Un papà racconta la lotta del figlio contro il tumore, in risposta ai commenti su Nadia Toffa

paprà racconta la lotta del figlio

Un papà racconta la lotta del figlio contro il tumore: “la felicità è una bambina pestifera”. Un’altra risposta ai commenti su Nadia Toffa.

Sul quotidiano La Repubblica è stata pubblicata un’altra dolorosa testimonianza di genitori i cui figli si sono ammalati e morti di tumore. Una lettera in risposta a quella di Mariangela,  la mamma di due bambini gravemente malati che aveva scritto a Repubblica per esprimere solidarietà a Nadia Toffa.

Papà racconta la lotta del figlio contro il tumore

Questa volta a scrivere al quotidiano è stato un papà che ha visto il figlio lottare per cinque anni contro il tumore, fino a che il male non lo ha portato via a soli 21 anni. Il ragazzo, di nome Lorenzo, è stato definito dal padre “Guerriero dal cuore gentile“. Lorenzo è venuto a mancare il 13 settembre 2017, poco più di un anno fa e il dolore nelle parole del padre è ancora fortissimo.

Il papà di Lorenzo ha però voluto condividere la sua esperienza con i lettori di Repubblica, dopo essersi profondamente commosso leggendo la lettera di Mariangela. L’uomo non ha avuto timore di raccontare di aver dovuto interrompere più volte la lettura a causa delle lacrime incontenibili, ma nella lettera di Mariangela ha trovato “finalmente una voce pacata, forte, dolorosamente impegnata nella lotta quotidiana contro un perché che rischia di distruggerti. La voce della madre di altri due guerrieri“.

Parole coraggiose, che hanno spinto questo papà a scrivere a Repubblica, esprimendo a sua volta sdegno per gli attacchi e le offese che avevano investito Nadia Toffa, dopo che la conduttrice delle Iene aveva dichiarato pubblicamente di vivere il tumore come “un dono”.

Ho seguito la sequela di lettere, commenti, insulti, sul caso Toffa, il più delle volte con tristezza per le tante parole inutili al vento, talora con disgusto per la superficialità che a volta sfociava nel disprezzo della sofferenza altrui – ha scritto il papà nella sua lettera a Repubblica -. In questo caso il diritto di parola si acquisisce purtroppo con il dolore di una esperienza che si fatica a comprendere, raccontarla è quasi impossibile. Una pausa di riflessione sarebbe consigliabile a tutti. Io ho pensato che la cosa migliore fosse far parlare Lorenzo“.

Quindi, il papà ha raccontato la storia del figlio, un ragazzo sensibile e intelligente che purtroppo si è ammalato di tumore a 15 anni. Lo ha fatto soprattutto attraverso le parole del ragazzo, che aveva scritto lettere bellissime e profonde sulla sua condizione. Lettere piene di amore per la vita.

Una mattina mi sono svegliato e, alla mia sinistra, vedevo tutto nero – scriveva Lorenzo, raccontando l’esordio del suo tumore e l’inizio di una lunghissima battaglia -. Seguendo il consiglio di un amico che lavora all’Istituto Neurologico Carlo Besta, mi sono sottoposto a una risonanza magnetica. E la diagnosi di tumore è stata immediata. Dopo il primo intervento, mi hanno mandato all’Istituto Nazionale Tumori di Milano perché al Besta non c’è un reparto pediatria, avevo 15 anni“.

Poi sono diventato un veterano, nel senso che davvero ne ho passate tante: una marea di chemio, tre volte la radioterapia, tante recidive e cinque interventi.Tra interventi e varie ho perso quasi il 50 per cento del campo visivo. Ho cercato di raccontare questo nelle foto che ho realizzato. Ovvero di come il deficit visivo sia diventato il mio punto di forza, grazie a lui ho imparato a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno“. Parole di una forza straordinaria per un ragazzo che doveva convivere con una malattia brutale, che gli stava portando via le forze e tanto tempo dietro alle terapie negli anni dell’adolescenza.

Le foto di cui parla il ragazzo sono quelle che aveva esposto, insieme a quelle di altri adolescenti pazienti oncologici, alla Mostra “La ricerca della felicità“, organizzata dalla onlus Ri-scatti, con la collaborazione del Gruppo Giovani dell’Istituto dei Tumori di Milano, sostenuto dalla Associazione Bianca Garavaglia, al PAC di Milano nel febbraio 2017.

Lorenzo è stato colpito da una malattia terribile, che tuttavia non gli ha tolto la sua straordinaria forza interiore e uno sguardo sempre positivo verso la vita.

Ho imparato a convivere con i cicli di chemioterapia a cui non ho mai smesso di sottopormi. Vado avanti così. Se questa è la soluzione per stare bene… non è il massimo, ma potrei stare molto peggio  – scriveva Lorenzo -. Ci sono così tante cose per cui essere felici ogni giorno. Io cerco di vivere quel che posso, al massimo. So bene che non vivrò fino a 90 anni ma non è quello l’importante, se sfrutto bene il mio tempo, mi regalo una bella vita“.

Accanto a queste parole di grande saggezza, noi vogliamo sottolineare la diligenza di Lorenzo nel sottoporsi alle cure contro il tumore, per quanto durissime e dolorose. Lorenzo ha scritto: “Ho imparato a convivere con i cicli di chemioterapia a cui non ho mai smesso di sottopormi. Vado avanti così. Se questa è la soluzione per stare bene…”. Vogliamo sottolineare queste parole perché rappresentano una importante assunzione di responsabilità e maturità in un’epoca in cui in molti per non affrontare la durezza di certe cure preferiscono affidarsi a terapie alternative e ciarlatani, mettendo a rischio la propria vita e quella dei propri cari. Numerosi sono stati gli episodi di rifiuto della chemioterapia, anche da parte di genitori che hanno convinto i figli a non curarsi, perfino nei casi di tumori curabili, con esiti tragici. Come nel caso di Eleonora Bottaro, la ragazza morta a 18 anni di leucemia, un tipo di leucemia curabile nell’80% dei casi, che i genitori avevano convinto a curarsi con lo scellerato “metodo Hamer” e alcuni integratori. Genitori che sono stati rinviati a giudizio.

Il giovane guerriero Lorenzo, che forse molte speranze di guarigione non aveva, non ha esitato a sottoporsi alle cure indispensabili seppur dolorose. Non ha rifiutato il suo calvario, ma lo ha accettato mantenendo intatto il suo amore per la vita.

Le parole più belle, che il papà ha inviato a Repubblica, sono forse quelle che Lorenzo aveva scritto per gli studenti di un liceo: “…quando professor Mancini mi ha chiesto di scrivere una riflessione sul tema della vita sono subito andato in panico perché è senza dubbio uno tra gli argomenti più sensibili e complessi da affrontare. La prima domanda che mi sono posto pensando a voi è stata la seguente: ‘ma io come cavolo faccio a fargli capire tutti i sentimenti che provo verso questa cosa misteriosa che chiamiamo vita?’. La mia storia la conoscete e proprio per questo vorrei iniziare riproponendovi una domanda che mi faccio spesso: com’è che io voglio vivere? Spinto dalla paura di morire o spinto dalla speranza di guarire?“.

La risposta di Lorenzo è stata: “E quindi mi fermo e penso: non posso dire di avere una vita perfetta, ma posso dire che è una bella vita e che sono felice. Ma questo perché sono io a deciderlo. Sono io che ogni giorno mi sforzo di vivere le opportunità che la vita mi offre. Le condizioni per essere felici non ci sono sempre e comunque non sono sempre perfette. Ogni tanto dobbiamo essere noi a mettere in pausa il disco e a riflettere su ciò che davvero conta. La vita non è di certo lì che ci aspetta con le braccia aperte. L’ultimo pensiero che mi piacerebbe condividere con voi è la mia idea di felicità“.

Secondo me la felicità è una bambina pestifera che si diverte un sacco a giocare a nascondino. Però noi dobbiamo essere più determinati e continuare a cercarla perché possiamo trovarla, senza farci demoralizzare da tutto il buio in cui si nasconde“.

Lorenzo è venuto mancare il 13 settembre del 2017, dopo cinque anni trascorsi in ospedale, una Maturità conseguita con il massimo dei voti e i primi esami all’università con la media del 29. In questi anni, il papà, la mamma e il fratello gli sono stati sempre accanto.

Le parole sulla ricerca della felicità di Lorenzo sono una lezione di vita per tutti noi. Vero unimamme?

Il testo completo della lettera lo trovate su Repubblica.

Un altra storia dolorosa e commovente è quella di Simone, il ragazzo malato di tumore, per il quale tutta la classe si era vaccinata

Impostazioni privacy