Bambini con coltelli e pistole: è allarme baby gang

baby gang
Baby Gang Parrochiella (Foto Facebook)

In questi giorni è scoppiato l’allarme baby gang nelle città italiane, con diversi e preoccupanti episodi di aggressione a coetanei e adulti. L’allarme più preoccupante riguarda Napoli, con bande di ragazzini armati di mazze, coltelli e pistole, che girano per la città seminando terrore, ingaggiano degli scontri tra di loro e assaltano a caso chi gli capita sotto tiro.

Proprio a Napoli ci sono state di recente gravi aggressioni ai danni di ragazzi che hanno rischiato la vita.

Non è solo Napoli, anche in altre città e al Nord si sono verificati gravissimi episodi di violenza, su tutti i due minorenni, uno di 13 l’altro di 17 anni, che in provincia di Verona hanno bruciato vivo un senza tetto che dormiva nella sua auto.

A Grugliasco, in provincia di Torino, una donna è stata brutalmente aggredita da tre ragazzini dopo aver detto loro di non bestemmiare.

Il fenomeno preoccupa le autorità, tanto che si stanno mettendo a punto delle misure urgenti di intervento. Soprattutto a Napoli, dove si è tenuto un vertice in prefettura, in occasione del quale il Ministro dell’Interno Minniti ha detto che le baby gang “usano metodiche di carattere terroristico. “C’è una violenza nichilista che non ha alcun rispetto per il valore della vita, ed è ancora più drammatico se impatta con dei giovanissimi“, ha aggiunto il ministro.

A sconvolgere, poi, è stata la foto pubblicata su Facebook di una baby gang formata da bambini di Montesanto, tra i dieci e undici anni di età, che posano armati (nella foto sopra). Si fanno chiamare la “gang della parrocchiella“, perché nella foto sono ritratti davanti ad una parrocchia dei Quartieri spagnoli. I bambini hanno pistole e coltelli, probabilmente finti, mentre le mazze e i tirapugni sono veri. Una immagine di impressionante violenza.

Dove nasce il fenomeno delle baby gang? Quali sono le cause e come si può arginarlo e sconfiggerlo? Gli esperti hanno provato a dare delle risposte.

Allarme baby gang in Italia

Si moltiplicano gli allarmi sulle baby gang nelle città italiane, sempre più violente. Alle origini del preoccupante fenomeno c’è un forte disagio che viene da lontano, secondo gli esperti, e che richiede interventi specifici.

Francesco Mollace, direttore di Civitas Solis e portavoce del Forum Territoriale del terzo settore della Locride, ha spiega a Vita il fenomeno baby gang: “Ci sono alcuni ragazzini con problematiche complesse, che vengono da una forte povertà educativa, che vivono la violenza come strumento di affermazione. Spesso sono ragazzini con un senso di inferiorità, mi ha colpito che nel caso del ragazzo che è stato accoltellato alla gola, quello che ha dato la pugnalata era il più basso e il più giovane, ma era lui che trainava gli altri: accade spesso, è la debolezza psicologica che si trasforma in violenza. Questi ragazzini diventano leader devianti e manipolano il gruppo, portando il gruppo a fare cose che nessuno di loro, da solo, farebbe. Che fare allora? La prima cosa è smantellare il gruppo“.

Baby gang e bullismo: da dove nascono

Valentina Tomaselli, psicoterapeuta dell’età evolutiva a Roma, scrive su Uppa, che non tutti gli episodi di violenza compiuti dai giovani sono legati al fenomeno delle baby gang. Queste ultime, molto diffuse in America Latina e negli Stati Uniti, nell’ultimo decennio sono arrivate anche in Italia. Le baby gang hanno una struttura verticale, guidata da un leader, con rigide regole di inserimento e rispetto dei ruoli. La baby gang controlla il territorio usando minacce e violenza, in modo indiscriminato nei confronti di chiunque e commette reati contro il patrimonio e la persona.

Diverso è il bullismo che è rivolto contro uno più individui determinati e perpetrato in modo continuativo e selettivo. In presenza di un gruppo di minorenni troviamo il bullo e i gregari, a cui si aggiungono gli spettatori, coloro che osservano senza agire. Il fenomeno del bullismo si manifesta trasversalmente nelle diverse fasce sociali della popolazione. Non è dunque specifico di una classe o ambiente sociale particolare, ma può riguardare, e spesso è così, anche figli di famiglie benestanti.

Il problema che riguarda questi ragazzi, impegnati nelle baby gang o in atti di bullismo, è l’incapacità di una regolazione emotiva e la perdita di contatto con le regole sociali. Il comportamento violento è causato da scatti d’ira, da una reazione impulsiva e rabbiosa che conduce alla ricerca della vendetta, senza possibilità di dialogo e in assenza di freni inibitori.

Prima di intervenire per risolvere questi casi, occorre chiedersi da quale contesto vengono i bulli o le baby gang. Come è accaduto che i ragazzini violenti abbiano perso, non abbiano mai avuto o non abbiano assimilato quei limiti di carattere sociale che impediscono le reazioni violente.

All’interno della baby gang si creano delle micro-gerarchie di potere che vanno a colmare l’assenza di punti di riferimento autorevoli adulti. Stare in gruppo, poi, aumenta la tendenza all’emulazione, dettata dallo spirito di coesione interna del gruppo con le sue rigide regole.

Il comportamento antisociale di baby gang e bulli favorisce la delinquenza, con atti di vandalismo, soprusi e vessazioni, furti, abuso di sostanze.

I bulli e ragazzi di baby gang spesso hanno vissuto un’infanzia deprivata e segnata dagli abusi, dalla trascuratezza da parte dei familiari, con una famiglia problematica e stili educativi sbagliati, autoritari e intolleranti.

Anche i figli provenienti da “famiglie bene”, cresciuti in un ambiente benestante,  dove non  è mai mancato nulla, possono avere problemi. In questi casi quello che può spingere questi ragazzini a diventare dei bulli o temere comportamenti antisociali e violenti è essere cresciuti in un ambiente educativo troppo permissivo e iperprotettivo. I ragazzini che non provengono da situazioni di svantaggio economico-sociale, mettono in atto comportamenti che indicano un malessere più profondo.

In entrambe le situazioni, quella del disagio sociale e quella di abbandono morale, manca una simbolica guida adulta che avvii e accompagni il percorso di crescita e responsabilizzazione. Questi ragazzi non trovano nell’altro da sé un’occasione di confronto e arricchimento, ma una minaccia che mette in pericolo la loro identità fragile.

Le azioni da mettere in campo contro bullismo violento e baby gang sono soprattutto quelle di educazione e prevenzione.

Secondo Veronica Tomaselli, la scuola dovrebbe fornire spazi di aggregazione e socializzazione, promuovendo alternative alla rabbia e al cinismo.

Occorre promuovere l’educazione emotiva, secondo diversi percorsi e l’educazione al rispetto dell’altro.

Che ne pensate unimamme?

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