Il grano antico è più dannoso per i celiaci di quello moderno, dice uno studio scientifico recente.
Non è sempre vero che il cibo di una volta sia salutare per tutti. Così è per il grano antico, reintrodotto in molte colture, ma più dannoso per i celiaci di quello moderno. I grani antichi coltivati in Italia, infatti, contengono più proteine e rilasciano una quantità maggiore di peptidi che scatenano la celiachia rispetto a ai grani moderni.
Uno studio scientifico ha stabilito che il grano antico è più dannoso di quello moderno per i celiaci. Infatti, i grani antichi, come quelli coltivati in Italia, contengono più proteine e quindi rilasciano una quantità maggiore di peptidi scatenanti la celiachia rispetto a quelli moderni. Lo studio è stato condotto dal gruppo Cerealicoltura e Colture industriali del Crea, con sede di Foggia, insieme alle Università di Modena e Reggio Emilia e di Parma, all’interno del progetto “Antiche varietà di frumento duro e salute”, e pubblicato sulla rivista Food Research International, con il titolo: Comparison of gluten peptides and potential prebiotic carbohydrates in old and modern Triticum turgidum ssp. genotypes, Confronto tra peptidi di glutine e potenziali carboidrati prebiotici nei genotipi di Triticum turgidum ssp antico e moderno.
I ricercatori hanno confrontato nove grani antichi, diffusi nel Sud Italia e nelle Isole dagli inizi del 1900 fino al 1960, considerati ormai obsoleti, con 3 grani moderni. Nel confronto hanno valutato le componenti che provocano una reazione immunitaria alle persone celiache e il contenuto di carboidrati potenzialmente prebiotici (ovvero quelli che non vengono assorbiti dall’organismo, ma sono utilizzati dalla flora intestinale), come amido resistente (non digerito dall’apparato digerente) e fibre.
I campioni di grano sono stati coltivati e raccolti presso il Crea nelle stesse condizioni sperimentali di campo e macinati. Lo sfarinato integrale è stato sottoposto a digestione in vitro. I frammenti di proteine sono stati analizzati con la cromatografia accoppiata alla massa per identificare e quantificare il tipo di proteine. Sono stati analizzati in particolare quei frammenti che scatenano la risposta immunitaria tipica della celiachia.
Nell’analisi delle componenti prebiotiche è stato selezionato un grano antico ed uno moderno, con valori contrastanti per quantità di fibra e/o amido resistente, quindi è stata prodotta la pasta in diverse condizioni di essiccamento. Su ogni tipologia di pasta è stata valutata la presenza di amido resistente, prima e dopo la cottura.
Lo studio ha accertato che rispetto ai grani moderni, i grani antichi hanno una maggiore componente proteica e rilasciano quantità superiori di peptidi, che scatenano la celiachia.
Riguardo al contenuto di prebiotici, come amido resistente, i controlli effettuati dopo la cottura della pasta non hanno evidenziato differenze sostanziali, quindi è escluso un potenziale prebiotico superiore nei grani antichi.
Donatella Ficco coordinatore del team Crea afferma: “Sebbene l’indagine sia stata condotta su un numero limitato di genotipi, rappresenta un importante contributo di conoscenza su un argomento molto dibattuto, su cui il consumatore fa fatica a distinguere la moda dalla scienza e in cui spesso, purtroppo, la disinformazione regna sovrana, a danno del portafoglio e della salute”.
La conclusione, dunque, è che non è vero che gli alimenti di una volta siano più salutari di quelli di oggi e questo vale anche per il grano antico. Ricordiamo comunque che nessun celiaco può consumare prodotti ottenuti da grano, segale, farro, orzo e avena.
Dello studio ha scritto Il Fatto alimentare.
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