Parti cesarei in aumento: un fenomeno destinato a crescere, perché?

Secondo un recente studio i parti cesarei sono in continuo aumento in Italia e sembra un fattore destinato a crescere sempre di più, perché?

neonata nasce arrabbiata
Neonata nasce “arrabbiata”: la foto è virale |FOTO Universomamma.it

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità i parti cesarei ultimamente sono aumentati a dismisura.

Il fenomeno ha colpito tutta l’Italia, ma ci sono delle regioni in cui l’aumento è più sostanzioso rispetto ad altre. Ad esempio la Campania, dal 1996, è al primo posto tra le regioni italiane per la frequenza dei tagli cesarei, passando dal 36,3% al 51,4%.

Ma perché questa pratica ha vauto un balzo così importante?

Se si fa un salto indietro, è possibile notare come il cesaro esista fin dai tempi degli antichi romani. Tanto che si dice che sia Giulio Cesare sia Esculapio siano nati attraverso un parto di questo tipo.

Anche in epoca medievale vengono eseguiti tagli cesarei e la sua definizione scientifica è “sectio caesarea post mortem”. Nonostante il termine questi erano applicati anche su donne vive, probabilmente nei casi in cui vi era la ristrettezza del bacino, nei cosiddetti “travagli ostruiti”.

Nel 1700 però vi è una netta separazione tra l’ostetricia del sapere intuitivo e l’ostetricia scientifica, tanto che quest’ultima ha fissato le indicazioni sul taglio cesareo che sono rimaste valide fino agli anni Sessanta.

Le indicazioni erano:

  • disproposizione tra la testa fetale e l’ingresso pelvico
  • restringimento estremo dell’uscita pelvica
  • una forte contrazione del piano mediano del bacino
  • un taglio cesareo precedente

I professori dell’epoca avevano già intuito i pericoli che si sarebbero potuti verificare, inerenti soprattutto all’aumento dei casi. Tanto che alcuni testi riportano strane diciture proprio per giustificare il ricorso alla pratica come “figlio prezioso”.

Parti cesarei in aumento: quali sono le motivazioni?

Parto cesareo (fonte unsplash)
Parto cesareo (fonte unsplash)

Ma, al di là della storicità della pratica, come mai il taglio cesareo è in continuo aumento?

Uno dei fattori che determina ciò è il fatto che una donna si sia già sottoposta precedentemente a un taglio cesareo, cosa che rappresenta un elemento di moltiplicazione esponenziale del numero dei cesarei.

L’Istituto Superiore di Sanità, quindi, è andato a controllare se ci fossero dei reali vantaggi da questa crescita soprattutto negli esiti perinatali. Ne è emerso che negli ospedali con un tasso medio di cesarei più basso della media nazionale hanno una bassa mortalità perinatale e morbilità neonatale. Invece regioni con alto tasso di cesarei hanno un’alta mortalità perinatale e morbosità neonatale.

Di conseguenza non sembrano esserci dei grandi vantaggi.

Inoltre a ciò si aggiunge il fatto che i tagli cesarei aumentano il rischio di morte per una donna e che l’intervento chirurgico ha un costo economico non indifferente per lo stato.

Nel 70% dei casi in cui il taglio cesareo viene effettuato, queste sono le 4 indicazioni principali: sofferenza fetale, distocia dinamica, presentazione podalica e pregresso cesareo.

Una domanda sorge spontanea però, quali sono le motivazioni che portano molte strutture mediche a spingere le donne in attesa a scegliere il parto cesareo, soprattutto quando non ci sono gravi motivazioni? E soprattutto come trovare una soluzione?

Innanzitutto ci sono tanti aspetti da prendere in considerazione come ad esempio: un’elevata medicalizzazione, l’enorme numero di esami che vengono effettuati nell’ultima parte della gravidanza e anche un’impreparazione da chi dovrebbe assistere al parto.

Pare che uno dei maggiori problemi del nostro Paese è il fatto che le sale parto sono costituite da una generazione di medici educati a risolvere ogni problema con un taglio cesareo, ma che poco conosce delle manovre ostetriche.

Con grande probabilità molti cesarei effettuati sembrano essere del tutto preventivi proprio per prevenire delle eventuali emergenze ostetriche difficili da fronteggiare.

Per questo motivo bisognerebbe puntare molto di più sulla specializzazione degli operatori sanitari in questo campo, in modo tale che siano preparati ad ogni situazione.

Ecco, infatti, cosa si legge sulla pagina Epicentro, Istituto Superiore di Sanità: “dunque sarebbe importante mettere in atto un’operazione che preveda un’operazione nazionale di audit sul modello inglese e sulla base dei risultati agisca e sui modelli organizzativi (ad esempio con l’implementazione/creazione di network in cui i punti nascita lavorino in rete secondo un modello hub and spoke, in cui esistano criteri espliciti di selezione delle pazienti per indirizzarle verso il punto nascita più appropriato per complessità di cure erogate e in cui esista un vincolo, per il centro, di diffusione delle competenze cliniche verso i centri più periferici) e sui modelli della formazione professionale (esigendo ad esempio dalle scuole di specializzazione delle facoltà di medicina la consegna al servizio pubblico di ginecologi che sappiano fare anche gli ostetrici e l’onere dell’aggiornamento del personale già in forza al servizio pubblico)”

E voi unimamme eravate a conoscenza di questa situazione?

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