Bambino di 4 anni malato di leucemia è a casa dopo una cura innovativa

Superhero (I-Stock)

Una notizia straordinaria di cui stanno parlando tutti i principali media. Una speranza per i bambini e per il futuro.

Stiamo parlando di una cura rivoluzionaria che viene dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Un bambino è stato curato da una grave forma di leucemia grazie ad una innovativa terapia genica che ha “riprogrammato” le cellule tumorali.

Bambino curato dalla leucemia grazie alla terapia genica

All‘Ospedale Bambino Gesù di Roma un bambino di 4 anni è stato curato da una grave forma di leucemia, la leucemia linfoblastica acuta, grazie alla terapia genica. Una tecnica innovativa che dà speranza anche per altri tipi di tumore.

Il bambino è il primo paziente italiano ad essere trattato con questa terapia innovativa, che consiste nella “riprogrammazione” delle cellule per attaccare il tumore.

Si tratta di una manipolazione dei linfociti-T che vengono poi reinfusi nel paziente come una sorta di farmaco biologico. Una terapia già applicata negli Stati Uniti e di cui escono i risultati di una recente sperimentazione proprio nel giorno in cui viene diffusa la notizia del bambino curato all’Ospedale Bambino Gesù.

La terapia rivoluzionaria al Bambino Gesù è stata applicata all’interno di uno studio accademico, promosso dal Ministero della Salute, Regione Lazio e AIRC.

Il bambino non aveva risposto ad alcuna altra cura, né a chemioterapia né a trapianto da donatore esterno. Non esistevano altre possibilità se non la terapia genica.

Con questa terapia, chiamata anche immunoterapia, le cellule del sistema immunitario, i linfociti T, sono state prelevate dal paziente, manipolate geneticamente, per essere in grado di riconoscere e attaccare il tumore, infine reinfuse nel paziente.

Le cellule riprogrammate si chiamano CAR-T.  Sono state impiegate cellule fondamentali della risposta immunitaria, i linfociti-T appunto, che sono stati modificati geneticamente attraverso un recettore chimerico sintetizzato in laboratorio. Questo recettore, chiamato CAR (Chimeric Antigenic Receptor), potenzia i linfociti e li rende in grado – una volta reinfusi nel paziente – di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino ad eliminarle completamente.

Una cellula (linfocita) T non modificata geneticamente (a sinistra) e di una cellula (linfocita) T modificata attraverso un recettore chimerico antigenico (Chimeric Antigen Receptor, CAR, a destra) rivelato tramite la tecnica dell’immunofluorescenza. Il recettore CAR è visualizzato in verde, la membrana cellulare in rosso e il nucleo in blu (Immagini Ospedale Bambino Gesù)

Le cellule modificate sono state infuse nel piccolo paziente circa un mese fa e il bambino è stato dimesso dall’ospedale una settimana fa. Ad un mese di distanza dall’applicazione della terapia il bambino sta bene e nel midollo non sono più presenti cellule leucemiche. I medici si mantengono prudenti e preferiscono parlare di cura piuttosto che di guarigione. È ancora presto, infatti, per conoscere se il tumore si manifesterà ancora.

Il bambino di 4 anni trattato con questa tecnica sperimentale soffriva di leucemia linfoblastica acuta, di tipo B cellulare, uno dei tumori più frequenti in età pediatrica, con 400 nuovi casi ogni anno in Italia. Il bambino aveva subito già due recidive della malattia che avevano vanificato le cure a cui era stato sottoposto:

  • la prima dopo aver fatto la chemioterapia
  • e la seconda dopo il trapianto di midollo osseo da donatore esterno.

Il prof. Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica, dell’Ospedale Bambino Gesù ha spiegato: “Per questo bambino non erano più disponibili altre terapie potenzialmente in grado di determinare una guarigione definitiva. Qualsiasi altro trattamento chemioterapico avrebbe avuto solo un’efficacia transitoria o addirittura un valore palliativo. Grazie all’infusione dei linfociti T modificati, invece, il bambino oggi sta bene ed è stato dimesso. È ancora troppo presto per avere la certezza della guarigione, ma il paziente è in remissione: non ha più cellule leucemiche nel midollo. Per noi è motivo di grande gioia, oltre che di fiducia e di soddisfazione per l’efficacia della terapia. Abbiamo già altri pazienti candidati a questo trattamento sperimentale”.

L’Officina Farmaceutica del Bambino Gesù, infatti,  ha completato la preparazione delle cellule per un adolescente affetto dalla stessa malattia, sempre la leucemia linfoblastica acuta, mentre è in corso la preparazione di CAR-T anche per una bambina affetta da neuroblastoma, il tumore solido più frequente dell’età pediatrica. Anche in questo caso, il protocollo di manipolazione cellulare e il suo impiego clinico sono stati approvati dall’Agenzia Italiana del Farmaco.

Infografica della terapia genica (Ospedale Bambino Gesù)

La terapia genica con cellule modificate CAR-T è stata sperimentata per la prima volta negli Stati Uniti, nel 2012, quando i ricercatori dell’Università della Pennsylvania presso il Children Hospital di Philadelphia la applicarono su una bambina di 7 anni affetta da leucemia linfoblastica acuta. L’applicazione sperimentale della terapia genica fu un successo e diede il via ad altre sperimentazioni in tutto il mondo.

Grazie agli ottimi risultati, in poco tempo la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia del governo Usa che regolamenta i prodotti immessi nel mercato, ha approvato il primo farmaco a base di CAR-T sviluppato dall’industria farmaceutica.

Comunque, il sistema adottato dai ricercatori del Bambino Gesù, guidati dal professor Franco Locatelli, differisce in parte da quello adottato negli Stati Uniti:

  • per la trasduzione delle cellule, ovvero per realizzare il percorso di modificazione genetica, viene utilizzata una diversa piattaforma virale;
  • così come diversa è la sequenza genica realizzata (costrutto), che prevede anche l’inserimento della Caspasi 9 Inducibile (iC9), una sorta di gene “suicida” attivabile in caso di eventi avversi, in grado di bloccare l’azione dei linfociti modificati.

Questo tipo di approccio, realizzato con la collaborazione dell’Ospedale con Bellicum Pharmaceuticals, viene utilizzato per la prima volta in una terapia genica a base di CAR-T. Si tratta di una misura di sicurezza ulteriore, per fare fronte a possibili effetti collaterali che possono derivare da queste terapie innovative.

In pratica, se si dovessero manifestare degli eventi avversi a seguito dell’infusione delle cellule immunitarie geneticamente modificate, queste si inattivano da sole, “suicidandosi”.

Inoltre, rispetto al caso americano è diversa la natura della sperimentazione. L’infusione delle cellule modificate nel primo paziente al Bambino Gesù è avvenuta dopo quasi tre anni di lavoro di ricerca pre-clinica all’interno di un trial di tipo accademico, non industriale: uno studio tutto italiano dedicato a quest’approccio di terapia genica, finanziato dall’Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro (AIRC), dal Ministero della Salute e dalla Regione Lazio.

Il processo di manipolazione genetica e la produzione del costrutto originale realizzato per l’infusione – un vero e proprio farmaco biologico – avvengono interamente all’interno dell’Officina Farmaceutica (Cell Factory) del Bambino Gesù a San Paolo, che è stata autorizzata per quest’attività specifica dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Il processo di produzione del materiale genico dura 2 settimane, poi occorrono circa 10 giorni per ottenere tutti i test indispensabili per garantire la sicurezza del farmaco biologico, che viene infuso nel paziente per via endovenosa.

Come ha riferito il prof. Locatelli: “L’infusione di linfociti geneticamente modificati per essere reindirizzati con precisione verso il bersaglio tumorale rappresenta un approccio innovativo alla cura delle neoplasie e carico di prospettive incoraggianti. Certamente siamo in una fase ancora preliminare, che ci obbliga ad esprimerci con cautela. A livello internazionale sono già avviate importanti sperimentazioni da parte di industrie farmaceutiche. Ci conforta poter contribuire allo sviluppo di queste terapie anche nel nostro Paese e immaginare di avere a disposizione un’arma in più da adottare a vantaggio di quei pazienti che hanno fallito i trattamenti convenzionali o che per varie ragioni non possono avere accesso ad una procedura trapiantologica”.

Nel frattempo, i risultati incoraggianti ottenuti in campo campo oncoematologico con questa terapia rivoluzionaria fanno ben sperare anche per la cura di malattie genetiche, come la talassemia, l’atrofia muscolare spinale o la leucodistrofia. Come ha spiegato il prof. Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

Ulteriori informazioni le trovate sul sito web dell’Ospedale Pediatrico Bambno Gesù.

Che ne pensate di questa tecnica rivoluzionaria unimamme?

Vi ricordiamo gli altri articoli sulle terapie contro la leucemia messe a punto all’Ospedale Bambino Gesù di Roma:

Intervista al prof. Locatelli sulla nuova terapia genica contro la leucemia all’Ospedale Bambino Gesù.

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