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Salute e benessere bambini

Coronavirus | “Ho solo una speranza”: lo sfogo un medico in prima linea

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Maria Sole Bosaia

Una testimonianza da un medico in prima linea contro il Coronavirus in uno degli ospedali principali di Milano, il dottore si sente abbandonato e lancia un grido d’aiuto.

Coronavirus Ho solo una speranza lo sfogo un medico in prima linea Universomamma.it

In queste settimane il personale medico, in particolar modo quello delle regioni del Nord, sta facendo l’impossibile per garantire le cure ai pazienti affetti da Coronavirus, e oggi vi riportiamo una nuova testimonianza che spiega anche i motivi di questa situazione.

Notizie dal fronte degli ospedali milanesi contro il Coronavirus: la testimonianza di un medico

Ecco cosa dice un medico di medicina generale di un ospedale milanese nel blog del Fatto Quotidiano.

Sono un medico di Medicina Generale a Milano, uno di quelli in primissima linea, mandati allo sbaraglio come i fanti della Prima Grande Guerra, senza i Dpi (Dispositivi di Protezione Individuale), con notizie contrastanti ma più spesso assenti da chi dovrebbe informarci, lasciati al nostro destino. Siamo già più di 150 (dato del 9 marzo) in isolamento in quanto positivi al Coronavirus, questo perché nessuno ci ha fornito dei mezzi di protezione adeguata, e solo i più previdenti e fortunati, come il sottoscritto, sono riusciti ad acquistare mascherine a norma, modello FFP2 o FFP3, prima che andassero esaurite, guanti chirurgici monouso, disinfettanti spray e gel per sanificare la strumentazione e le sale di visita e di attesa. Però la situazione è drammatica: finalmente anche quelli che mi prendevano in giro perché indossavo maschera e guanti (“ma dottore, guardi che carnevale è già finito…”) sono diventati improvvisamente più responsabili, più coscienti, più civili! Ho già quattro casi certi positivi al tampone, tre in isolamento domiciliare e uno ricoverato in terapia intensiva in condizioni gravi, più tutta una serie di casi “limite”, ovvero pauci-sintomatici ma che comunque ho “blindato” al proprio domicilio con mille raccomandazioni e tele-videoconsulti quotidiani…

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Ho solo una speranza, che quando tutto sarà passato ci si renda conto che andare avanti così come abbiamo fatto fino ad oggi non è più possibile in questi tempi di globalizzazione estrema; che i tagli alla Sanità, con la chiusura di numerosi presidi sanitari e ospedalieri locali, il taglio del personale, la mancanza di programmazione per me inconcepibile (come si fa a non fare un banale “conto della serva” basandosi sulla data di nascita di tutti noi medici…), tutte queste misure prese per riversare fondi su altre iniziative aleatorie e propagandistiche sono stati degli errori inconcepibili e irripetibili, fatti da persone che non hanno saputo/voluto tenere in conto quello che più conta in assoluto, ovvero la salute!”
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Un grido di aiuto certo, ma anche un’attribuzione di colpe. Secondo le informazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il nostro Paese ha infatti dimezzato i posti letto per i casi acuti e la terapia intensiva, passati da 575 ogni 100 mila abitanti ai 275 odierni. Questo taglio, che ha raggiunto la percentuale del 51% è andato avanti, progressivamente, dal 1997 al 2015. In questo modo l’Italia è finita al fondo della classifica europea.
Per quanto riguarda i tagli al personale sanitario tra il 2009 e il 2017 più di 46 mila unità di personale dipendente sono andati persi. Stando alla Ragioneria di Stato abbiamo perso più di 8 mila medici e 13 mila infermieri. Questo spiega la situazione quasi al collasso degli ospedali del Nord, mentre al Sud e nel centro ancora meno attrezzate e con minor personale il sistema sanitario potrebbe non essere in grado di fronteggiare la diffusione del Coronavirus.
Negli ultimi 10 anni si sono persi 70 mila posti letto. Secondo l’ultimo annuario statistico del ministero della Salute nel 2017 il servizio sanitario nazionale disponeva di circa 191 mila posti per degenza ordinaria, solo 3,6 posti ogni 1000 abitanti, scendendo a 3,0 ogni 1000 abitanti dedicati ai sintomi acuti, confermando la media indicata dall’OMS. La maggioranza, naturalmente, in strutture pubbliche, mentre il 23,3% in strutture private accreditate.  Ci sono solo 5090 posti letto in terapia intensiva.
Nel 2017 la spesa sanitaria italiana è stata il 6,6% del Pil, meno di Francia, Germania e Regno Unito, di poco superiore persino alla Repubblica Ceca.
Nonostante tutto questo il nostro sistema sanitario pubblico rimane per qualità ed efficacia delle prestazioni uno dei migliori in Europa e nel mondo. Ci sono però molte diseguaglianze. La decrescita degli investimenti, per esempio, ha rallentato l’ammodernamento delle apparecchiature. Ora il nostro governo sta approntando nuove apparecchiature, personale, spazi per le terapie intensive.
Ciò che possiamo fare noi cittadini è restare a casa, solo così potremo davvero fare la differenza e permettere al nostro sistema sanitario di non collassare.
Unimamme, da queste parole risulta lampante la gravità dell’emergenza e di come, anni di incurie ora si ripercuotano drammaticamente sul personale e i malati. Cosa ne pensate delle parole di questo medico riportate su Il Fatto Quotidiano?

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Maria Sole Bosaia

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