Parto segreto: 1 donna su 20 rivelerebbe la sua identità, bisogna rispettarle!

Unimamme, forse non siete ancora al corrente del fatto che in questi giorni la Corte Costituente ha accolto l’istanza per lo smantellamento del parto segreto.

Parto segreto: addio anonimato?

In tutto sono 90 mila le donne che, dal 1950 a oggi, hanno partorito in anonimato.

Fino ad oggi la Legge prevede che una donna possa partorire in anonimato, con tutte le garanzie sanitarie sia per lei che per il figlio. A loro viene assicurato un diritto all’anonimato per 100 anni.

I piccoli vengono segnalati al Tribunale dei Minorenni e dati in adozione.

Come accennato, si vorrebbe modificare questa legge, permettendo ai figli che volessero rintracciare la madre biologica, al compimento dei 18 anni, di avviare un percorso tramite un giudice che si accerti se la donna vuole continuare a mantenere l’anonimato o rivelare la sua identità.

In tutto questo iter si dovrebbe tutelare la privacy della donna, ma questo potrebbe risultare difficile visti i numerosi passaggi in cui potrebbe essere rivelata l’identità della donna.

Anfaa, l’associazione nazionale famiglie famiglie adottive e affidatarie, esprime le proprie perplessità nei confronti di questa proposta.

Frida Tonizzo, consigliere di Anfaa, sottolinea che la scelta compiuta da queste donne era “per sempre”, ora queste persone vedono minacciata la loro vita attuale, perché le loro famiglie non conoscono il loro passato, con tutte le drammatiche conseguenze del caso.

Anfaa propone invece che siano le mamme a decidere di incontrare i bambini partoriti, rendendosi disponibili in qualsiasi momento.

Il percorso di avvicinamento dovrebbe quindi partire in caso le donne abbiano dato la disponibilità magari presso il Tribunale dei Minorenni o il Garante dell’Infanzia.

Per corroborare la propria tesi Tonizzo cita l’esempio di Torino, dove un tribunale ha aperto la strada della convocazione per le mamme che avevano partorito in anonimato a seguito della richiesta del figlio. Solo 1 mamma su 20 ha accettato.

“crediamo che dare alla donna la possibilità di segnalare all’autorità la propria disponibilità a incontrare il figlio che ne facesse richiesta sia una buona strada, consente alla donna che lo desiderasse di ripensare la sua scelta e allo stesso tempo garantisce la segretezza per tutte le altre” si legge su Vita.it.

Viene scartata da Anfaa anche l’ipotesi che se la donna è deceduta i suoi dati vengano comunicati al figlio, perché in questo modo la donna non sarebbe nemmeno più in vita per provare a spiegare le sue ragioni.

Infine emerge anche un aspetto non trascurabile: con l’indebolimento della garanzia dell’anonimato tante mamme potrebbero essere indotte a prendere decisioni diverse riguardo al partorire in strutture ospedaliere, rischiando così un aumento di infanticidi o di abbandoni di bambini.

Una rilevazioni di Anfaa ha mostrato che già tra il 2000 e il 2014 è stata registrata una flessione del 23% dei minori non riconosciuti alla nascita quando ancora la discussione era agli inizi.

Unimamme, voi cosa ne pensate di questa proposta?

Noi vi lasciamo con un approfondimento sul perché si decida di abbandonare un bambino alla nascita.

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