Un’opera del valore di 1 milione di Euro è stata lasciata in una delle piazze più note di Napoli.
Unimamme, quest’anno davvero molto particolare ha ispirato moltissime riflessioni da parte degli artisti circa il Covid e tutto quello che ne consegue.
In Italia c’è un talentuoso artista di nome Jago, ovvero Jacopo Cardillo, originario di Frosinone, che ha creato un’incredibile opera d’arte esposta, in modo davvero originale, in piazza del Plebiscito, a Napoli.
Jago è un artista autodidatta che viene paragonato addirittura a Michelangelo. Attualmente è uno degli scultori più apprezzati al mondo.
In passato Jago aveva offerto alla capitale partenopea un’altra opera, il Figlio velato, scultura che si richiamava al Cristo velato di Giuseppe Sammartino e ora ne ha creata un’altra. Nel caso del figlio Velato Jago era stato sostenuto da Padre Antonio Loffredo che gli aveva aperto la chiesa legata al culto di Sant’Aspreno di Crociferi, che era stata chiusa. Grazie al Figlio velato il tempio, abbandonato al degrado, era stato tirato a lucido, diventando suo laboratorio e aprendolo anche ai ragazzi del rione.
La scultura attuale invece si chiama Lock-down. Si tratta di un bambino, un neonato fatto di marmo scolpito a mano, rannicchiato su se stesso e incatenato. E’ stato realizzato con marmo Danby, proveniente dalle cave statunitensi del Vermont e vale la bellezza di 1 milione di Euro.
Ormai è dalla notte del 5 novembre scorso che, in collaborazione con la Fondazione San Gennaro, questa scultura dà sfoggio di sè a Napoli e invita la popolazione a dedicarvi un pensiero.
Lock-down,alto 1,65 metri per altrettanti cm. di lunghezza, è infatti un invito a tutti a prestare attenzione a chi è a terra, alle varie attività che sono state particolarmente colpite dalla pandemia ancora in corso, dalla crisi sanitaria e sociale.
“Io so che quello che faccio può generare un ritorno di indotto, per esempio, modificare delle politiche sociali” spiega l’artista che ha scelto il Rione Sanità come suo domicilio artistico, ecco cosa dice in un’intervista su Open: “cioè se io attraverso i miei social veicolo un’immagine, se posiziono un contenuto in un determinato luogo dove non ci va nessuno magari costruisco un museo, intercetto un certo pubblico di persone che non attraversano la strada, perché non sanno cosa c’è dall’altra parte“.
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Prosegue poi Jago che concepisce l’arte come un laboratorio aperto online, subito accessibile e senza intermediazioni “quelli ci vanno, la pizzeria di fronte guadagna, guadagna il bed and breakfast, guadagna quello del caffè, iniziano a mettere la luce in strada, perché prima non c’era, magari due persone s’innamoreranno e faranno tre figli, uno dei quali scoprirà un nuovo vaccino. Siamo tutti collegati”.
Questa è la prima volta, da quando il Covid-19 ha invaso le nostre vite, che un artista ha deciso di donare la sua opera in nome di chi non ha voce.
Come Jago anche l’artista di strada Tim Bob abbellisce la città con la sua arte.
Unimamme, a voi piace l’opera di Jago? Ne vorreste una nella vostra città?