”Quando il secondo figlio?”: la domanda temuta da molti genitori

secondo figlio
Famiglia (iStock)

Ai genitori di un bambino o una bambina prima o poi arriva la classica domanda: Quando pensate di fare il secondo figlio?. Una domanda che può sembrare innocua, ma non lo è e andrebbe evitata. La spiegazione perfetta l’ha data un papà.

Non chiedete ai genitori quando avranno il secondo figlio

C’è una frase che dice: “Sii gentile, ogni persona che incontri sta combattendo una dura battaglia“. Appartiene allo scrittore e teologo scozzese Ian Maclaren ed è conosciuta anche nella versione: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre“. Ecco, questa frase dovrebbero stamparsela e affiggerla sul muro di casa le persone che in modo invadente e inopportuno fanno agli altri domande sui figli: ma non fai/fate figli? Ma quando vi decidete a mettere al mondo un erede? A quando il secondo figlio?

Non sempre c’è mala fede, sia chiaro, ma non tutti si rendono conto di quanto queste domande possano essere dolorose per chi le riceve. Chi non fa figli potrebbe avere problemi di fertilità o sterilità, potrebbe avere avuto aborti spontanei. Potrebbe aver lottato a lungo, provandole tutte senza esserci riuscito.

Le domande indelicate degli estranei o conoscenti buttate lì spesso tanto per parlare possono essere un vero pugno nello stomaco e ferire profondamente chi le riceve. Come se fosse necessario giustificarsi ogni volta sul fatto di non avere figli o averne troppo pochi.  Anche chi ne ha tanti spesso è bersaglio di critiche o commenti inopportuni, ma mai tanto dolorosi quanto quelli rivolti a chi ha desiderato con tutto il cuore di avere dei figli, ci ha provato con tanto impegno ma non ci è riuscito. Sottolineare questa mancanza è un atto di crudeltà, anche quando non si conosce la situazione, una conoscenza che non è affatto dovuta.

Questo argomento così delicato è stato affrontato in un bellissimo articolo pubblicato sul Guardian, scritto da un papà anonimo, che ha fatto chiarezza una volta per tutte sulla classica domanda sui figli. Nello specifico quella relativa al secondo figlio, ma un insegnamento che vale per tutte le domande del genere.

L’uomo ha raccontato un episodio accaduto alla moglie mentre stava parlando con un collega in ufficio raccontando della passione del suo bambino per un documentario della BBC. In quel momento è passata un’altra collega che ha chiesto alla donna se lei e il marito stessero pensando al secondo figlio.

Una domanda che ha gelato la donna, che tuttavia aveva già la risposta pronta: “No, non ci pensiamo. Abbiamo deciso che la nostra famiglia è delle dimensioni giuste. Grazie“. Una risposta gentile quanto basta, ma allo stesso tempo abbastanza secca da chiudere ogni questione.

La collega ha proseguito oltre, imbarazzata, ma è chiaro che la domanda ha fatto male alla donna. Simili argomenti non possono essere ridotti a chiacchiere da ufficio, perché dietro c’è molto di più. Ci sono vite e progetti di vita, che spesso possono andare diversamente da come era stato programmato. Per questo motivo l’intrusione degli estranei è inopportuna.

Come è stato per l’autore dell’articolo del Guardian e sua moglie, che si è sentita rivolgere la domanda impertinente sul secondo figlio. Entrambi lo avrebbero voluto un secondo un figlio, con tutto il cuore. Ma dopo tre aborti spontanei hanno deciso di rinunciarci.

L’autore ha scritto nell’articolo che avrebbe voluto sussurrare all’orecchio della invadente collega della moglie: “In realtà non stiamo pensando al secondo figlio, in questo momento. Abbiamo passato gli ultimi due anni a piangere il secondo, il terzo e il quarto. Non ce l’hanno fatta. Ti va di chiacchierare di questo, qui nel corridoio?“.

L’uomo avrebbe continuato: “Non sono sicuro che supereremo mai il quarto. Alcune cose ti cambiano, radicalmente. Quella era una di queste. Ora, vuoi parlare del nostro peggior aborto o del migliore?”.

Parole dure, certo, ma che indicano in modo evidente il dolore di chi attraversa queste esperienze dolorosissime e non gradisce intrusioni dall’esterno, specialmente se si tratta di persone insensibili.

Qualunque coppia che abbia un solo figlio e non abbia avuto un secondo o che non abbia affatto figli, potrebbe aver passato quello che abbiamo passato noi, ha sottolineato l’autore dell’articolo.

L’uomo ha poi raccontato di quanto sia stato difficile accettare che non avrebbe avuto un secondo figlio: la gelosia per i bambini con fratelli e sorelle, il dolore per gli aborti spontanei della moglie, l’amarezza di non poter dare un fratello o una sorella al figlio. Alla fine l’uomo e la moglie hanno accettato il fatto che non avrebbero avuto un altro figlio, ma il problema più difficile è stato quello di affrontare il giudizio sociale con tutti i soliti stereotipi sul figlio unico che rimane da solo, diventa egoista e viziato. Stereotipi che tuttavia la coppia è riuscita a tenere alla larga, anche se a fatica.

L’autore dell’articolo che ha accettato completamente che non avrebbe più avuto un altro figlio un venerdì pomeriggio quando decise di prendersi un momento per se stesso, di calma e riflessione. L’uomo ha raccontato di essersi sdraiato sul pavimento di casa e di essere rimasto in quella posizione per 45 minuti, senza fare niente, in silenzio, in assoluta calma e tranquillità. In quel momento l’uomo ha accettato che i due anni di lotta con gli aborti spontanei della moglie erano finiti, che la sua famiglia era delle dimensioni giuste e che l’amava così com’era.

Poco dopo sono rientrati la moglie e il figlio che era uscito dall’asilo. Il bambino notando il padre steso per terra non ha detto niente, gli si è avvicinato e si è steso vicino a lui, appoggiandogli la testa sulla spalla. Il bambino è rimasto così accanto al padre, in silenzio per 10 minuti. Era come se avesse capito. Poi ha chiesto al papà: “Vuoi una coccola?”.

Ecco come l’uomo e la sua famiglia hanno accettato l’impossibilità di avere un secondo figlio. Per celebrare il momento hanno deciso di bruciare delle cose vecchie in giardino, nel giorno del solstizio d’inverno preparando anche del cibo e delle bevande per l’occasione. Un rito di passaggio e una festa liberatoria per la famiglia. Una famiglia unita e che si vuole bene, con un figlio unico.

Che ne pensate di questa storia unimamme?

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