La protesta delle studentesse in minigonna del Liceo romano

Si può definire la protesta delle studentesse in minigonna quella del Liceo “Socrate” di Roma, contro l’invito della dirigenza a non indossare gonne

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immagine da adobestock

Stando alla testimonianza di una delle ragazze, la vicepreside del Liceo del quartiere Garbatella avrebbe chiesto alle ragazze di non vestire in modo succinto perché non avendo ancora i banchi e dovendo stare sedute a terra “a qualche professore poteva cadere l’occhio”.

La protesta delle studentesse in minigonna romane del Liceo Socrate

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Hanno protestato contro questa affermazione secondo loro sessista e discriminante presentandosi a scuola in minigonne e pantaloncini con un cartello che spiegava “Non è colpa nostra se al prof cade l’occhio #stopallaviolenzadigenere”.

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Ma non c’è solo il sessismo nelle motivazioni della loro protesta. Le studentesse hanno spiegato che in una situazione di emergenza nella quale gli studenti sono costretti a fare lezione seduti a terra in attesa dei nuovi banchi, con le altre preoccupazioni che la ripresa scolastica ha portato alle famiglie e agli studenti, impuntarsi su regole di abbigliamento sembra un voler distogliere l’attenzione dai problemi veri.

Sulla questione è intervenuto sia Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, sia Eleonora Mattia, presidente della commissione Scuola e Pari Opportunità del Consiglio Regionale del Lazio, che ha promesso una convocazione ufficiale della dirigenza scolastica.

Entrambi si sono espressi in maniera critica su quanto chiesto dalla preside e dalla vicepreside, perché pur rispettando la regola di base di andare a scuola con un “abbigliamento decoroso, in segno di rispetto verso l’Istituzione che la scuola rappresenta e verso se stessi”, ha detto Giannelli, non è condivisibile che questa richiesta venga fatta con riferimento ad un eventuale “deprecabile vouyerismo dei docenti”, che peraltro “svolgono un importante ruolo educativo”.

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La presidente Mattia invece si è espressa in maniera ancora più decisa, definendo la direttiva della vicepreside sull’abbigliamento femminile dal “sapore anacronistico” e ha apprezzato che le ragazze si siano ribellate. L’ha definita una vicenda dai “contorni grotteschi”che nasconde distinzioni di genere e che va contro i principi di libertà ed uguaglianza, in un ambiente come quello scolastico dove i ragazzi dovrebbero apprendere che non ci sono limitazioni alla libertà individuale, men che meno dovute a distinzioni di genere. Questo il sunto delle parole con le quali Mattia ha spiegato perché è intenzionata a convocare la dirigenza scolastica in commissione per avere chiarimenti sulla questione e farsi delucidare sull’accaduto.

Sicuramente lo scalpore scaturito dal questo divieto ha tirato fuori tante questioni che riguardano un argomento delicato come la violenza e le discriminazioni di genere, sempre attuale e purtroppo presente in tanti episodi di cronaca nera.

La ripartenza delle scuole ha destato quest’anno tantissime polemiche e dibattiti tra studenti, scuola e famiglie. Alle varie polemiche va aggiunta anche questa, che sfocia poi nel discorso di condotta degli alunni ma anche nel ruolo educativo dei docenti.

Non è la prima volta che i dirigenti scolastici dettano regole di abbigliamento per gli studenti, che spesso diventa un motivo di inclusione o esclusione e di esibizionismo o anticonformismo.

Da un alto può essere positivo che queste situazioni spiacevoli diventino spunto di riflessione e di dibattito per creare una sana coscienza civica e una libertà di pensiero per i ragazzi, soprattutto gli adolescenti, che a scuola imparano innanzitutto le regole per stare in società.

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Dunque, fermo restando che la regola generale resta quella del rispetto da entrambe le parti, la scuola o l’istituto non dovrebbero imporre divieti non necessari, piuttosto limitare i comportamenti scorretti ed insegnare il principio della libertà personale che non lede quella altrui.

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Voi unimamme cosa ne pensate di questa protesta delle studentesse in minigonna?

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