La storia di Bea e della sua mamma “guerriera” ci insegna comunque a sperare

A volte la vita è veramente difficile da comprendere. Quando capitano dei dolori intensi, inspiegabili, mi viene da pensare che l’essere umano possa sopportare solo fino ad un certo punto. Però poi vengo puntualmente smentita. L’uomo non solo riesce a non soccombere anche all’indicibile, ma riesce anche a ricavarne una speranza e un nuovo inizio. E’ il caso di Stefania, morta a 35 anni nei giorni scorsi a causa di un tumore al seno, e di sua figlia Beatrice, di 7 anni e mezzo, conosciuta sul web come Bea, la “bambina di pietra”. 

Il mondo di Bea e Stefania: un esempio per tutti 

Beatrice dall’età di due mesi è affetta da una malattia sconosciuta, essendo l’unico caso nel mondo, in cui “le articolazioni hanno cominciato inspiegabilmente a calcificarsi portando così il suo corpo ad irrigidirsi velocemente. Ad oggi la nostra bimba non può più muoversi, è imprigionata in un’ “armatura”, le sue articolazioni” scrivono sulla pagina Facebook “Il Mondo di Bea”, pagina ufficiale della Onlus “Gli amici del mondo di Bea”, fondata nel 2012 per aiutare la famiglia a diffondere consapevolezza sulla malattia della piccola, magari per poterla portare all’estero.

Qui in Italia infatti tutti gli specialisti da cui è stata portata la bambina non hanno saputo dare una spiegazione al perché della situazione di Bea, che purtroppo giorno dopo giorno è imprigionata sempre di più nel suo corpo, visto che la malattia senza nome non si ferma mai. Ora può solo muovere gli occhi e la bocca, con cui canta le canzoni di Emma Marrone, una delle prime ad avere espresso cordoglio e dolore, dato che conosceva bene Beatrice.

La mamma Stefania, assieme al marito Alessandro Naso, aveva appunto fondato l’associazione “Il mondo di Bea” ed era riuscita – assieme alla sorella Sara – a far conoscere la storia di sua figlia in tutto il web. Purtroppo però il destino è stato beffardo e a causa di una recidiva per un tumore al seno già sconfitto… Stefania se n’è andata. 

Verrebbe facile abbandonarsi al dolore, a dire che questa vita è ingiusta, che ci sono persone buone che non meritano di morire. “La vita è quello che ti capita mentre sei occupato a fare altri progetti” diceva John Lennon. Ed è così: non si può prevedere cosa ci succederà, cosa ci accadrà. Per esperienza personale posso dire che è proprio dal dolore che ho avuto un momento di rinascita: la mia situazione era diversa, non paragonabile a quella di Stefania e della sua bambina, ma penso che per qualsiasi persona che stia soffrendo, ci sarà poi una nuova opportunità.

Stefania ci ha insegnato – e mi ci metto dentro anch’io – a lottare, a non arrendersi, ad affrontare anche il brutto con il sorriso, persino quando forse ha capito che la sua strada sarebbe stata breve. E ne avrebbe avuto di motivi per piangersi addosso, per dirsi che le sono capitate le cose più terribili del mondo, ma nelle foto che ci sono sui vari social ho visto solo una mamma che si prende cura della sua bambina, rendendo la sua straordinarietà “normalità”.

Beatrice da qui in poi proseguirà senza la sua mamma. Però non sarà certo sola: il buono che ha lasciato Stefania rimarrà, continuerà, non solo nel suo piccolo cuore di bambina, ma anche in tutti quelli che sono stati toccati dalle loro storie.

Non si muore mai del tutto, anzi non si muore per niente: Stefania c’è, vive nell’associazione e nel lavoro che ha fatto in questi anni. “E’ solo passata dall’altra parte”, come dice Sant’Agostino.

Prendiamo esempio da queste due guerriere e cerchiamo di ricordarci che anche dal terrore più nero può davveronascere un fiore.

E voi unimamme cosa ne pensate?

Intanto vi lasciamo con il post dedicato alla bambina di 8 anni felice nonostante la sua malattia rara. 

Impostazioni privacy