Scuole chiuse: l’appello degli scienziati “non riducono i contagi”

Le scuole non devono essere chiuse per il bene degli studenti. Ecco l’appello degli scienziati e la proposta per il Governo per un lockdown pulsato.

Dopo l’aumento dei contagi e la divisione in diverse zone del nostro Paese, gialla, arancione e rossa, in molte Regioni le scuole sono state chiuse.

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Nelle zone rosse gli studenti possono andare a scuola fino alla prima media, ma ci sono delle eccezioni. Alcune regioni, come la Campania anche se adesso sono in zona arancione (quella con meno misure restrittive) hanno chiuso tutte le scuole di ogni ordine e grado. I medici ed i pediatri difronte alla chiusura delle scuole hanno lanciato un appello.

Scuole chiuse: la proposta di un team di medici e ricercatori per un lockdown pulsato, scuole escluse

Un gruppo di 16 esperti, tra medici e pediatri, hanno lanciato un appello dopo aver scritto una lettera indirizzata al Governo ed al Comitato Tecnico Scientifico nella quale hanno affermato che “la risposta alla crescita dei contagi non può essere la chiusura delle scuole, che non rappresentano significativi hotspot dei contagi“.

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Tra i 16 esperti ci sono Susanna Esposito, dell’Università di Parma e consulente dell’Oms, Antonella Viola, direttrice dell’Istituto di Ricerca Pediatrica di Padova e Stefano Zona, specialista in Malattie Infettive dell’Ausl di Modena, che chiedono di tenere aperte le scuole e prevedere dei mini lockdown (lockdown pulsato) nelle province dei Comuni maggiormente a rischio fino a primavera.

Secondo gli esperti, come si legge sulla pagina Facebook La Scuola a Scuola, questi mini lockdown in zone mirate che durino dai 7 ai 15 giorni potrebbero essere fondamentali per ridurre i contagi.

I medici propongono anche alcune modifiche all’ultimo Dpcm:

  • l’interruzione degli spostamenti regionali tra le regioni gialle,
  • l’obbligo allo smart-working per amministrazioni pubbliche e attività private che possono consentirlo,
  • zone rosse” nelle aree a rischio, in particolare Milano, Napoli, Roma e Genova per un periodo minimo di 3 settimane, con monitoraggio attento nella fase di riapertura (lockdown pulsato)
  • il divieto di incontri in abitazioni private tra non conviventi, ad eccezione dei congiunti,
  • potenziamento delle capacità di test e tracciamento
  • l’adozione di un piano di rafforzamento dei trasporti nei centri urbani a più alta percentuale
  • interruzione delle attività non effettuabili in lavoro agile, ad eccezione dei servizi essenziali, per un periodo di due settimane nei mesi di novembre e due settimane nel mese di dicembre nelle Regioni a Rt>1,5
  • l’adozione della didattica digitale integrata per la scuola secondaria di secondo grado, secondo le caratteristiche contenute nel DPCM del 24 ottobre, da estendersi fino al 7 gennaio, con obbligo a un giorno in presenza a settimana, a rotazione in modo da evitare affollamenti
  • il passaggio alla didattica digitale integrata al 100% per le università per l’intero primo semestre dell’anno accademico, ad esclusiva eccezione dei tirocini professionalizzanti e dei corsi che prevedono attività di laboratorio che dovranno in ogni caso essere organizzati a rotazione.

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La dottoressa Susana Esposito ha motivato con uno studio cosa comporta la chiusura delle scuole: “In uno studio nazionale effettuato durante il primo lockdown su 2.064 adolescenti tra gli 11 e 19 anni, il 58,5% ha dichiarato una sensazione di tristezza associata a crisi di pianto (31%) e agitazione (48%) per via della chiusura delle scuole, il 52,4% ha riferito disturbi alimentari e il 44,3% disturbi del sonno“.

Il Dottore Zona aggiunge: “La chiusura delle scuole avrebbe conseguenze psicologiche, educative e sociali drammatiche, oltre che economiche“.

Per quanto riguarda le attività scolastiche, nei servizi educativi 0-6 anni e nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, si ritiene essenziale che esse debbano essere mantenute in presenza. Questi servizi vanno considerati servizi essenziali, da mantenere aperti in presenza. La loro chiusura avrebbe conseguenze psicologiche, educative e sociali drammatiche, a fronte di una non significativa riduzione dei contagi. D’altra parte, si parla di bambini di 0-14 anni, impossibilitati a rimanere a casa da soli e non accudibili da altri.

I medici firmatari sono:

  • Susanna Esposito, Direttore Clinica Pediatrica, Università di Parma
  • Stefano Zona, specialista in Malattie Infettive, AUSL Modena
  • Antonella Viola, Immunologa, Università di Padova
  • Giacomo Biasucci, Direttore Dipartimento Materno-Infantile, Ospedale Guglielmo da Saliceto, Piacenza
  • Fabio Caramelli, Direttore UOC Terapia Intensiva Pediatrica, IRCCS Policlinico Sant’Orsola, Bologna
  • Elio Castagnola, Direttore UOC Malattie Infettive, IRCCS Ospedale G. Gaslini, Genova
  • Carla Colombo, Direttore Centro Fibrosi Cistica, Università degli Studi di Milano
  • Franca Fagioli, Direttore Dipartimento Patologia e Cura del Bambino Regina Margherita, Università di Torino
  • Anna Maria Magistà, Direttore Pediatria di Comunità Ravenna Lugo Faenza
  • Federico Marchetti, Direttore Dipartimento Materno-Infantile, Ravenna
  • Nicola Principi, professore emerito di pediatria, Università degli Studi di Milano
  • Antonella Squarcia, Direttore UOC Neuropsichiatria infantile AUSL, Parma
  • Agnese Suppiej, Direttore Clinica Pediatrica, Università di Ferrara
  • Gianluca Vergine, Direttore UOC Pediatria, Ospedale di Rimini
  • Giorgio Tamburlini, pediatra, Centro per la Salute del Bambino onlus

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