Silvia Romano, lo sfogo dei genitori: “Abbiamo bisogno di pace” | FOTO

Silvia Romano, lo sfogo dei genitori della volontaria rapita in Kenya: “Vogliamo stare in pace”.

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Silvia Romano, lo sfogo dei genitori: “Vogliamo stare in pace” | FOTO – Universomamma.it (Silvia Romano abbracciata dalla mamma Francesca all’arrivo in aeroporto. Foto di FABIO FRUSTACI/ANSA/AFP via Getty Images)

La famiglia di Silvia Romano, la giovane volontaria tornata in Italia dopo il sequestro avvenuto un anno e mezzo fa in Kenya, ha chiesto ai giornalisti di essere essere lasciata in pace. Dopo il rientro in Italia sotto i riflettori e il clamore suscitato dalla liberazione, per Silvia e i suoi familiari è arrivato il momento di stare insieme in tranquillità. Fuori dalle polemiche, dai pettegolezzi, dalle illazioni e soprattutto dalle ingiurie che purtroppo non hanno risparmiato la ragazza che è stata presa a bersaglio dai soliti haters sui social e purtroppo anche dalla stampa più estremista, ridotta a tabloid scandalistico.

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Silvia Romano, lo sfogo dei genitori: “Vogliamo stare in pace”

Sono giornate concitate e piene di emozioni contrastanti quelle della famiglia Romano a Milano, in via Casoretto. Mamma Francesca e papà Enzo hanno potuto riabbracciare finalmente la figlia la Silvia, insieme alla sorella. Un abbraccio forte, doverosa eccezione al distanziamento sociale di questa emergenza Covid-19, atteso per oltre un anno e mezzo.

Silvia Romano, 24 anni, si trovava a fare volontariato in Kenya per la onlus marchigiana Africa Miele, con sede a Fano (provincia di Pesaro), quando il 20 novembre del 2018 venne rapita. Secondo alcune ricostruzioni della vicenda, svelate dalla stampa già a fine 2019, Silvia sarebbe stata rapita da criminali comuni e poi venduta ai terroristi fondamentalisti islamici di Al Shabaab e trasferita in Somalia. Alcune fonti di stampa avevano parlato perfino di un suo matrimonio forzato con uno dei sequestratori, ipotesi che tuttavia era stata subito smentita.

A un anno e mezzo dal sequestro e dopo un lungo lavoro di intelligence, Silvia è stata liberata nella notte di venerdì scorso, 8 maggio. La liberazione è avvenuta a circa 30 chilometri da Mogadiscio, attraverso l’operazione Aise, diretta dal generale Luciano Carta e resa possibile grazie alla collaborazione dei servizi segreti turchi e somali. La notizia è stata resa pubblica nella giornata di sabato 9 maggio e domenica Silvia è rientrata in Italia. Ad accoglierla c’erano i genitori e la sorella, felici e commossi. Circondati da uno stuolo di giornalisti. Lunedì pomeriggio, 12 maggio, Silvia è tornata insieme alla famiglia nella sua casa di Milano e anche in quella occasione una folla di reporter era sul posto a documentare il fatto, con tanto di ressa tra giornalisti e fotografi con mascherina ma senza distanziamento sociale.

Purtroppo il rientro della giovane volontaria in Italia non è stato solo motivo di gioia e sollievo, ma è stato oggetto di ferocissimi attacchi e insulti, che sono andati ben oltre le solite polemiche che accompagnano questi casi. Anche negli anni scorsi abbiamo letto proteste, critiche, polemiche e bufale sulle liberazioni di volontari sequestrati nelle zone calde del mondo dove erano andati per svolgere attività umanitarie. Questa volta, tuttavia, la violenza degli attacchi, anche da parte di organi di stampa e perfino di rappresentanti delle istituzioni, è stata tale da spingere la Procura di Milano ad aprire un’inchiesta sulle minacce e gli insulti indirizzati a Silvia soprattutto attraverso i social.

La giovane e la sua famiglia potrebbero essere messe sotto protezione, a causa del clima intimidatorio di questi giorni, che purtroppo ha rovinato la festa dei vicini di casa della famiglia Romano e di tante altre persone in tutta Italia.

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(Silvia Romano abbraccia il padre Enzo. Foto di FABIO FRUSTACI/ANSA/AFP via Getty Images)

Silvia è stata criticata soprattutto per gli abiti indossati al suo arrivo in Italia, una lunga veste con velo a coprirle la testa della tradizione islamica. Così come è stata ferocemente attaccata per la sua conversione alla religione islamica e il cambio del nome di battesimo in Aisha. Conversione che la giovane ha raccontato essere avvenuta spontaneamente e riportata dai giornali al suo arrivo in Italia. Particolari che forse sarebbero dovuti rimanere riservati, essendo oggetto dell’audizione davanti al pm della procura di Roma, Sergio Colaiocco, dopo l’arrivo della giovane a Roma.

È vero, Silvia al suo sbarco in Italia, all’aeroporto di Ciampino, sorrideva radiosa. Si è perfino tolta la mascherina per sorridere e salutare con la mano verso i fotografi, piena di gioia per il ritorno a casa. Nessuno però può sapere quello che ha passato in oltre un anno e mezzo di sequestro, nelle mani di terroristi estremisti. Lo avranno saputo i magistrati che indagano sul caso, ma solo in parte, perché è difficile conoscere fino in fondo cosa possa aver provato chi subisce un’esperienza così traumatica e violenta. Anche per la conversione a un’altra religione, che di per sé non è un delitto, bisognerà aspettare che Silvia torni a una vita il più possibile normale, che riacquisti fino in fondo la sua libertà e la sua serenità. Solo dopo aver superato il trauma, se mai verrà superato, ed riacquistato il controllo della sua vita, dei suoi pensieri e delle sue emozioni si potrà capire se questa conversione sia stata veramente spontanea e libera.

(Silvia Romano con la madre e la sorella. Foto di FABIO FRUSTACI/ANSA/AFP via Getty Images)

Al momento l’unica cosa da fare è sospendere il giudizio e lasciare la famiglia Romano in pace a riabbracciare la figlia ritrovata. È quello che hanno chiesto gli stessi genitori di Silvia ai giornalisti davanti alla loro casa. Francesca Fumagalli, la mamma di Silvia ha accettato gli omaggi floreali degli abitanti del quartiere ma ha smesso di rispondere alle domande degli inviati. “Come vuole che stia?”, ha detto mamma Francesca di fronte all’ennesima domanda. “Provate a mandare un vostro parente due anni là e voglio vedere se non torna convertito, ha sottolineato. “Usate il cervello” è l’invito, indirettamente rivolto a tutti quelli che in questi giorni hanno alimentato le polemiche. “Vogliamo stare in pace, abbiamo bisogno di pace”, ha ripetuto la donna, smettendo di rispondere alle altre domande. Mentre in un’intervista telefonica al Tg3 aveva detto: “Cerchiamo di dimenticare, di chiudere un capitolo e aprirne un altro“.

Dello stesso tono anche il papà Enzo: “Mia figlia sta come una che è stata prigioniera per diciotto mesi”, ha detto a Radio Capital. Il padre della giovane ha anche voluto fare qualche precisazione sul sorriso della figlia al rientro in Italia: “Non è che se uno sorride sta benissimo, non confondiamo il sorriso con la capacità di reagire per rimanere in piedi dignitosamente da una situazione di cui si è preda e che ti porta poi ad andare nella depressione più totale. Meno male che ha un po’ di palle e cerca di reagire, ma è la sopravvivenza“, come riporta Repubblica. Anche Enzo Romano ha chiesto la sua famiglia venga lasciata in pace: “Noi vogliamo stare in pace, abbiamo una ragazza da proteggere, abbiamo bisogno solo di ossigeno“.

Che ne pensate unimamme di questa vicenda? Al posto dei genitori cosa avreste fatto?

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Silvia Romano, lo sfogo dei genitori: “Vogliamo stare in pace” | FOTO – Universomamma.it (Silvia Romano al suo arrivo in Italia. Foto di FABIO FRUSTACI/ANSA/AFP via Getty Images)
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