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Italiani, popolo di ignoranti: solo il 4% è laureato
Secondo gli ultimi dati dell’Ocse l’Italia è un Paese in cui si investe poco sull’istruzione.
L’Ocse – l’Organizzazione (internazionale) per la cooperazione e lo sviluppo economico – raggruppa una quarantina di paesi e cerca di fotografare la situazione per istruzione e formazione. L’Italia non ne esce propriamente bene: è emerso infatti che soltanto il 4% dei nostri connazionali è laureato, contro una media europea del 17. Vediamo nel dettaglio cosa dice il documento.
- Livello di istruzione della popolazione. il nostro è ancora troppo basso. Tra i 25/64enni italiani: il 4% ha la laurea, contro il 17% dei paesi Ocse. Nel 2017, l’Italia ha solo 27 giovani di 25/34 anni su cento in possesso di laurea, contro una media Ocse del 44 per cento. Sono soprattutto i maschi a non avere una laurea: nel 2017, meno laureati delle donne (20 per cento contro 33 per cento) e pochissimi progressi negli ultimi dieci anni. Inoltre, in Italia la quota di laureati che lavora è tra le più basse al mondo: appena l’81 per cento. Solo 25 italiani su cento studiano e si aggiornano anche in età adulta, mentre la media Ocse è esattamente il doppio.
- Equità del sistema scolastico: la scuola italiana boccia troppo; con il 3% alla scuola media e il 7% alle superiori supera le rispettive medie internazionali. Il sistema italiano appare però quello più equo perché 71 ragazzi su cento con genitori non laureati proseguono gli studi all’università (la media è del 47%).
- Finanziamento dell’istruzione: L’Italia spende mediamente meno degli altri paesi per l’istruzione e in media uno studente italiano paga in tasse mille e 647 dollari a testa e soltanto in 20 su cento ricevono un supporto economico. In Finlandia per esempio non esistono tasse universitarie e il 55 per cento degli studenti riceve un sussidio.
- Il sistema scolastico italiano: In media, gli alunni italiani passano in classe le stesse ore dei loro coetanei secondo l’Ocse. Gli insegnanti italiani guadagnano in media dal 7 al 12 per cento, anche se poi questo divario si allarga al 25 per cento a metà carriera. E l’impegno lavorativo? Un poco inferiore a quello dei colleghi, anche se l’età media è quella più alta.
E voi unimamme cosa ne pensate? Intanto vi lasciamo con il post che parla di la “scuola che verrà”: il manifesto in 6 punti per cambiarla.
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