Figli che si ammalano a causa della mamma: la Sindrome di cui poco si parla

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Si chiama “La Sindrome di Munchausen per procura. Malerba: storia di una infanzia lacerata “, ed è il racconto di vita di Roos Boum, una donna che a causa della sua presunta malattia, è stata trascinata nella sua infanzia da un medico all’altro, da un ospedale all’altro. Non ha concluso gli studi a causa delle troppe assenze a scuola cercando così di assecondare le sue passioni per lavorare. A quarant’anni la scoperta: sua madre le aveva mentito da quando era nata e lei non era mai stata malata.

Sindrome di Munchausen: cos’è

Una storia vera, divenuto un romanzo autobiografico edito da Franco Angeli, è il nostro spunto di approfondimento per capire qualcosa in più rispetto ad una malattia di cui si parla molto poco ma che potrebbe rappresentare un fenomeno molto più diffuso e doloroso di quanto si pensi.

La Sindrome di Munchausen per procura: di cosa si tratta?

Per sindrome di Munchausen, conosciuta anche come “sindrome da dipendenza dell’ospedale, s’intende un disturbo psichiatrico in cui le persone colpite fingono la malattia od un trauma psicologico per attirare attenzione e simpatia verso di sé. Questi disturbi fittizi spesso non sono immediatamente individuati dal medico ma anzi, nella maggior parte dei casi, vengono scoperti solo dopo aver escluso con una serie di esami le possibili cause della sintomatologia.

Quando è qualcun altro la causa della sindrome si parla di sindrome di Munchhausen per procura. A esserne afflitte sono per lo più le madri le quali  arrecano un danno fisico al figlio/a per attirare l’attenzione su di sé. Il bambino viene usato quindi per appagare un desiderio del genitore di mettere in atto un dramma personale.

Da quanto è emerso da uno studio condotto tra il 2007 ed il 2010 dall‘Università Cattolica del Sacro Cuore – Policlinico universitario Gemelli di Roma condotto su 751 bambini ricoverati nel reparto di Pediatria del Gemelli:

  • il 2% dei bambini ricoverati presenta una patologia fittizia,
  • solo in alcuni di questi casi viene diagnosticata la sindrome Munchausen,
  • in 4 casi sono stati riscontrati i criteri per effettuare la diagnosi della sindrome e cioè è stato accertato sia stato un genitore, o entrambi, ad arrecare un danno fisico o psichico al bambino e indurlo a pensare di essere malato. In 3 casi su 4 si è trattato della madre.

Da quanto hanno riferito gli esperti, nei casi in cui si è palesato un disturbo fittizio  quasi sempre si è trattato di disturbi inventati dal bambino stesso. 

Quali sono i sintomi?

Nella sindrome di Munchausen per procura di cui si parla su Repubblica,  i piccoli presentano sintomi di un disturbo organico provocato da:

  • azioni manipolatorie di tipo psicologico messe in atto dalla persona che si prende cura di loro, quasi sempre la madre.  Il genitore fa al figlio con un vero e proprio lavaggio del cervello con frasi come, “stai male”, “sei debole“, “rischi di morire“. Creando così un forte malessere al piccolo.
  • azioni di tipo fisico: in altre situazioni l’adulto provoca ferite, lesioni o somministra al piccolo sostanze tossiche.

Lo scopo finale è quello di far sospettare una malattia più o meno grave che richieda frequenti consulti o ricoveri o interventi chirurgici. Il danno psicologico che si determina sulle vittime è devastante, ma per i medici è molto difficile riuscire ad identificarla.

Insomma, siamo di fronte ad una vera e propria forma di abuso nei confronti dei minori, una forma subdola che può portare anche a epiloghi estremi quali la morte del piccolo.

La situazione in Italia e l’importanza del  pediatra

A livello internazionale la sindrome è ben riconosciuta ma in Italia, come in molti Paesi del mondo, si tratta ancora oggi di un fenomeno sottostimato e riconosciuto con difficoltà, tanto che possono passare anche anni prima di giungere alla diagnosi corretta, con il rischio evidente di sottoporre il bambino a esami e terapie inutili o addirittura dannose.

Per tutti questi motivi sarebbe bene agire per comparazione. Quando il pediatra si trova di fronte a sintomi importanti e che durano da molto tempo senza una conferma laboratoristica e strumentale, è bene pensare alla possibilità di questa patologia. Per accorciare i tempi della diagnosi sarebbe utile:

  • un accesso in rete a informazioni sulla storia clinica del bambino,
  • sapere quante volte è stato ricoverato in altri ospedali, e questo perché spesso le madri o chi inventa la malattia peregrinano da una struttura all’altra.

Una volta riconosciuta la sindrome bisogna poi prestare aiuto oltre che al bambino anche alla madre stessa, garantendo un’assistenza psicologica adeguata.

Care Unimamme, non conoscevo questa sindrome e ne ho scoperto l’esistenza attraverso le parole intervista di Roos Boum. Mi viene da aggiungere quanto importante possa essere l’attenzione e della famiglia e delle persone che stanno vicine al bambino e la madre nell’evitare tutte le conseguenze di questa subdola sindrome.

Voi che idea vi siete fatte? Cosa ne pensate?

 

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