I bambini autistici possono leggere anche prima di parlare: l’iperlessia, cos’è e perché si verifica

Uno studio molto interessante rivolto a comprendere meglio il fenomeno dell’iperlessia nei bambini autistici. Scopriamo cos’è e perché accade.

bambino sorridente impara

Alexia Ostrolenk, dottoranda in scienze biomediche presso l’Università di Montréal, ha deciso di dedicarsi allo studio dell’iperlessia, ossia la capacità di decifrare lettere e gruppi di lettere, nei bambini autistici, dopo essere venuta a conoscenza di un episodio particolare.

Un giorno, infatti, mentre due genitori si trovavano in auto con il loro bambino autistico l’hanno sentito pronunciare il nome di una nota catena di minimarket in Canada: “Couche-Tard!“, ha gridato il piccolo, tra lo sgomento dei genitori. I due, infatti, si chiedevano come facesse, a soli 4 anni, a leggere il cartello pubblicitario, dal momento che, fino ad allora, non aveva pronunciato neppure una parola.

Alexia Ostrolenk e il suo studio sull’iperlessia nei bambini autistici

Iperlessia

Come Alexia Ostrolenk ha spiegato, quello citato non è un caso isolato. Al contrario, infatti, l’iperlessia può riguardare tra il 6 e il 20 per cento dei bambini autistici, se non di più.

In particolare, la ricercatrice ha fatto sapere che la scienza ha cominciato ad analizzare la questione da poco tempo poiché in passato “i genitori e il personale medico non vi hanno prestato sufficiente attenzione”. A tal proposito, la dottoranda ha rivelato che: “Ci sono anche segnalazioni di bambini autistici in grado di scrivere sottotitoli per videoclip su YouTube“.

Ma quando appare l’iperlessia? Come e perché si verifica? Queste sono le domande a cui sta cercando di dare una risposta la ricercatrice, nella speranza di apportare un miglioramento nel trattamento dei bambini con autismo.

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Ostrolenk ha detto: “Per molto tempo l’iperlessia è stata pensata come una sorta di ossessione e alcuni medici hanno avuto il riflesso di sopprimerla. Credo che, al contrario, sia una facoltà che può essere messa a frutto nel trattamento dell’autismo, data la difficoltà molto frequente che questi bambini hanno nello stabilire una comunicazione coerente con l’ambiente che li circonda”.

Alla domanda se i bambini con iperlessia leggano davvero, Ostrolenk, ha specificato che: “Al momento crediamo che siano affascinati dai disegni formati dalle lettere, in associazione con i suoni. Stanno cercando degli schemi. In sostanza, per loro le parole formano una sorta di puzzle sonoro e visivo”.

Per riuscire a portare avanti il suo studio, ha previsto l’osservazione di 200 bambini, di cui una sessantina sono già stati individuati, tuttavia, il Covid sta ritardando il processo.

Sotto la supervisione del professore di psichiatria, Laurent Mottron, Ostrolenk ha stilato anche un questionario dettagliato in cui si chiede ai genitori di indicare il livello d’interesse dei loro figli per le lettere e le parole. In questo modo, si cerca di facilitare l’individuazione dell’iperlessia.

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Va detto che, quello condotto dalla Ostrolenk, è uno dei primi studi ad essere realizzato in un intervallo di tempo più lungo. La donna è una ricercatrice francese, non a caso, ha conseguito la laurea in Scienze della Vita presso l’Università Pierre e Marie Curie, proseguendo gli studi con un master in Scienze del Cervello e della Mente all’University College di Londra, nel 2012.  Ritornata a Parigi, ha conseguito un secondo master, in Neuroscienze Cognitive presso UPMC e la Scuola Normale Superiore. A tal proposito, ha rivelato: “Il cervello mi ha sempre affascinato, la sua complessità, i suoi misteri“.

Oltre al suo lavoro di psichiatria, Alexia Ostrolenk nutre anche una profonda passione per l’insegnamento della sua scienza a un pubblico non specializzato. Non a caso, si è aggiudicata il secondo posto nella competizione intitolata “La mia tesi in 180 secondi” indetta dall’Università di Montrèal.

E voi unimamme, cosa pensate di questo studio condotto dalla ricercatrice francese, interessante non trovate?

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