La parte più difficile è stata quella di andarmene, sapendo che non potevo raggiungerlo.
Per molti andarsene è la cosa più salutare, ma data la mia vita e quello a cui avevo dedicato il mio cuore, andarmene mi avrebbe distrutta. Avevo amici e famigliari che dicevano “Diana, non puoi raggiungerlo, lascialo andare, lascialo stare”. Ma io non potevo perché, se l’avessi fatto mi sarei sentita come se avessi mentito a me stessa.
Alcuni giorni non potevo vederlo perché faceva troppo male osservarlo in quel posto. Era come guardare qualcuno morire, lentamente, senza sapere come salvarlo. Esisteva in questo altro mondo, questo altro reame, stava combattendo con qualcuno, litigando con qualcuno.
La macchina fotografica mi ha aiutata. Non potevo interagire con lui così usavo la macchina fotografica come uno scudo, come una barriera così potevo rimanere a guardarlo più a lungo, osservarlo attraverso le lenti e avere qualche scopo, rimanere e vedere cosa succedeva, sapendo che in seguito avrei potuto guardare gli scatti ed elaborare i miei sentimenti.
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