Pipì a letto: bambini e adolescenti sempre più numerosi, l’allarme dei pediatri

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Pipì letto

L’allarme viene dai pediatri: sempre più bambini fanno la pipì a letto, non solo bambini piccoli, anche i più grandi fino all’inizio dell’adolescenza. Dati preoccupanti che sono stati presentati in una conferenza stampa al Senato sul tema “Enuresi notturna nel bambino e l’importanza di contrastarla, Senato su iniziativa della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps) e in collaborazione con l’Associazione di Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la Salute e la Prevenzione.

Bambini e adolescenti fanno la pipì a letto

L’enuresi, ovvero la pipì a letto, è un disturbo molto diffuso che colpisce molti bambini, anche in età avanzata e fino all’adolescenza. Si tratta di 1 milione e 200 bambini e ragazzi dai 5 ai 14 anni.

Ma ci sono anche gli adulti e si tratta di 700mila persone. In totale sono 2 milioni di individui.

Per quanto riguarda gli adulti, le persone che soffrono di enuresi non state curate in modo corretto da piccoli.

Il problema della pipì a letto colpisce il:

  • 10-20% di bambini di 5 anni,
  • 5-10% a 10 anni, 
  • il 3% tra i 15 e i 20 anni. 

I dati allarmanti sono stati comunicati dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps). Ancora più preoccupante è il fatto che questi casi non vengano trattati adeguatamente perché non vengono segnalati dai genitori al pediatra.

Come ha spiegato Maria Laura Chiozza, urologa pediatra del Dipartimento di Pediatria all’Università di Padova “un dato preoccupante è che da studi recenti risulta che il 60% dei bambini con enuresi non viene sottoposto a visita pediatrica, il che significa che oltre 700 mila non sono presi in carico per il loro problema“.

I pediatri del Sipps, invece, sottolineano che la precocità della diagnosi è importante perché una terapia è più efficace se tempestiva e perché la permanenza dell’enuresi è un fattore di rischio di incontinenza in età adulta. Inoltre l’enuresi comporta gravi ripercussioni sull’autostima del bambino.

Il presidente della Sipps Giuseppe Di Mauro ha avuto parole dure contro i genitori che non segnalano al pediatra il problema della pipì a letto dei loro figli: “Se il problema è ancora sommerso è a causa della loro omertà. I genitori volutamente non parlano con il pediatra, forse perché se ne vergognano o, peggio ancora, ritengono erroneamente che si tratti di un disturbo psicologico“.

Eppure la diagnosi dell’enuresi non è complessa, spiegano i pediatri Sipps. Sono sufficienti pochi strumenti:

  • il calendario delle notti bagnate/asciutte
  • e il diario minzionale.

La diagnosi si basa anzitutto sulla visita medica. L’esame delle urine con l’urinocoltura può essere utile ad escludere un’eventuale infezione, mentre altri accertamenti sono riservati a casi specifici, come l’ecografia, per esempio, che non è indicata in fase iniziale, se non in presenza di disturbi minzionali.

La diagnosi precoce è importante per almeno tre ragioni:

  • in primo luogo perché una terapia è tanto più rapidamente efficace quanto più tempestiva e mirata
  • in seconda istanza perché l’enuresi comporta gravose ripercussioni sull’autostima del bambino, con sviluppo di sensi di colpa parallelamente all’aumento della frustrazione dei genitori, calo della resa scolastica e limitazioni della vita sua relazionale in un momento estremamente delicato per il suo sviluppo psicofisico
  • in terzo luogo perché la permanenza dell’enuresi è un fattore di rischio di incontinenza in età adulta.

Un disturbo da affrontare con la collaborazione della famiglia e il contributo della scuola. Fondamentale è creare un rapporto di fiducia e alleanza del pediatra con il bambino, coinvolgendolo attivamente nel percorso di diagnosi e cura, e successivamente rassicurare i genitori sulla concreta prospettiva di una strategia risolutiva e soprattutto definitiva.

La scuola, invece, può partecipare attraverso iniziative di informazione e sensibilizzazione delle famiglie sull’enuresi e la promozione di buone abitudini, come per esempio consentire al bambino di bere o recarsi in bagno nel corso delle lezioni.

L’enuresi, che alla lettera significa “urinare dentro“, è un’emissione involontaria di urina. La forma notturna è quella più frequente e dipende dall’incapacità del bambino di trattenersi durante il sonno.

In merito vanno fatte due precisazioni:

  • in primo luogo non si tratta di una malattia, ma di un disturbo, che si può e si deve affrontare e risolvere in maniera tempestiva;
  • in secondo luogo si può parlare di enuresi a partire dai 5 anni d’età, quando la funzione dell’apparato urinario ha raggiunto la piena maturazione.

Dopo le allergie l’enuresi è considerata la condizione cronica più comune nell’infanzia. A differenza di quanto si pensi, non scompare con l’adolescenza, ma è ancora presente nello 0,5-1% degli individui adulti.

Forme di enuresi notturna:

  • monosintomatica, definita come “enuresi continua in assenza di altra storia di sintomi delle basse vie urinarie e senza una storia di disfunzione vescicale
  • non monosintomatica, se è legata a una vescica iperattiva, con aumento della frequenza del bisogno di fare pipì, incontinenza, urgenza impellente, difficoltà a emettere o trattenere l’urina.

La poliuria (cioè aumento del volume delle urine) notturna è invece una diuresi che eccede più del 130% del volume vescicale atteso per l’età, ed è legata alla carente increzione notturna dell’ormone vasopressina, a cui consegue la perdita della capacità di concentrare le urine.

Tra le numerose cause di enuresi ci sono:

  • la predisposizione familiare,
  • una ridotta produzione dell’ormone antidiuretico di notte
  • e la difficoltà di controllo della contrazione della vescica, che si svuota in modo automatico.

Tuttavia, l’82% dei genitori ritiene, erroneamente, che il sonno profondo o la pigrizia siano le maggiori cause dell’enuresi nei propri bambini.

Un inquadramento corretto del singolo bambino è fondamentale per poter mettere in atto le strategie più consone e raggiungere l’obiettivo terapeutico, ossia la scomparsa permanente del disturbo.

Tre fasi per affrontare l’enuresi:

  1. per prima cosa togliere al bambino ogni senso di colpa;
  2. spiegargli che si tratta di una condizione frequente (ne soffre 1 bambino su 10 e ogni notte tre milioni e mezzo di bambini bagnano il letto);
  3. esprimergli comprensione per il suo disagio, parlando del problema con il pediatra.

L’enuresi monosintomatica e in generale i casi non complicati devono essere trattati dal pediatra di famiglia, senza banalizzarla ma, al tempo stesso, evitando di drammatizzarla e considerarla un problema cronico e privo di soluzione. Soltanto i casi complessi dovrebbero essere trattati dallo specialista, l’urologo pediatra.

Il pediatra valuterà il singolo caso, predisponendo un piano di trattamento personalizzato e instaurando un rapporto empatico, di fiducia e collaborazione con il bambino e i suoi genitori.

Che ne pensate unimamme? Avete mai avuto problemi di pipì a letto con i vostri bambini?

Vi ricordiamo il nostro articolo: Pipì a letto, 10 utili consigli di esperti per prevenirla ed affrontarla.

 

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