“Suo figlio è intelligente ma non si applica”: la frase che i professori non dovrebbero mai dire

Gli insegnanti dovrebbero riconoscere il potenziale di ogni allievo e andare oltre la solita frase “É intelligente ma non si applica”. Qual è il modo per scoprire e valorizzare le abilità degli studenti.

Uno degli attimi più temuti da tutti gli studenti è il famigerato colloquio tra insegnati e i genitori che, periodicamente, avviene durante l’anno scolastico. É un’occasione per prendere consapevolezza della situazione del proprio figlio e aiutarlo a imboccare la strada giusta qualora ci siano delle difficoltà.

La frase che i professori non dovrebbero mai pronunciare
“Intelligente ma non si applica”? Una frase che gli insegnanti dovrebbero evitare di pronunciare – Universomamma.it

Dovrebbe, inoltre, essere un momento di confronto e di supporto reciproco in cui tutti collaborano per la buona istruzione ed educazione del giovane in questione. Molto spesso, però, i maestri o i professori se ne escono con una frase che è diventata un classicone per descrivere un determinato tipo di allievi il cui rendimento è zoppicante.

“E’ intelligente, ma non si applica”: quante volte l’abbiamo sentita? Queste poche parole hanno perseguitato studenti di tutte le generazioni, quasi a sottolineare il potenziale inespresso del loro percorso educativo. Tuttavia, sarebbe finalmente arrivato il momento di smettere di dire questo “mantra” come una cantilena; è ormai quasi privo di un significato concreto. Piuttosto, bisognerebbe intraprendere un approccio più gratificante verso l’apprendimento.

Nuovo approccio di valutazione dei professori: si va verso il riconoscimento delle capacità individuali

Albert Einstein, nella sua superba intelligenza, pronunciò queste parole dal significato adatto all’argomento di quest’articolo. “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido” .

Professori e genitori, la frase da non dire mai
La frase che gli insegnanti non dovrebbero mai dire ai genitori si un allievo (Universomamma.it)

In termini semplici, ciascuno di noi ha dei “doni”, delle attitudini, capacità più sviluppate rispetto ad altri. Ovviamente, è possibile allenare lo scibile in maniera omogenea. Tuttavia, è compito degli insegnanti riuscire a carpire quali siano le predisposizioni degli alunni, senza sminuirli nel momento in cui siano rallentati in determinate materie.

Per esempio, potremmo avere di fronte un ragazzino con capacità artistiche superlative, idoneo a diventare il nuovo Picasso, ma che magari inciampa in altri ambiti. Ebbene, la frase “è intelligente, ma non si applica” è come un marchio di negatività che gli si appone addosso senza fare giustizia al suo vero potenziale. Invece di concentrarsi sulle carenze, non sarebbe meglio approfondire e far sviluppare i talenti e gli interessi di ciascuno studente? Essi sono unici e assolutamente personali.

La scuola svolge un ruolo cruciale nello scoprire le attitudini; tuttavia, se è un pretesto per omologare, concentrandosi solo sulla valutazione senza differenziarsi e trovare gratificazione nelle proprie passioni, diventa tempo sprecato, una fabbrica di robot.

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