I rischi del latte in polvere di cui non si parla

Dopo il recente scandalo salmonella nel latte in polvere le mamme dovrebbero essere più consapevoli.

Forse ricorderete che poco tempo fa del latte in polvere contaminato della marca Lactalis, con decine di bimbi contagiati dalla salmonella. A seguito di quanto accaduto l’associazione per la protezione per l’allattamento materno, l’Ibfan, ha chiesto più volte al Ministero della Salute per chiedere che vengano imposte per legge alle Multinazionali indicazioni chiare sulle etichette e su come preparare il latte.

Il latte artificiale non è sterile, denunciano gli esperti di Ibfan

I microbiologi però non sono particolarmente stupiti da quanto verificatosi presso la Lactalis, perché sono consapevoli che sul latte in polvere non c’è una condizione di completa sterilità.

Claudia Pilato, Presidente di Ibfan, dichiara: “dire che il latte in polvere non è sterile equivale anche a creare una sorta di allarme. “.

Per quanto riguarda il caso specifico della Lactalis che ha portato al richiamo di tonnellate di prodotto dal mercato, la ditta francese ha la colpa di non aver controllato efficacemente la catena di produzione.

Le mamme e i papà che preparano il latte in polvere dovrebbero sapere però che è molto importante il controllo delle temperature.

La trasmissione di questa sera di Report dedica un servizio a questo argomento, sottolineando che su ogni prodotto vi sono indicazioni diverse, su alcuni addirittura mancano.

I genitori dovrebbero sapere che l’acqua dopo essere stata bollita per bene deve tornare a 70° prima di versare la polvere, questo per evitare il proliferare di pericolosi microrganismi come la salmonella.

Inoltre, come si legge su Ibfan Italia, le istruzioni delle ditte sono sbagliate, non sono conformi agli standard internazionali di OMS e FAO.

Bisogna sapere che i batteri hanno un loro habitat, alcune salmonelle hanno una preferenza per latte e derivati e trovano un ambiente ideali nella catena di produzione di latticini. Non essendo possibile sterilizzare tutta la catena di produzione alcune salmonelle possono trovarsi nel prodotto finale.

Si stima che in ogni catena di produzione la possibilità di contaminazione batterica vari dall’1% al 15% (da una confezione su 100 a 1 confezione su 6-7).

Tutti dovrebbero sapere che la formula infantile non è un prodotto sterile.

Questo ovviamente non è valido per le formule liquide pronte all’uso che sono state pastorizzate.

Il classico processo di pastorizzazione del latte, che non sterilizza il prodotto, ma solo la maggior parte di quelli che possono causare la malattia, consiste nello scaldare il latte fino a 65° gradi mantenendo la temperatura per 30 minuti. Si possono diminuire i tempi però aumentando la temperatura a 7o-75 o addirittura 80° gradi.

Più si aumenta la temperatura e più di rischia di degradare il latte, alterandone le proprietà e distruggendo alcuni dei suoi nutrienti, le vitamine, quelle più sensibili alle alte temperature.

Per quanto riguarda la formula non bisogno utilizzare l’acqua a temperatura ambiente (qualsiasi acqua, anche quella in bottiglia), perché se ci fossero dei batteri nella polvere questi sopravviverebbero.

Ancora peggio è l’idea di usare acqua tiepida a 30-37-10 o anche 50° gradi, i batteri infatti si riprodurrebbero ancora meglio.

La temperature ideale quindi è quella che si aggira sui 70° gradi.

Le ditte, naturalmente, non vogliono scrivere sull’etichetta che il loro prodotto non è sterile. Per ragioni di marketing sono restie a spiegare che in realtà la formula, che loro presentano come alternativa alle difficoltà dell’allattamento al seno, potrebbe non essere né facile né comoda.

Infine la pastorizzazione a 70° gradi uccide anche i batteri buoni, i probiotici, altro elemento esaltato dalle ditte di latte in polvere.

Sicuramente tutti i genitori accoglierebbero con un sospiro di sollievo direzioni anche del Ministero della Salute.

Unimamme, voi cosa ne pensate?

Avete usato la formula?

Vi lasciamo con il post che parla di olio di palma nel latte artificiale e del perché fa male.

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