IKEA: piccolo errore alla cassa self service, padre e figlia finiscono in prigione

sdraio ikeaPadre e figlia finiscono in prigione per un errore durante il passaggio di alcuni barattoli sul nastro della cassa automatica dell’IKEA. 

Una vera e propria odissea quella che ha passato Émilie Guzzo insieme al suo papà per colpa di due barattoli acquistati all’IKEA. «Bene, adesso vi racconto come sono finita in custodia cautelare a causa dei tupperware di Ikea – ha raccontato Émilie su Twitter -. Lunedì scorso sono andata all’Ikea con mio padre per comprare dei barattoli di vetro che avevamo visto online, ne restavano solo qualcuno sullo scaffale, ne abbiamo presi quattro che erano chiusi con un coperchio (dettaglio importante per il seguito). Dunque avevamo da pagare i barattoli più qualche oggetto per la casa, andiamo alla cassa per pochi articoli e passo lo scanner su quelli che pago io e poi su quelli di mio padre tra i quali i quattro barattoli, mentre chiacchieriamo».

«Usciamo dalla cassa e l’agente della sicurezza ci ferma dicendo che abbiamo passato male lo scanner sui barattoli – continua la ragazza – Lo lasciamo controllare e in effetti c’erano un prezzo sul coperchio e un altro per il barattolo, io non me ne ero accorta dunque dico all’agente che è colpa mia, li ho presi assieme così com’erano e non ho controllato. Mio padre vuole comunque pagare subito i quattro barattoli, il tipo dice ”Venite con me all’ingresso, devo solo avvisare il mio superiore per il pagamento” (cominciano i problemi). Avverte il direttore che dice ”non muovetevi arrivo”, io aspetto tranquilla con il carrello accanto a me. Il direttore (svedese credo) chiede a mio padre che cosa è successo, lui lo racconta da capo e si scusa ancora, vuole pagare. Ma il direttore guarda mio padre e gli dice ”Insomma avete rubato”. Mio padre risponde ”No, le dico che non abbiamo fatto attenzione, colpa nostra, ma non abbiamo voluto rubare”, ma il direttore continua trattandoci da ladri e mio padre comincia a innervosirsi. Mi dico che forse è meglio intervenire e dico ”Mi spiace colpa mia ho passato male gli articoli” e lui che cosa mi risponde? ”Dunque sei tu la ladra!!” E mio padre si arrabbia ancora di più. Il direttore dice ”Quindi non ammettete che avete voluto rubare? Allora faccio una deposizione di furto”, mio padre dice ”Ovviamente non la firmiamo”, il direttore dice ”Ok, chiamo la polizia”».

La vicenda si fa ancora più assurda: «Dunque ci mettono in una sala, il direttore chiama la polizia, io penso ”Stasera volevo stirare”, mio padre mi dice ”Che cosa vuoi che ci facciano? Non abbiamo fatto niente” (che ingenua, gli ho creduto). La polizia arriva, una donna con i suoi allievi poliziotti, siamo restati con loro ma nessuno ci ha rivolto la parola, l’agente ha parlato solo con il direttore, mi dicevo “finalmente torniamo a casa” ma invece che succede? La poliziotta viene da me e mi dice ”La portiamo via per furto organizzato, adesso arriva un’altra pattuglia per trasportare suo padre, lei viene con me” e aggiunge ”Se provi a scappare ti sparo con il taser”. Faccio il viaggio in macchina verso il commissariato, nessuno mi parla, mi chiedono solo se ho bevuto».

Arrivata in commissariato, la ragazza è sempre più incredula: «Ci dicono che staremo in cella 24 ore, mio padre cerca di spiegare di nuovo la situazione, dice che il giorno dopo deve lavorare e io pure, nessuno ci ascolta. Comincio a diventare bianca, ripeto che ho solo sbagliato a passare lo scanner sul prezzo dei barattoli».

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A quel punto padre e figlia vengono portati alle celle. La polizia chiede loro di svuotare le tasche, gli tolgono reggiseno e lacci delle scarpe, li fanno sfilare davanti alle celle di altri detenuti che li spaventano sbattendo le mani sui vetri, e li sbattono in una cella minuscola e sporca. A quel punto, per fortuna, con il nuovo turno arriva un altro agente al quale il padre della ragazza tenta di rispiegare la faccenda. Il poliziotto capisce che qualcosa non quadra e cerca di andare più a fondo. Tre ore più tardi, padre e figlia sono finalmente liberi.

La storia, pubblicata su Twitter, ha fatto ben presto il giro del mondo costringendo IKEA France a rilasciare delle scuse pubbliche nei confronti dei due clienti: «Privilegiamo sempre il dialogo e ci rincresce sinceramente per questa situazione. Ci impegniamo a ritirare la nostra denuncia e presentiamo le nostre scuse».

E ad Émilie non resta che farsene una ragione, e invitare i suoi follower a non compiere il suo stesso errore: «Fate attenzione alle casse, passate bene i vostri articoli e non dimenticate che potete andare in custodia cautelare per dei barattoli».
E voi Unimamme come avreste reagito al loro posto?

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