“Di anoressia si può morire”: l’appello della mamma di un ragazzo morto a 20 anni | FOTO

Un ragazzo di 20 anni è morto a causa dell’anorressia, la mamma ne parla per sensibilizzare i genitori sul problema.

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Di anoressia si può morire l’appello di una mamma di un ragazzo morto FOTO Universomamma.it

Lorenzo Seminatore era un ragazzo di 20 anni che purtroppo è morto a causa dell’anorressia. La sua mamma ha voluto parlare della sua storia per sensibilizzare circa il problema.

Ragazzo muore per anoressia: la mamma racconta la sua storia

Un mese prima di morire Lorenzo Seminatore aveva scritto su un foglio l’elenco degli obiettivi da raggiungere, i suoi sogni: “essere più fiero di me stesso”, “offrire la colazione a papà”, “viaggiare”. Fabio Seminatore, suo padre e Francesca Lazzari, la madre, ricordano: “Ci aveva stupito quel gesto, lo avevamo interpretato come un  segno di speranza: in quell’elenco vedevamo la sua voglia di combattere ancora. Neanche un mese dopo è morto”. Il dramma di questa famiglia è iniziato quando Lorenzo frequentava il 1° anno del liceo scientifico Gobetti di Torino. “Aveva iniziato a mangiare sempre meno, poi la diagnosi della depressione: ” Era esigente, doveva cercare di fare tutto al meglio, dal calcio alla scuola. Studiava tanto perché voleva essere bravo ma forse nessuno glielo ha mai detto “.

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Di anoressia si può morire l’appello di una mamma di un ragazzo morto FOTO Universomamma.it

Così il ragazzo si era trasferito in un altro istituto, il Majorana di Moncalieri. Grazie alla preside e ai docenti è riuscito a diplomarsi con i compagni. Per un certo periodo era stato ricoverato in una struttura aostana. “Furono splendidi, gli inviavano il materiale e per le interrogazioni li accompagnavamo fino a Brusson, anche sotto la neve. Lì era seguito da specialisti sempre ed era impegnato tutto il giorno. Quando terminò l’anno in struttura era felice, aveva ripreso 20 chili: tornò a scuola, si fidanzò e sembrava volesse riprendersi quel tempo perduto”. Con l’avvicinarsi del diploma però Lorenzo aveva avuto una ricaduta. All’università aveva frequentato qualche lezione. “Forse non riusciva ad accettare l’idea di ritrovarsi a essere un numero. Lui voleva aiutare gli altri, era quello il suo futuro e lo faceva nel suo piccolo” ha aggiunto la mamma.

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Quando gli chiedevano perché non mangiasse lui rispondeva così: “Perché so che prima o poi così muoio“. Lorenzo era stato ricoverato due volte alle Molinette di Torino, in psichiatria. “Quando vedevano che il livello di potassio rientrava lui firmava e tornava a casa. Ci aveva vietato di parlare con i medici. Abbiamo supplicato che gli facessero il Tso. Ci aveva confidato che era arrivato a vomitare anche 20 volte al giorno, ma era come se non fosse lui a farlo. Era uno spettatore, era la malattia ad agire per lui. E ci rassicurava che stava bene, che insieme ce l’avremmo fatta, senza ricovero”. Purtroppo il 3 febbraio il ragazzo è morto.

Ora i suoi genitori lanciano un appello: “di anoressia si può morire e i genitori dei ragazzi che ne soffrono lo devono sapere. Bisogna parlarne e affrontare il fenomeno. A partire dalla legge: non si può dimettere una persona nelle condizioni di nostro figlio solo perché maggiorenne. È una vergogna nazionale. Non ci sono abbastanza strutture pubbliche, non c’è un sistema che sappia dirti a chi rivolgerti. È necessario mettere mano alla normativa, perché c’è un vuoto”.

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È necessario parlarne, soprattutto nelle scuole, dove possono manifestarsi i primi segnali, e bisogna aiutare le famiglie che vivono situazioni simili. Noi abbiamo fatto di tutto, ci siamo detti che a costo di mangiare pane e cipolla avremmo provato ogni strada, abbiamo scelto esperti e strutture private, pagando di tasca nostra. Ma quando i figli sono maggiorenni, i genitori non possono fare nulla. C’è carenza di conoscenza reale della malattia, mancano strutture adeguate e personale che sappia gestire questi pazienti, che sono in grado di fare di tutto pur di tornarsene a casa”.

Secondo le statistiche i pazienti maschi che soffrono di anoressia nervosa sono il 10% del totale, il dato però è sottostimato perché spesso i genitori non identificano il problema nei figli. La terapia va gestita in ambulatori specializzati dove ci sono psichiatri, psicologi e medici internisti, nei casi più gravi il paziente va indirizzato a centri per il trattamento integrato. Esiste infine un numero verde: Sos Disturbi alimentari 800.180969, attivo dal lunedì al venerdì, 24 ore su 24, dove ci si può rivolgere a operatori esperti.

Unimamme, cosa ne pensate di questa vicenda di cui si parla su Repubblica?

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