Verona, neonati uccisi da batterio: scarsa igiene in terapia intensiva nelle immagini video.
Emergono nuovi particolari sconvolgenti dalla drammatica vicenda dei neonati uccisi da un’infezione batterica di Citrobacter nell’ospedale di Borgo Trento a Verona. I dettagli provengono da alcune immagini video e fotografiche raccolte da Francesca Frezza, mamma di Nina, una bambina morta a causa dell’infezione. La donna ha ripreso alcuni momenti di quotidianità all’interno del reparto di Terapia intensiva neonatale dell’ospedale veronese da cui risulterebbero continue violazioni dei più elementari protocolli di sicurezza. Le immagini ora, insieme a quelle di alcuni servizi televisivi, sono state acquisite dalla Procura di Verona.
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Stando alle testimonianze raccolte, che stanno emergendo dalla vicenda, la situazione che si è venuta creare nel reparto di Terapia intensiva neonatale sembra surreale. Se le accuse verranno confermate ci troveremo di fronte a uno dei più grandi scandali sanitari d’Italia: quasi 100 bambini infettati da un pericoloso batterio in ospedale, in un reparto protetto, nel corso di alcuni anni, di cui 4 morti, tra il 2018 e il 2020, e 9 con gravissime lesioni cerebrali. Di seguito riportiamo gli ultimi sviluppi sulla vicenda.
Verona, neonati uccisi da batterio: dai video scarsa igiene in terapia intensiva
Il caso dei neonati uccisi da un’infezione di Citrobacter koseri, chiamato batterio killer, nel reparto di Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento a Verona, sta facendo emergere nuovi particolari agghiaccianti sulle condizioni igieniche in cui versava il reparto e il mancato rispetto delle regole più elementari. Sulla vicenda faranno chiarezza le indagini della magistratura anche se già dalla relazione tecnica della commissione esterna di esperti, nominata dalla Regione Veneto erano emerse diverse irregolarità, a cominciare dalla scarsa igiene in reparto. Tracce del batterio erano state trovate nel rubinetto del lavandino usato dalla Terapia intensiva e sui biberon usati per dare il latte ai bambini. L’acqua utilizzata, anche per i biberon, era dunque contaminata.
A seguito di questo accertamenti, sono emersi altri particolari che ora sono al vaglio degli inquirenti. Gli ultimi riguardano le foto e i video del reparto di Terapia intensiva neonatale che Francesca Frezza e altre mamme hanno preso di nascosto, per documentare quello che accadeva in reparto e che non era normale.
Stando a quanto riporta il Corriere della Veneto, che tra ha seguito il caso fin dall’inizio, alcune immagini video raccolte di nascosto con i telefono cellulari mostrerebbero un medico che entra nel reparto di Terapia intensiva neonatale con un lecca-lecca in mano e senza mascherina, un fattorino che entra nel reparto per consegnare un pacco, con le scarpe sporche e senza indossare alcuna protezione, né calzari, né sovracamice, né guanti, né mascherina. Il fattorino, secondo la descrizione delle immagini video, camminerebbe addirittura vicino alle culle dei neonati ricoverati, per consegnare alla caposala un plico non protetto da busta sterile. La caposala firma il foglio come se si trattasse di una normale consegna.
Non finisce qui, nemmeno i genitori dei piccoli ricoverati avrebbero osservato le regole di igiene, almeno non tutti. Altre immagini, infatti, mostrerebbero genitori entrare in reparto, parlando al telefono cellulare, senza mascherina né altre protezioni, portando con loro borse e sacchetti da fuori. Questi genitori non avrebbero indossato camici, calzari e mascherine che normalmente andrebbero indossati da chi entra in una terapia intensiva. Addirittura non si sarebbero nemmeno igienizzate le mani.
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Come se non bastasse ci sarebbero anche delle immagini di alcuni genitori che fumano nel corridoio della Terapia intensiva neonatale, aprendo le finestre per far uscire il fumo. Non solo non si più fumare all’interno degli ospedali, ma in prossimità delle terapie intensive non si può nemmeno aprire le finestre, perché il ricambio dell’aria dovrebbe essere filtrato da un impianto apposito, proprio per evitare che gli ambienti siano contaminati da batteri, polveri o sostanze inquinanti che possono essere letali per pazienti fragili ricoverati.
Quello che è sconvolgente, stando sempre alla descrizione delle immagini, è che nessuno richiami questi genitori per il loro comportamento scorretto.
In questo reparto di ospedale, 96 neonati sono stati infettati dal batterio Citrobacter, 4 sono morti, 9 hanno riportato danni cerebrali permanenti, mentre altri, pur meno gravi, hanno avuto problemi ai polmoni e alle vie urinarie. Come hanno spiegato gli esperti indipendenti della commissione esterna, il batterio è stato portato in reparto dall’esterno, a causa della scarsa igiene.
Elisa, la mamma di Alice, l’ultima bambina morta per infezione batterica all’ospedale di Verona, appena lo scorso 16 agosto, ha raccontato ai media che la figlia, ricoverata in terapia intensiva appena nata il 4 marzo, era sana alla nascita. Tutti i tamponi che le avevano fatto erano risultati negativi. Poi però qualche tempo dopo la figlia ha contratto il Citrobacter ed è morta meno di un mese fa. Il batterio “le ha mangiato il 70% del cervello“, ha detto la madre, che aveva chiesto ai sanitari se ci fossero stati altri casi simili a quello della figlia. I sanitari, stando al suo racconto, le avrebbero detto che “non esistevano altri casi.” “Invece — ha spiegato Elisa — parlando tra mamme nella stanza del tiralatte ho scoperto che c’erano bimbi contagiati dal Citrobacter, chi da dicembre 2019 chi da gennaio 2020, in condizioni più o meno gravi“. La donna ha detto di aver contato una trentina di neonati infetti e che sua figlia era stata messa in camera con altri quattro bimbi infettati dal batterio, invece di essere isolata. “Se l’ospedale si fosse mosso subito, forse mia figlia sarebbe ancora qui“, ha detto la donna.
Francesca Frezza, la mamma da cui è partita la denuncia, ha detto che quello che si deve nei video ” non sono casi singoli, ma la prassi del reparto e quando me ne sono accorta, ho cominciato anch’io a documentare tutto”
Nel frattempo, la Procura di Verona ha aperto un’indagine per lesioni o omicidio colposi dipendenti da condotta sanitaria a carico di ignoti. Ha ascoltato le due mamme e Francesco Cobello, commissario dell’Azienda ospedaliero-universitaria. Gli inquirenti stanno esaminando il materiale acquisito finora e fornito anche dai Nas.
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