Bulla aggredisce compagna disabile ed invoca una “seconda possibilità”

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Una storia di bullismo tutta italiana quella che ha visto nel dicembre 2014 protagoniste una ragazzina 15enne e la compagna di classe disabile di una scuola del vercellese. La ragazzina bulla si chiama Greta ed è stata lei che in una classe dell’Istituto Alberghiero di Varallo Sesia di Vercelli, senza neanche curarsi della presenza dell’insegnante (che pare per altro non sia intervenuta sull’accaduto), ha preso a botte e sputi la compagna con problemi di disabilità.

La ragazza adesso invia una lettera al “mondo che la redarguisce e accusa penalmente per il terribile gesto che ha commesso, e lo fa attraverso il suo avvocato Alessandra Guarini.

Ho sbagliato, lo so. … Sono molto pentita”  – scrive.

La lettera della ragazza bulla per chiedere una “seconda possibilità”

Questa la lettera pubblicata dal Corriere, ed alla quale sono seguiti moltissimi commenti di lettori che hanno voluto esprimente un loro parere a proposito di questo “pentimento”.

“Sono Greta, ho 15 anni.
Sì, sono la ragazza che tutti voi state dipingendo come un mostro.
Le persone che mi conoscono, sanno che non sono una ragazza violenta, anzi, io sono dell’idea che le parole dette in una certa maniera, possano far più male di uno schiaffo.
Purtroppo, e risottolineo purtroppo, sto attraversando un brutto periodo, e a volte presi dalla rabbia e dal nervoso, si fanno cose che non si vorrebbero fare. A volte si agisce d’impulso, senza pensare a quello che si sta facendo.
Io ho sbagliato, sicuramente.
Non dovevo fare quello che ho fatto, ma come ho già detto prima, a volte si agisce d’impulso. Io credo che ogni essere umano possa sbagliare, altrimenti non verrebbe definito «umano».

Ma credo anche che chiunque si meriti una seconda possibilità.È giusto pagare per i propri errori; anche se sono davvero dispiaciuta per quello che è successo.
Anzi, dispiaciuta non è la parola adatta, la parola esatta è pentita. Sono molto pentita per ciò che ho fatto, tornassi indietro non lo rifarei mai.
State parlando di «bullismo». Io non sono una bulla! Mi state facendo passare per quella che non sono! Mi sento uno schifo, anche se so che per la maggior parte di voi è giusto così.
Quello che sto passando io è sovrumano. È più di quanto ognuno di voi si possa immaginare. Mi state giudicando tutti, ma mi state giudicando per quello che non sono.
Non sono né una bulla, né una ragazza a cui piace fare del male alle altre persone. Ho sbagliato, lo so, e chiedo scusa a S.
Non chiedo la vostra comprensione, ma ci tenevo a farvi sapere che nonostante io abbia sbagliato, mi state facendo passare e sentire come una ragazza che ha ucciso.
Ognuno merita una seconda opportunità, a maggior ragione se si è capito l’errore commesso!

Care Unimamme, credete che bastino queste parole per cancellare con un colpo di spugna quanto accaduto? Credete che basti il pentimento o serva che questo sia accompagnato a dei fatti, una punizione, un “risarcimento” alla società per meritare il sincero perdono da parte della persona colpita e della comunità lesa. Uno dei commenti alla lettera mi ha particolarmente colpita ed il commento recita:

“Bella letterina le ha fatto scrive l’avvocato! Solo i fatti dimostreranno il pentimento, il resto è solo pubblicità da avvocatura. Se fosse realmente pentita, affranta e turbata da quanto commesso, cercherebbe il modo di perdonare se stessa rendendosi utile proprio con le persone che, come quella maltrattata, hanno bisogno di aiuto. Lo farebbe in silenzio e per necessità interiore, non per obbligo imposto dal giudice (se mai accadrà)” – scritto da “serendipidy09”

Quale pensate possa essere in questi, purtroppo molti casi, l’equilibrio tra il vittimismo e la condanna?

(Fonte: Corriere)

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