Una campagna didattica internazionale rivolta ai bambini delle scuole primarie mira a formare piccoli “supereroi” nella lotta all’ictus.
Il tempo è un fattore decisivo quando si ha a che fare con un ictus cerebrale. Per salvare una vita e limitare il più possibile i danni dell’evento. Ecco allora che è fondamentale conoscere i campanelli d’allarme che debbono far scattare immediatamente i soccorsi. Nasce da questa premessa FAST Heroes, una campagna didattica internazionale rivolta ai bambini delle scuole primarie. Obiettivo: insegnare loro, attraverso attività ludiche e video, a riconoscere i principali sintomi dell’ictus, trasformandosi così in supereroi capaci di salvare i loro nonni.

Al progetto FAST Heroes, ideato dal Dipartimento di istruzione e politiche sociali dell’Università della Macedonia, hanno già aderito 5.805 scuole, 11.235 classi, 251.666 alunni e 16.492 insegnanti di molti paesi. Il tutto grazie al sostegno della World Stroke Organization e al supporto di Angels Initiative, un’organizzazione internazionale volta al miglioramento dell’assistenza sanitaria, in particolare a chi è stato colpito da ictus. In Italia l’iniziativa vede come promotrice a livello nazionale A.L.I.Ce. Italia Odv, l’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale.
La prevenzione dell’ictus a partire dai più piccoli
L’acronimo FAST, che in inglese vuol dire veloce, aiuta a ricordare i principali sintomi dell’ictus cerebrale. F sta per “face”: chiedere alla persona che manifesta sintomi al volto, come la “bocca storta”, di sorridere per verificare un’eventuale paresi facciale. A per “arms”, braccia: chiedere di tenere sollevate entrambe le braccia, e se anche solo una non riesce a stare su c’è qualcosa che non va. S per “speech”, linguaggio: chiedere di ripetere o elaborare una frase semplice. T per “time”: in presenza di uno di questi sintomi, chiamare i soccorsi (112) il prima possibile.

“L’età media delle persone colpite da ictus cerebrale è di 70 anni – spiega Nicoletta Reale, Past President di A.L.I.Ce. Italia Odv – e, secondo i dati sociodemografici, fino al 50% di loro sono nonni che si prendono cura dei nipoti almeno un paio di volte alla settimana”. Proprio da qui l’idea di coinvolgere direttamente i piccoli nell’attività di prevenzione e diagnosi, attraverso un’ampia gamma di attività e la sinergia con insegnanti e famiglie. I bambini salveranno il mondo, diceva qualcuno. Questo ne è un bellissimo esempio.