“Vi presento la mia bestiolina”: il post virale di un ragazzo di 13 anni

Care unimamme, ci sono storie che meritano di essere raccontate e conservate con orgoglio. Quella raccontata da un ragazzino di 13 anni, Ciro, è una di queste.

“Ciao sono Ciro”: l’incredibile testimonianza di un ragazzino di 13 anni che nonostante la sua malattia “vive”!

Ciro ha deciso di usare la pagina Facebook di Iacopo Melio, l’oramai famoso fondatore dell’associazione “Vorreiprendereiltreno” che da anni combatte le barriere architettoniche e culturali che impediscono alle persone diversamente abili di vivere come tutti gli altri, per raccontarsi e mandare un messaggio.

E il suo messaggio è stato così forte e così necessario da diventare virale, ricevendo migliaia di mi piace, commenti e condivisioni.

Ve lo riportiamo di seguito:

Ciao sono Ciro: quasi 13anni, full optional tanta tanta voglia di vivere, pochi amici (spero buoni), un cagnolino, una nonna con annessa badante, 2 genitori di cui la genitrice molto molto #RompiPalle.
Faccio scrivere lei per un po’ di motivi, quello importante è che non riesco a compiere a lungo lo stesso movimenti, peculiarità della mia bestiolina interiore (Miastenia Gravis). La scrivo in stampatello perché Lei è una lady. 
È un generale praticamente, stabilisce tutto lei, anche se devo fare o no una passeggiata. Spesso impartisce ordini anche sulla respirazione e sulla deglutizione.
Pensate, nasco e già non respiro, e via di corsa in terapia intensiva abbandonando mia madre nell’ospedale dove mi aveva dato alla luce. La rivedo dopo 3 giorni: poverina ha dovuto rispettare i tempi necessari della dimissione dopo il taglio cesareo.
Giorni lunghi, strani: suoni, luci, fili, aghi, camici verdi sono stati i miei fedeli compagnetti per un tempo che la metà sarebbe bastata per spedirmi al manicomio appena avessi risolto sto casino del respiro!
Passano i giorni e non si capisce cosa ho: apparentemente sono perfetto. Cuore, polmoni, cervello fanno a gara per dimostrare che sono sano… invece no!
C‘è qualcosa di serio che non va, molto serio ma lo scopriremo 12 mesi più tardi.
In questi mesi corse al pronto soccorso, lacrime, urla, senza capire che succede. Semplicemente smetto di respirare… così all’improvviso!

Compio un anno e quasi deciso di farla finita. Il mio cuoricino a causa dell’ennesima crisi respiratoria si mette un po’ in stand-by e se non fosse stato per un bravo dottore che mia mamma venera ancora, la mia esistenza si sarebbe fermata lì, in quell’ospedaletto di provincia senza neanche dare un nome alla mia bestiolina.
Intubato e trasferito con aereo militare a Roma. Ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Rieccomi su Marte: fili, tubi, suoni e camici verdi diventano di nuovo i miei amici per 8 lunghi mesi.
Piano piano e con dolore si scopre cosa ho. Propongono a mia madre la Tracheostomia e lei ignara di tutto non può fare altro che accettare, insieme a mio padre.
Avreste dovuto vederli: 2 bacchettoni all’epoca 26enni che ancora non avevano capito bene cosa cavolo stesse succedendo.
In fondo avevano voluto un figlio mica sto macello.

Lì si parla di cose serie, qualcuno non avrebbe scommesso un euro sulla mia sorte, qualcun altro invece era più fiducioso (gli ultimi i miei preferiti).
Passano i giorni e inizio a diventare più bravo. Mi adatto al ventilatore (un aggeggio rumoroso che soffia aria nei miei polmoni) e capisco che se mi comporto bene mi fanno stare in braccio alla mia mamma (quella cretina piangeva di continuo ma io, ragazzino ribelle e scapestrato, non capisco perché).
Le braccia di mamma sono una cosa meravigliosa ed io le avevo assaporate pochissimo in quei 15 mesi.
Ci adattiamo tutti a questa condizione e piano piano avanziamo l’ipotesi di tornare a casa.
Altri casini e comincio a capire che vuol dire avere a che fare con la burocrazia, una bestia a volte più forte della mia.
Comunque ce la facciamo, torniamo al paesello di origine fatto di 8000 anime. Ed io, inutile dirlo, sono quello più appariscente.

Quell’esaurita di mia madre mi porta in giro con una carrozzina spaziale, la tracheo, il ventilatore, la sacca della pappa e come potete immaginare la gente mi osserva un po’ incuriosita, un po’ spaventata..
Qualcuno li in ospedale, un ortopedico ed esser precisi, non voleva intervenire sui miei piedi (storti, unico difetto apparente). Disse a mia mamma che i piedi servivano per camminare (come se lei non lo sapesse) ed io non avrei camminato.
“Prrrrrrr”, rispondiamo in coro noi, ne riparliamo poi.

Ragazzi miei… Sono stato lungo lo so.
Ma non ho il dono della sintesi e riassumere 13 anni non è semplice.
Non uso più il ventilatore, cammino pianino pianino, a volte provo a correre ma dovrei perfezionarmi sui 100 mt ( 😊).
Vado in bici, vado a scuola, ho degli ottimi voti, leggo, gioco, parlo abbastanza bene… insomma vivo!
Non è stato semplice e non so cosa mi riserva il futuro. Sta di fatto che ci sono… e domani… è un altro giorno.”

Un racconto che parla di figli, di mamme, di genitori in ansia, di dolore, ma soprattutto di forza e speranza.

La miastenia gravis è una malattia rara autoimmune delle giunzioni neuromuscolari, caratterizzata da debolezza muscolare con affaticamento.

In tanti hanno ringraziato Ciro e la sua mamma “rompipalle” e anche noi vogliamo farlo. Grazie Ciro, grazie mamma e grazie Iacopo che con le donazioni alla tua associazione e i social consenti a noi di conoscere non solo le bruttezze o le ingiustizie, ma anche queste incredibili storie.

E voi unimamme, che ne pensate di questo messaggio?

Vi lasciamo con un’altra storia che merita di essere conosciuta, quella del bambino che ha scritto un toccante tema sulla diversità.

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