Sviluppo del feto: quella voglia di normalità

Ed eccoci lì, ancora incredule. Siamo incinta.
Aspettiamo il nostro bambino. Ora sappiamo che un piccolo e veloce cuore pulsa nella nostra pancia e dentro di noi. In ogni parte di noi. Da quando abbiamo ascoltato quel cuore da maratoneta in una sala un po’ sterile ma improvvisamente tanto meno fredda.

donna incinta  sorridente osserva l'ecografia del suo bambino
Fa che sia tutto normale
Arrivate, ognuna con la propria storia, al momento delle tante analisi da fare.
E ogni volta si aspetta l’appuntamento con quel piccolo cuore con gioia e preoccupazione.
Forse la frase che ogni mamma si ripete, in ogni lingua e rivolta a tanti tipi di entità superiori, è semplicemente questa: “Fa che sia tutto normale”.
Un aggettivo abbastanza sterile come: normale o una locuzione come: è tutto nella norma possono riempire il nostro cuore di gioia.
Al contrario, un solo dubbio o un’ipotesi meno rosea può far diventare il nostro di cuore, stavolta, simile a quello di un maratoneta.
A me è successo durante la prima flussimetria alla 24° settimana. Fino a quel momento c’erano stati dei sospetti di scarso accrescimento fetale, ma nulla di allarmante.
Mentre quella volta andò diversamente. L’esame lo feci ad agosto, quando la mia ginecologa era in ferie. Quindi decidemmo di rivolgerci ad una struttura da sempre indicata (dai cosiddetti esperti)  tra le migliori nel campo delle analisi in gravidanza.

Chiama angeli e telefonini
Sala d’aspetto blu e tante pance in attesa con l’immancabile ciondolo “chiama angeli” a corredo.
Arrivato il nostro turno entrammo silenziosi: io con cartella gravidanza sottobraccio e papà_signorNO con il suo telefonino.
Non si è mai staccato dal suo telefono durante tutte le mie analisi panciute, le prime volte mi sembrò strano e non nascondo che mi era anche dispiaciuto.
Poi, dopo lunga osservazione delle sale d’aspetto, ho concluso che come molte mamme affidano stress e pensieri al chiama angeli, molti papà lo fanno con il telefonino. A ciascuno il suo!
Ancora più tardi ho capito che la nostra forse è solo una versione aggiornata dell’oggetto feticcio dei bambini. Ma questa è un’altra storia…Torniamo alla flussimetria!
La gentile dottoressa ci fece ascoltare l’atteso cuore e… Fin qui tutto bene.
Venne il turno degli organi interni e… Anche fin qui tutto bene.
Poi controllò le mie arterie Non andava più molto bene.
E se non fosse bastato il pallore della dottoressa a dimostrarlo, il fatto che papà_signorNO si fosse staccato dall’iPhone era la mia personale e incontrovertibile prova del 9 che no, non andava affatto bene.
Perché se le arterie non funzionano bene il bambino non è sufficiente nutrito e quindi non cresce. E questo era il nostro problema.
Arrivò un secondo medico. Più anziano e meno sorridente.
Ci spiegarono che dato che entrambe le arterie erano non pienamente funzionanti, avremmo dovuto…sarebbe stato meglio se…anche senza troppa fretta…
Insomma era meglio andare all’ospedale più vicino.
Ed eccoci di nuovo nella sala d’attesa blu, io spaventata e tentata di acchiappare tutti i chiama angeli delle altre mamme, e papà_signoNo con lo smarthphone nella tasca.
Chiamammo la mia ginecologa e anche mia cugina psichiatra…male non avrebbe fatto un parere in più. A dir la verità avrei chiamato anche Antonio il fruttivendolo se fosse servito.
Ma il coro fu unanime: ospedale.

E ospedale fu
Altra corsa, altra sala d’attesa, non blu. Altri chiama angeli e altri telefonini. In ospedale solite domande di rito e poi quella fatidica:
Infermiera_dagliocchibassi: “Perché è qui signora?”
io: “Perché dopo la flussimetria alla clinica BIP (chiamiamola così per comodità) mi hanno spedito qui.”
L’infermiera_dagliocchibassi, alzò finalmente gli occhi, sorride e dice:“Ah la clinica BIP, certo.”  E aggiunge subito dopo: “Chiamo il medico ma  intanto facciamo il monitoraggio.”
Così mi accingevo a fare il primo degli innumerevoli monitoraggi cui sarei stata sottoposta.
Dopo circa quaranta minuti si affaccia un medico che non mi saluta, guarda il tracciato e dice con quella sicumera che solo l’accento romano possiede:
“a me me’ sembra tutto a posto…io te manno a casa, che te credi?”
Ed Io?
Io avrei voluto dire tante cose…Ma dissi solo:
“Se mi manda a casa ne sono felice perché vuol dire che va tutto bene”.
Così tornammo a casa. Pochi giorni dopo fui di nuovo ricoverata e dimessa.
E in seguito, dopo controllo in ospedale, di nuovo ricoverata e dimessa.

Una neve poco normale
Sul concetto di crescita normale purtroppo non sono tutti d’accordo.
Non lo sono le mamme sagge ma, soprattutto, non lo sono i medici. E così siamo passati tra visite piene di speranza e frasi tipo: “Ma sta benissimo e che volevate una vatussa!”
Ad altre visite in cui altri medici scuotendo la testa ci dicevano:“Eh no, signora non ci siamo. Le sue arterie non vanno e anche il cordone secondo me è sottile. “
Sì, perché ad un certo punto della storia è entrato in scena anche il cordone.
Non ho ancora capito se il mio fosse normale o no.
Ma alla fine, dopo 16 giorni di ricovero la mia bimba è nata alle 23 e 26 di un giovedì.
Era poco più di due chili. Era (ed è!) sana e normale.
Di poco normale quel giovedì di febbraio, per noi abitanti della Capitale, c’era solo la neve.

Conclusioni
La medicina non è sempre una scienza esatta. Potrete sentire tutto e il contrario di tutto anche da persone vestite dall’autorevole camice bianco. Questo non vuol dire che non dobbiate fidarvi, anzi il contrario.
Se potete fidatevi e affidatevi ad un medico. Se potete cercate anche di capire quando non affidarvi più. Cercate di mantenervi tranquille e di non scoraggiarvi.
Usate tutti i mezzi consentiti per crescere in allegria e pensieri positivi se possibile.
A me ha aiutato anche leggere poesie. Lo so, sono una mamma noiosa.
Cercate sempre, anche qui se possibile, di adattare sempre il concetto di normalità a voi stesse e ai vostri bambini e non il contrario.
Chi sa con esattezza definire cosa sia normale?
Se vi può aiutare leggere una poesia ve ne consiglio almeno una.
Per voi mamme di oggi, ieri e domani.
Per ricordarci quanta storia vive in noi e quanto coraggio sia sempre necessario:
A Mamm’Emilia di Erri De Luca.
Se vi aiuta fate pure incetta di chiama angeli e se potete cercate di non arrabbiarvi troppo per i telefonini dei papà.

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