Referendum Trivelle: 12 cose da conoscere per votare consapevoli

referendum trivelle
Domenica 17 aprile si vota il Referendum Trivelle
per decidere se chiudere o meno una parte dei pozzi di gas e petrolio.

Purtroppo, come spesso accade in Italia, la pressione non è tanto sul dibattito riguardante il quesito che si andrà o votare, ma sull’opportunità o meno di farlo.

Referendum Trivelle: andare a votare è un diritto da esercitare

Quello che conta infatti, perché l’espressione delle nostre volontà sia valido è l’affluenza che, notoriamente, non è alta nemmeno quando in gioco ci sono le elezioni delle persone che dovrebbero presentarci.

Si può dibattere sull’etica concernente il dissuadere esplicitamente le persone dall’andare a votare sabotando di fatto il referendum, ma la realtà è che questo è già successo in passato e sta accadendo di nuovo.

Celebri esempi sono stati il referendum del 1991 sulla preferenza unica, disertato dagli italiani e quello del 2005 sulla fecondazione eterologa dove il cardinal Ruini invitò il gregge di fedeli a disertare le urne.

Ma il disinteresse conclamato verso la politica e la gestione del nostro Paese è figlio dei nostri tempi, negli anni Settanta gli italiani erano smaniosi di farsi sentire, come per esempio nel caso del celeberrimo referendum sul divorzio del 1974 dove andarono a votare quasi il 90% degli elettori.

Per combattere l’astensionismo sussiste una correzione al ribasso del quorum  (se il referendum è sostenuto da 800 mila firme).

Il “voto” però è un dovere civico  recita l’articolo 48 della Costituzione, ma mentre il Presidente della Repubblica Mattarella ha dichiarato che andrà a votare, altri esponenti politici di rilevanza l’hanno sconsigliato.

Queste persone fingono di ignorare l’articolo 98 del testo unico delle leggi elettorali per la Camera, cui rinvia la legge che disciplina il referendum e che dice che i predicatori dell’astensionismo rischiano la galera.

Vediamo insieme, un po’ più nel dettaglio, in cosa consiste questo Referendum Trivelle.

Cosa sono le Trivelle: come funzionano e cosa implica il voto espresso al referendum

  • Cosa sono le trivelle: come riporta Green me si tratta di perforazioni in profondità nel terreno per la ricerca di petrolio e di gas. Sono operazioni difficili e le piattaforme rischiano di rilasciare sostanze molto pericolose nel fragile ambiente marino, già provato dalla loro presenza.

Secondo i dati di Legambiente le piattaforme producono il 27% del totale del gas e il 9% del greggio prodotto in Italia. Nel 2015 la produzione è stata di 542.881 tonnellate di petrolio e 1,84 Sms (standard metricubi) di gas.

  • La pericolosità dell’estrazione di gas e petrolio: le operazioni di estrazione inquinano il mare e i suoi abitanti, per non parlare poi del fatto che gas e petrolio alimentano l’industria dei combustibili fossili, usati per creare molte sostanze tossiche.
  • E se vincessero i sì? le perforazioni finirebbero solo progressivamente. Non ci saranno altre proroghe ai contratti precedentemente stabiliti.
  • E se il gas finisse? Bisogna ricordare che il nostro fabbisogno energetico dipende comunque dalle importazioni da altri Paesi.
  • Le Trivelle non italiane: la Croazia ha 19 piattaforme per l’estrazione del gas nell’Adriatico ma ci sono moratorie contro nuove trivellazioni.
  • Con il sì stop alle trivelle: si cancellerebbe subito quella norma che consente l’estrazione di petrolio e gas senza limiti di tempo. Il Parlamento non può intervenire per cambiare la decisione preda dalla volontà popolare.

Ma se ancora foste un po’ incerti, come riferisce Green me, sappiate che:

  • il referendum chiede di interrompere l’estrazione allo scadere delle concessioni dello Stato italiano, impedendo di ripristinarle (alcune scadono a breve, altre tra 10-20 anni)
  • le quantità interessate sono tra il 3% e l’1% del fabbisogno nazionale di idrocarburi e non è garantito che proprio quel prodotto sia destinato agli italiani
  • lo Stato italiano fa delle concessioni alle compagnie petrolifere per l’estrazione e a volte le royalties non vengono incassate a causa di una franchigia annua al di sotto della quale l’impresa concessionaria non deve nulla allo Stato
  • per quanto riguarda le persone che ci lavorano i numeri non sono certi, si va da decine a centinaia o poche migliaia nell’indotto, tutti però hanno contratti a scadenza
  • non c’è relazione tra esito del referendum e sviluppo di impianti a fonti rinnovabili, però sarebbe un bel segnale da dare in difesa dell’ambiente
  • le piattaforme coinvolte nel referendum non hanno registrato incidenti eclatanti. Le compagnie non hanno il dovere di dimostrare gli accorgimenti che adotterebbero in caso di emergenza perché secondo il legislatore incidenti simili sarebbero “impossibili”. Ricordiamo però che metà delle piattaforme in questione sono state installate prima del 1986 e quindi non sono state sottoposte a valutazioni dell’Impatto Ambientale.

Unimamme e voi andrete a votare per esprimere la vostra opinione?

Ne avete parlato con i vostri bambini?

Dopotutto si tratta anche di dare l’esempio ai nostri bambini su come esercitare il nostro senso civico.

 

 

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