Una leggenda vestita di rosso incontra un laboratorio inglese: mentre le luci di Natale si accendono, un team scientifico dà un volto credibile al santo dietro il mito.
Ogni dicembre vediamo Babbo Natale ovunque. Ha guance rosee, pancia generosa e cappello con pon pon. Un’icona pop, certo. Ma prima della pubblicità e dei cartelloni c’è un uomo reale: San Nicola di Mira, vescovo del IV secolo, le cui reliquie sono custodite a Bari dal 1087. Qui la storia si fa interessante. Perché dietro l’immagine zuccherina del Santa Claus moderno, la scienza ha cercato tracce concrete. E quando c’è di mezzo un cranio antico e un archivio di misurazioni, la curiosità non resta a lungo senza risposta.
Gli studiosi non “inventano” un volto: partono da dati anatomici, da misure del cranio, da spessori medi dei tessuti, da marker etnici e dall’età stimata. In Inghilterra, il Face Lab della Liverpool John Moores University ha applicato questi metodi a San Nicola, così da proporre una fisionomia plausibile del santo che ha ispirato Babbo Natale. Il lavoro si basa su materiali affidabili: le misurazioni pubblicate nel 1957 dal professor Luigi Martino, effettuate sulle reliquie di Bari, e la letteratura antropometrica consolidata. Non tutti i dettagli sono stati resi pubblici o aggiornati con TAC moderne; quando mancano, i ricercatori usano standard forensi e indicazioni storiche. È una prassi rigorosa, ma non onnisciente.
A metà strada fra santità e quotidiano, il modello tridimensionale mostra un uomo reale. Lineamenti robusti. Naso importante, con segni compatibili con una frattura cicatrizzata. Zigomi pronunciati. Mascella forte. Occhi infossati, sguardo intenso. Tutto combacia con un maschio adulto dell’Asia Minore tardoantica. Il colore della pelle e dei capelli non è dato “certo” dalla scienza; il team propone toni coerenti con il Mediterraneo orientale, mentre la barba segue l’iconografia episcopale dell’epoca. È qui che la leggenda si stringe alla documentazione: niente slitta, niente cappuccio rosso, ma un vescovo dal profilo severo e umano.
Grazie al lavoro della professoressa Caroline Wilkinson e del suo gruppo, che hanno già firmato ricostruzioni storiche note. Per verificarlo bastano fonti attendibili: Face Lab (ljmu.ac.uk, sezione Face Lab) e testate come Smithsonian Magazine, che nel 2014 ha raccontato il progetto e i metodi usati (smithsonianmag.com). La Basilica di San Nicola a Bari conserva a sua volta documenti e riferimenti sugli studi condotti nel tempo. Siamo nel terreno dell’archeologia forense, non della fantasia.
Perché la scienza non toglie poesia al Natale. La sposta, semmai. La porta dal camino all’archivio, dal jingle alla storia. E ci ricorda che la generosità attribuita a San Nicola nasce da un volto concreto, forse segnato dalle prove, certo non patinato. Nel mio immaginario, questo dettaglio cambia la luce di dicembre: regala spessore a un gesto gentile, radici a un rito collettivo.
Vediamo meno un mito e più una presenza. Un uomo che poteva camminare fra porti e mercati dell’Anatolia, ascoltare e decidere, aiutare senza farsi notare. Forse è questa la rivelazione più grande: e se il vero miracolo di Babbo Natale fosse assomigliare, finalmente, a qualcuno di reale?
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