspetto così importante come la gestione finanziaria un po’ al caso rischia di sottovalutare un aspetto importante dell’educazione, visto che anche la gestione dei soldi dovrebbe essere insegnata così come gli altri aspetti della vita quotidiana.  Questo anche perché è sicuramente cambiata anche l’autonomia: “Se fino a qualche anno fa un teenager aveva una capacità finanziaria condizionata dagli adulti (tramite la paghetta o la remunerazione di piccoli lavori) e facilmente controllabile in quanto legata all’uso dei contanti, oggi la gestione elettronica del denaro tramite carte, app e altri sistemi innovativi di pagamento rende sicuramente i nostri figli più autonomi nell’utilizzo del loro denaro” ha detto Giovanna Boggio Robutti, Direttore Generale della Fondazione per l’educazione finanziaria e il risparmio (FEduF).

Bisognerebbe quindi applicare di più la behavioural economics, ovvero su tutti quegli aspetti come l’emozione, l’irrazionalità, ma anche la gestione finanziaria possono influenzare gli aspetti legati al denaro. L’educazione finanziaria infatti non è insegnare le nozioni di finanza ai nostri figli, ma – come dice il professor Paolo Legrenzi –  “Educazione finanziaria non vuol dire insegnare loro nozioni di base di finanza, ma aiutarli a capire come funziona la nostra mente in un contesto finanziario”.

Sarebbe per esempio una buona cosa togliere dal contesto l’individualità della gestione dei soldi, ma “moltiplicare i contesti e le occasioni – in famiglia e a scuola – nelle quali possa essere amministrato insieme. Facciamo gestire ad una classe – o a dei fratelli – piccole somme, ascoltiamo le loro riflessioni, educhiamoli a riflettere sul bene comune e non solo su quello individuale. Insegniamo a desiderare, ad aspettare, a risparmiare, a donare, fin da piccoli” scrive Barbara Forresi, giornalista de Il Sole 24 Ore.

E voi unimamme cosa ne pensate? Intanto vi lasciamo con il post che parla di un papà che nasconde i soldi alla figlia quando la va a trovare e la figlia pubblica le foto dei suoi ritrovamenti. 

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