Blackout Challenge: la sfida social che continua a fare vittime tra i bambini

Blackout Challenge, il gioco del soffocamento è sempre più popolare tra i ragazzini sui social.

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Blackout Challenge, il gioco del soffocamento popolare sui social – Universomamma.it (Adobe Stock)

La tragica vicenda della piccola Antonella, la bambina di 10 anni di Palermo morta per soffocamento, sembra a seguito di una sfida su Tik Tok, il social popolare tra i giovanissimi, ha riportato di attualità il pericolosissimo fenomeno delle prove sul web con cui ragazzi ma anche bambini mettono a rischio la loro vita.

Non è la prima volta che accadono simili tragedie. Già in passato, purtroppo, vi abbiamo riportato diversi casi di cronaca di ragazzini che avevano perso la vita a causa di un pericoloso gioco sul web. L’accesso facile e immediato ai dispositivi mobili, su tutti gli smartphone, che ormai hanno anche i bambini rende questo fenomeno ancor più pericoloso, perché sfugge facilmente al controllo dei genitori.

Il caso della bambina di Palermo ha riportato di attualità la cosiddetta Blackout Challenge, letteralmente sfida al buio, che in Italia è conosciuta come “gioco del soffocamento“.  Consiste nel mettersi una cintura o una corda attorno al collo, stringendola fino a causare un principio di soffocamento e sfidarsi a chi resiste di più. Alle volte, oltre che la prova di resistenza si cerca la sensazione di euforia data dal ritorno del respiro normale e dell’ossigeno al cervello. Si tratta di un fenomeno diffuso da anni sui social, purtroppo molto popolare tra i ragazzini, con esiti inevitabilmente tragici.

Questa sfida pericolosissima è diffusa anche tra i ragazzi italiani, molto di più di quanto si pensi. Un sondaggio ha scoperto numeri sconvolgenti. Ecco cosa bisogna sapere.

Blackout Challenge, il gioco del soffocamento popolare sui social

È notizia di ieri sera che il Garante per la Privacy ha bloccato il social Tik Tok in Italia, popolarissimo tra i giovanissimi, a seguito della morte di Antonella, la bambina di 10 anni di Palermo che è rimasta strangolata sembra dopo aver partecipato a una tragica sfida sul social.

Stando a quanto si apprende, la bambina avrebbe partecipato a quella che da anni è chiamata in inglese Blackout Challenge, una sorta di gioco, pericolosissimo e mortale, in cui i partecipanti si stringono il collo con una cintura fino a provocarsi quasi un soffocamento come gara di resistenza e per provare l’effetto che fa. Quando il collo viene liberato dalla stretta il sangue torna a defluire al cervello, insieme all’ossigeno, dando una sensazione di euforia. È molto difficile, tuttavia, avere il pieno controllo di un tentativo di soffocamento e purtroppo le cronache sono piene di casi finiti in modo tragico. Numerosi ragazzi ma anche bambini hanno finito con lo strangolarsi. Vite spezzate da un finto gioco, stupido e inutile.

Quanto è diffuso questo fenomeno in Italia? Il sito Skuola.net, vicino a tematiche che interessano i ragazzi oltre a quelle scolastiche, ha realizzato un sondaggio che riporta numeri sconcertanti. In Italia almeno un ragazzo su 6 conosce la Blackout Challenge e fin qui non c’è nulla di anormale, i giovani sono informati sull’attualità, soprattutto quando li riguarda direttamente. Quello che è sconcertante, invece, se i dati sono confermati, è che 1 ragazzo su 5 in Italia ha provato almeno una volta la Blackout Challenge.

La “sfida” della piccola Antonella, pertanto non sarebbe un caso raro, ma uno con esito tragico. Un dramma all’interno di una fenomeno molto diffuso tra i giovanissimi, più di quanto si possa pensare.

Skuola.net ha condotto il suo sondaggio tra 1.500 ragazzi di scuole medie e superiori. Ai giovani è stato chiesto come hanno conosciuto la Blackout Challenge e se l’hanno praticata quale è stata la motivazione?

In base alle informazioni raccolte, almeno 1 ragazzo su 6 conosce la Blakout Challenge  e le sue regole, una conoscenza acquisita:

  • attraverso letture sul web per il 31%,
  • tramite video postati sui social, per il 25%,
  • dal passaparola dei coetanei, per il 17%.

Il dato più preoccupante, comunque, riguarda i ragazzi che hanno partecipato al gioco mortale: tra coloro che hanno detto di conoscere la Blackout Challenge, il 18%, quasi 1 su 5, ha ammesso di averla provata. Inoltre, il 30% dei ragazzi, dunque quasi 1 su 3, ha rivelato di conoscere chi aveva partecipato alla sfida.

Numeri che dimostrano la larga diffusione, ma anche la pratica, di un fenomeno allarmante.

Skuola.net ha anche chiesto ai ragazzi la motivazione della partecipazione alla Blackout Challenge. Anche in questo caso le risposte sono sconcertanti, perché prive si senso e banali. I ragazzi hanno risposto di aver preso parte alla sfida per:

  • fare un video da far diventare virale online, il 56%,
  • divertirsi in modo alternativo, il 10%,
  • provare la sensazione di incoscienza promessa, l’8%,
  • stare male per saltare qualche giorno di scuola, il 5%.

Molti, tuttavia, non hanno saputo dare una spiegazione precisa, si tratta del 21% dei ragazzi.

Dati che devono far riflettere. Sicuramente non basta l’oscuramento di un social, come avvenuto con Tik Tok, ma occorre un intervento educativo su larga scala.

Fonte (iStock)

Conoscevate questa sfida unimamme? Che e pensate dei numeri del sondaggio?

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