“Fare un aborto è commettere un omicidio?”: un ginecologo scatena una polemica (VIDEO)

Bertrand de Rochambeau, medico ginecologo francese, Presidente del sindacato nazionale dei ginecologi, ha sollevato un polverone con le sue ultime affermazioni riguardo l’aborto.

Nel corso di un’intervista con una giornalista, Valentine Oberti, ha spiegato le sue motivazioni sul diritto all’obiezione di coscienza che lui rivendica.

“Ora non faccio più cose in cui non credo. Il nostro compito non è rimuovere delle vite “.

Quando la giornalista ha ribattuto: “E quando voi dite rimuovere delle vite, un nascituro non è una vita in senso giuridico. Fare un interruzione volontaria di gravidanza non è un omicidio“, Bertrand de Rochambeau ha risposto: “E invece sì, signora”.

A quel punto Valentine Oberti l’ha incalzato spiegandogli che la sua affermazione era falsa “Ai sensi del codice penale non è così. Questo è una questione”. E poi ha aggiunto: “Tutte le donne, e io sono una di loro, non ritengono quando hanno un embrione nel ventre di ospitare una vita”.

Allora il medico ha risposto: “Questa è la sua opinione. Io, in quanto medico, non sono obbligato a pensarla come lei. E la legge protegge questa mia posizione. E anche la mia coscienza”.

Secondo l’articolo L2212-8 del codice della sanità pubblica francese “un medico non è mai tenuto a praticare un aborto, così come nessuna ostetrica, nessuna infermiera, nessun assistente medico, chiunque egli sia, non è obbligato a contribuire a questa procedura medica”.

In caso di rifiuto di praticare l’aborto il medico deve però comunicare subito il nome degli operatori che possono svolgere questo intervento.

Le dichiarazioni di Bertrand de Rochambeau hanno, come accennato, sollevato moltissime polemiche, in modo particolare, nel momento in cui il medico ha accostato l’aborto, l’ interruzione volontaria di gravidanza, a un omicidio.

Successivamente però, ai microfoni d’Europe 1, il medico si è “corretto“, io non ho mai detto omicidio, io ho parlato di sopprimere una vita, è una mia convinzione perché è una realtà”.

Molti si sono chiesti quale fosse quindi la posizione del Sindacato che lui rappresenta ed ecco come ha risposto: “la mia posizione personale è che sia molto difficile per un medico e per me in particolare, sopprimere una vita. Ma la posizione del sindacato è che l’aborto sia un diritto delle donne, ma che lo Stato non può forzare i medici che non vogliono praticare un’interruzione volontaria di gravidanza“.

Il Presidente del sindacato nazionale dei ginecologi (Syngof) è stato subito attaccato dalle militanti femministe e dai laici che l’hanno accusato di proselitismo e di ostacolo all’aborto.

Véronique Séhier, co-presidente della pianificazione famigliare, ad esempio, ha commentato su Twitter: “Scandaloso, perché la clausola di coscienza è un ostacolo ai diritti delle donne e alla loro salute”.

Il collettivo nazionale per i diritti delle donne ha aggiunto che, secondo loro, Bertrand de Rochambeau pubblicizza apertamente le lobby anti aborto.

“Questo è proselitismo contro l’aborto. Il presidente di Syngof è scandaloso” ha specificato Christian Gaudray, presidente dell’unione delle famiglie laiche.

D’altra parte il Syngof, in una dichiarazione risalente ai primi di agosto, aveva affermato che “non è rimuovendo la propria etica e la propria coscienza ai medici che la nazione garantirà un pari accesso all’aborto per i francesi che lo richiedono”.

Infine anche il Ministro della Sanità Agnès Buzyn e la Segretaria di Stato per l’uguaglianza uomini – donne Marlène Schiappa hanno condannato le parole di Bertrand de Rochambeau.

Proprio il Ministro della Sanità Agnès Buzyn ha successivamente richiesto un inventario dell’accesso all’aborto per assicurarsi che non ci sia un aumento dei medici che rivendicano l’obiezione di coscienza, ma non intenzionata a sopprimere la clausola che la permette.

Nel 2016, in Francia, sono stati praticati 211.900 aborti. “Oggi il numero di aborti in Francia risulta essere stabile da 10 anni, questo significa che non c’è difficoltà di accesso” ha aggiunto il Ministro.

E in Italia com’è la situazione, vi starete forse chiedendo.

Di recente, come si legge su Espresso, il Tar del Lazio ha respinto i ricorsi del Movimento per la vita e delle associazioni dei medici cattolici contro la delibera con cui la Regione Lazio imponeva ai consultori famigliari pubblici di rispondere ai loro doveri.

Questo consisteva nel prescrivere pillole del giorno dopo, anticoncezionali, garantire certificati alle donne che ne avevano bisogno per richiedere un’interruzione volontaria di gravidanza.

I Movimenti per la vita desideravano che il compito dei consultori fosse quello di fare il possibile per evitare l’interruzione di gravidanza, aggiungendo che la delibera regionale violava il diritto fondamentale all’obiezione di coscienza.

Sugli anticoncezionali il tribunale ha rimarcato che si tratta del diritto alla donna di autodeterminarsi e che non possono essere considerati aborto, nemmeno nel caso di pillole post coito.

La giunta del Lazio ha così escluso l’obiezione di coscienza dai consultori pubblici.

Silvia Agatone, presidente della Laiga, associazione che riunisce i medici non obiettori, ha commentato circa il fatto che, secondo i dati, le interruzioni di gravidanza stiano diminuendo. “Ogni volta che noi medici effettuiamo un’interruzione di gravidanza riempiamo una scheda che viene inviata all’Istituto di Sanità e poi al ministero. Contando tutte le schede si ottengono i dati della relazione”.

La donna ha poi aggiunto che a Trapani è andato in pensione l’unico medico non obiettore che faceva 80 aborti al mese. Non è stato sostituito, quindi con lui sono scomparse anche le schede e il conteggio degli aborti. “In questo modo a Trapani c’è un calo di 80 interruzioni di gravidanza al mese e il Ministero può sentirsi autorizzato a sostenere che la città può andare avanti anche senza un medico non-obiettore” ha racconta su La Stampa.

Diminuendo il numero dei medici obiettori diminuiscono gli aborti svolti legalmente.

  • nel 2005 la percentuale di medici obiettori di coscienza era del 58%
  • nel 2016 è stato del 71% e il numero è in aumento

Ci sono problemi anche per quanto riguarda l’aborto terapeutico, che si effettua dopo il 90° giorno. Sono rimasti pochissimi medici a praticarlo e tanti in età ormai pensionabile. Per esempio, nel Lazio ce ne sono solo 7.

Secondo un recente rapporto del ministero degli ospedali il 60% degli ospedali offrono la possibilità di effettuare l’interruzione di gravidanza. Solo una minima parte di questi offre anche l’aborto terapeutico.

Davanti a questa situazione c’è stato un ricorso contro il governo vinto l’8 marzo 2014, ma il Ministero non ha preso provvedimenti concreti.

Agatone riconosce il bisogno di tutelare il diritto all’obiezione dei medici, ma anche quello di poter effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza in tutti gli ospedali.

 “L’equilibrio sarebbe arrivare a un’obiezione del 50% e non del 71% come avviene oggi”.

Unimamme, voi cosa ne pensate delle dichiarazioni del medico Bertrand de Rochambeau sul suo diritto ad essere obiettore, e di tutte le polemiche che sono seguite?

E della situazione in Italia?

Noi vi lasciamo con un approfondimento su come si svolge l’interruzione di gravidanza.

 

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