“Mi dispiace, non cresce”: cosa si prova dopo un secondo aborto spontaneo

Circa 6 mesi fa ho parlato proprio qui dell’aborto tubarico, ovvero della gravidanza extrauterina che ci aveva colpito. Nonostante lo choc iniziale abbiamo deciso che avremmo voluto riprovare ad avere un altro figlio e infatti ad ottobre ho scoperto di essere di nuovo incinta. A differenza delle altre volte né io né mio marito abbiamo esultato perché avevamo il timore che potesse trattarsi di un’altra extrauterina (“la percentuale è di una donna su 75” mi ha detto il ginecologo) percIò fin dalla 5 settimana abbiamo fatto controlli ogni 7 giorni – oltre alla beta – per vedere se l’impianto fosse in utero. Le beta crescevano bene e alla prima visita è risultato che l’impianto era effettivamente in utero: una bella notizia!

Aborto spontaneo: com’è passarci di nuovo 

Siamo andati in ospedale più o meno fino alla nona settimana, ma già dalle volte precedenti eravamo piuttosto dubbiosi; la ginecologa ci ha detto che la gravidanza sembrava più indietro rispetto alla datazione: l’embrione però c’era e stava comunque crescendo.

Io ho cercato di aggrapparmi a questo e di essere positiva: avevo infatti le nausee, ero sempre stanca morta, avevo sensibilità agli odori. Da quel che ne sapevo io, con un aborto in corso i sintomi sarebbero scomparsi.

Invece alla nona settimana durante la solita ecografia ci è stato detto: “non cresce, a questo punto l’embrione avrebbe dovuto essere molto più grande e sentirsi il battito“. Diagnosi: aborto interno alla 6 settimana. Di lì a 15 giorni avrei fatto il raschiamento.

Inutile dire che io e mio marito siamo rimasti senza parole. Ci stava succedendo di nuovo, un altro dolore, a soli 6 mesi di distanza. Ancora una volta mi sono ritrovata in lacrime mentre di fianco a me due future mamme si guardavano i pancioni e si facevano le congratulazioni a vicenda.

Per fortuna – esattamente come mi aveva detto la ginecologa – qualche giorno dopo questa terribile notizia ho cominciato ad avere le perdite e ho espulso tutto nel giro di una settimana. Questa volta è stato peggio perché ho avuto proprio la sensazione di partorire mio figlio: un grumo di sangue e materiale organico è uscito da me come se dovesse nascere.

Un altro bimbo è volato in cielo.

Scrivo queste cose perché vorrei che nessuna donna si sentisse sola, come mi ci sono sentita io (di nuovo). Per scaramanzia non avevamo detto nulla, sperando di dare a parenti e amici una bella novità, invece dobbiamo affrontare un nuovo dolore. Non so perché ancora a noi, ci hanno detto che può capitare visto che una gravidanza su quattro non va a buon fine.

Il problema è sempre il solito: l’aborto è una perdita che non viene legittimata. E’ un’assenza-presenza. Dalla mia esperienza l’aborto non viene nemmeno considerato come un lutto, ma come qualcosa di cui non parlare perché “va così”.

Non sapete che cosa vuole dire passare dalla speranza alla disperazione nel giro di un minuto mentre attorno a te ci sono solo pancioni felici.

Non sapete che cosa vuole dire espellere un bambino – perché per me è così – e anzi aspettare che ciò avvenga per evitare il raschiamento.

Non sapete cosa voglia dire invidiare le altre donne perché a loro sta andando tutto bene.

So che esattamente come per l’altra volta, lo supererò, anche grazie a mio marito. Però per il momento sono tanto arrabbiata.

E voi unimamme? Avete provato un’esperienza simile?

Intanto vi lasciamo con il post che raccoglie lo sfogo di una mamma sul fatto che nessuno parli dell’aborto. 

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