Negli ultimi tempi un gioco molto pericoloso spopola tra i ragazzi ed adolescenti. Si chiama “Blue Whale Game” o “Il gioco della balena blu“. Tutto è, tranne che un gioco, si tratta infatti di un rituale pericoloso che dura 50 giorni dove i ragazzi devono affrontare 50 sfide.
I ragazzi vengono contattati e comunicano tra di loro attraverso i social network e le chat. In queste sfide i ragazzi arrivano ad infliggersi autolesioni e subiscono un lavaggio del cervello, arrivando, fino al suicidio. Lo scopo del gioco è appunto quello di togliersi la vita.
Il fenomeno è molto conosciuto all’estero, ma anche in Italia sta prendendo il sopravvento tra gli adolescenti. E’ di questi giorni la notizia che a Milano una ragazza di 23 anni è stata accusata di atti persecutori e violenza privata aggravata legati al fenomeno della “Blue Whale Challenge”.
Sembrerebbe essere il primo caso accertato di Blue Whale a Milano. Il processo si terrà il 16 aprile davanti al giudice monocratico della nona sezione del Tribunale.
La vicenda risale al 2017 ed è stata scoperta grazie ad un’inchiesta sul fenomeno della “Blue Whale Challenge”. Una giornalista si è finta una minorenne pronta alla “sfida”, ha aperto un profilo sui social ed è entrata in contatto con una 14enne di Palermo che, invece, aveva già cominciato a giocare per davvero.
La giornalista ha denunciato alle forze dell’ordine quello che stava accadendo, così si è scoperto che la 14enne di Palermo era in contatto una ragazza di 23 anni. La 23 enne si era spacciata per “curatore” del gioco ed attraverso Instagram e Facebook aveva contattato la 14enne. Aiutata da un minorenne, ha costretto la ragazzina ad infliggersi tagli sul corpo e ad inviarle quindi le foto, come prova delle 50 prove di coraggio.
Dal capo d’imputazione si legge: “La 23enne, con la complicità di un 16enne di origini russe, avrebbe provocato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, mettendo a rischio la propria incolumità. L’imputata, tra il maggio e il giugno del 2017, avrebbe contattato la ragazzina, ai tempi 12enne, mediante profili Instagram e Facebook come “curatorlady“, sostenendo di essere uno dei “curatori” del gioco, 50 prove quotidiane, consistenti in atti di autolesionismo. Con lo scopo di recare dolore e/o disagio alla persona, sino alla prova conclusiva consistente nel suicidio mediante salto nel vuoto dal tetto di un edificio“.
Dagli accertamenti informatici, gli inquirenti sono venuti a conoscenza dei gesti che la vittima doveva compiere: “Se sei pronta a diventare una balena, inciditi “yes” sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per autopunirti“. Oppure: “Prendi il rasoio, ora ti fai un taglio sotto il piede sinistro e un taglio sotto il piede destro, un taglio sul palmo della mano destra e un altro sul palmo della mano sinistra e mi invii le foto“.
Inoltre la “curatrice” avrebbe minacciato la ragazzina intimandole di conoscere il luogo da dove si connetteva, conoscendo il sui indirizzo IP e che l’avrebbe uccisa se avesse interrotto la sua partecipazione alla “Blue Whale Challenge”.
Il GUP Anna Magelli ha rinviato la 23enne, a giudizio davanti al giudice monocratico della nona sezione penale del Tribunale. L’avvocato difensore, Isabella Cacciari, ha chiesto: “Il non luogo a procedere per la sua assistita perché negli atti non ci sono gli elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio“. L’indagine è coordinata dal pm di Milano Cristian Barilli.
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